“Lo scenario criminale nell’area garganica rimane quello maggiormente in fermento, essendo ancora in corso un processo evolutivo volto a colmare i vuoti di potere determinati sia da arresti e condanne sia dall’eliminazione fisica di esponenti di vertice delle opposte fazioni riconducibili ai clan Li Bergolis (o clan dei montanari, ndr) e Romito (quest’ultimo ormai rimodulato in Lombardi-Ricucci-La Torre, ndr)”. Inizia così il capitolo della relazione semestrale della Dia (periodo gennaio-giugno 2020) sulla criminalità del Gargano.
Secondo gli investigatori dell’antimafia, il clan dei montanari “resta quello dominante” e sarebbe guidato dal 38enne Enzo Miucci alias “U’ Criatur”, “reggente dei Li Bergolis, nipote del patriarca (Ciccillo Li Bergolis, ndr) ucciso a Monte Sant’Angelo il 26 ottobre 2009″. Miucci sarebbe “elemento di punta”, in grado di esercitare “la sua influenza anche sulle altre famiglie orbitanti attorno al sodalizio quali i Lombardi, detti i ‘Lombardoni’ di Monte Sant’Angelo (con propaggini nel resto del Gargano, in particolare nell’area di San Nicandro Garganico e Manfredonia), i Frattaruolo (da sempre attivi su Vieste, con propaggini su Manfredonia e collegamenti con altri gruppi del Gargano e con la criminalità cerignolana) e i Prencipe (originari di San Giovanni Rotondo, dove fungono da referenti per il clan Li Bergolis)”.
Stando alla relazione diffusa oggi dalla Dia, l’associazione criminale risulterebbe “rafforzata anche dalla ‘vicinanza’ di alcuni giovani appartenenti alle famiglie Alfieri-Primosa-Basta, in passato contrapposte ai Li Bergolis (la storica faida di Monte, ndr), ormai assunti da questi ultimi nei propri ranghi. In particolare, espressione del profondo riassetto in seno ai gruppi locali è un giovane pregiudicato (il 27enne Raffaele Palena, ndr), discendente da rappresentanti di rilievo del clan Alfieri-Primosa-Basta, arrestato dai carabinieri il 20 febbraio 2020 a Monte Sant’Angelo, il quale sembrerebbe proiettato ad assurgere a posizioni di rilievo nello scenario criminale locale per la sua contiguità con il reggente dei Li Bergolis”.
La Dia ricorda inoltre il blitz “Friends” che nel 2019 portò all’arresto proprio di Miucci. “La preponderanza e le mire espansionistiche dei montanari – si legge ancora nel documento – erano state già confermate lo scorso semestre dagli esiti dell’operazione ‘Friends’ (novembre 2019), nel cui ambito erano emersi rapporti con soggetti legati ai rosarnesi Pesce-Bellocco, nonché dagli sviluppi processuali delle indagini ‘Montagne Verdi’ e ‘Gargano’ che ne avevano ratificato l’egemonia nel traffico di stupefacenti anche al di fuori dei confini provinciali. Nel semestre in esame è emerso anche il coinvolgimento di un esponente emergente del clan Li Bergolis (referente per il sodalizio nel territorio di Manfredonia) in un traffico di stupefacenti proveniente da Albania, Macedonia, Belgio e Olanda, organizzato da cittadini albanesi tutti raggiunti da un provvedimento restrittivo eseguito dalla Polizia di Stato il 17 gennaio 2020 per traffico di droga aggravato dalla transnazionalità”.
La Dia dedica ampio spazio anche ai rivali dei “montanari” e alla rimodulazione in atto nel clan un tempo guidato da Mario Luciano Romito, il boss ucciso il 9 agosto 2017 nella strage di San Marco in Lamis. “Per quanto riguarda lo schieramento opposto, legato al clan Romito (quest’ultimo fortemente ridimensionato da arresti e omicidi) – riporta la relazione -, si sta assistendo a una costante riconfigurazione della relativa mappatura criminale. Dopo l’omicidio, l’11 novembre 2019 a Monte Sant’Angelo, del capoclan reggente dei Ricucci (Pasquale Ricucci detto “Fic secc”, ndr) il nuovo assetto è fondato sulla neocostituita alleanza Lombardi-Ricucci-La Torre, prevalentemente operanti nell’area di Manfredonia-Mattinata-Monte Sant’Angelo, ai quali resta legata la frangia militare mattinatese. Nonostante la menzionata fase di crisi, i riscontri infoinvestigativi sembrano indicare strategie in atto anche da parte di quest’ultima coalizione volte alla riorganizzazione e alla riaffermazione di una propria egemonia nell’area garganica. Obiettivo questo apparentemente confermato dalle circostanze in cui è avvenuto l’arresto dei latitanti evasi dal carcere di Foggia (la maxi fuga del 9 marzo 2019, ndr). Infatti, oltre alla contingenza dell’arresto (irruzione nel casolare dove era in corso un summit di mafia), la stessa gestione della latitanza ha dato dimostrazione dell’esistenza di sodalizi ben strutturati, dotati di adeguate risorse economiche e capillarmente diffusi, in grado di controllare il territorio anche attraverso soggetti incensurati e insospettabili. I dati in questione sembrerebbero rafforzare la posizione dell’associazione nell’ambito criminale di riferimento”.
