Sta cambiando radicalmente lo scacchiere criminale sul Gargano. La recente morte del boss viestano, Girolamo Perna, ucciso all’età di 28 anni, dimostra ancora di più lo stato precario degli assetti delle organizzazioni mafiose del promontorio. A Vieste, l’ormai ex braccio destro di Perna, il 43enne Claudio Iannoli detto “Cellin” recentemente arrestato nell’operazione “Ultimo Avamposto”, è rimasto l’unico riferimento del gruppo che era guidato dal giovane capo ammazzato lo scorso 26 aprile. Non è da escludere che i “superstiti” possano confluire nel clan del 35enne Marco Raduano, detenuto a Nuoro in Sardegna e ritenuto boss indiscusso della città garganica, soprattutto in seguito alla morte del rivale. Perna era alleato con i Li Bergolis-Miucci e la sua uccisione rappresenterebbe un duro colpo per i montanari, Raduano è invece legato agli “ex Romito”, guidati oggi da Matteo Lombardi, Pietro “u’ montanar” La Torre, Pasquale “fic secc” Ricucci e Antonio Renzulli, questi ultimi adepti di Mario Luciano Romito, il boss ucciso il 9 agosto 2017 nella strage di San Marco in Lamis.
Si uccide per il predominio nella droga
La guerra di mafia in provincia di Foggia è mossa dalla droga che più di tutto sta scatenando le recenti uccisioni. La