Vieste, la guerra “sopita” e il ruolo del “Meticcio”
La città del Pizzomunno riveste ancora un ruolo centrale nelle dinamiche criminali del Gargano. “La logica bipolare che connota gli equilibri nell’area – riporta la Dia – può considerarsi ancora confermata anche nel territorio di Vieste che, grazie alla morfologia di tipo costiero e alla innata vocazione turistica, rappresenta contestualmente una rotta importante per i traffici di marijuana proveniente dai Balcani (in particolare dall’Albania) e terreno fertile per il riciclaggio nelle attività legate al turismo da parte della criminalità locale peraltro impegnata nel redditizio settore del narcotraffico. Qui sembra ormai sopita la faida scissionista tra i Raduano e i Perna-Iannoli (i primi legati ai Romito, i secondi ai Li Bergolis), anche in questo caso per lo stato di detenzione in cui si trovano quasi tutti i sodali organici ai due clan sopravvissuti agli scontri. Dal 27 aprile 2020 si trova agli arresti domiciliari quello che attualmente – secondo la Dia – può essere considerato l’esponente di maggior rilievo nel territorio di Vieste (Danilo Della Malva alias U’ Meticcio, ndr), espressione della sinergia tra i clan Raduano e Romito, incaricato di curare i rifornimenti di stupefacenti e la gestione finanziaria dei clan. Il pregiudicato era stato catturato dalle Forze di polizia nell’ottobre 2019 – con la collaborazione della Divisione Sirene della Direzione Centrale della Polizia Criminale – mentre si trovava alle Isole Canarie (E), dove si era trasferito per sottrarsi alla cattura (essendo tra i soggetti destinatari della misura cautelare eseguita con l’operazione ‘Neve di Marzo’), nonché verosimilmente al rischio di eventuali attentati alla propria incolumità”.
Resto del promontorio, “il ritorno in auge dei Tarantino”
Focus della relazione antimafia anche su altre realtà della “montagna sacra”. “Nello scenario generale della provincia di Foggia e del promontorio del Gargano – riportano gli investigatori nel lungo documento – assumono un ruolo sempre più cruciale San Marco in Lamis, Rignano Garganico, San Nicandro Garganico e Cagnano Varano, da considerarsi hub macrocriminali di una certa complessità ed i cui esponenti sono risultati protagonisti di un narcotraffico di rilievo e in quanto tali, raggiunti, nel semestre in esame, dai provvedimenti cautelari eseguiti con le operazioni ‘Inpulsa’, ‘Terminal’ e ‘Terravecchia’“.
La Dia evidenzia che tra San Marco in Lamis e Rignano Garganico opererebbero “i gruppi Martino e Di Claudio-Mancini – si legge nella relazione -, un tempo in forte contrapposizione, ai quali si aggiungono nuove figure referenti in quel territorio dei sodalizi di Foggia e San Severo. A San Nicandro Garganico e Cagnano Varano, grazie alla rinnovata alleanza tra nuove leve e figure storiche di una certa caratura”, si registrerebbe “il ritorno in auge della famiglia Tarantino (in passato coinvolta nella ‘faida garganica’ che la vide contrapposta alla famiglia Ciavarella). Nel contesto – ricordano gli investigatori -, il 16 giugno 2020 a San Nicandro Garganico, la Guardia di finanza, a seguito di un’articolata attività di polizia economico-finanziaria, ha individuato alcune imprese intestate a prestanome riconducibili a uno dei fratelli a capo del clan Tarantino le quali percepivano indebitamente contributi pubblici aggirando la normativa antimafia”.
Stando a quanto riportato dalla Direzione Investigativa Antimafia, “una misura del livello d’infiltrazione mafiosa nel Gargano è stata offerta dai provvedimenti di scioglimento dei consigli comunali di Monte Sant’Angelo, Mattinata e Manfredonia. In particolare, quest’ultimo è stato motivato – si legge in conclusione -, come rilevato nella Relazione relativa al secondo semestre 2019, dal condizionamento dell’Ente per la vicinanza di alcuni suoi rappresentanti a elementi appartenenti ad entrambi gli schieramenti della mafia locale, oltre che alla batteria foggiana dei Trisciuoglio-Prencipe-Tolonese“.
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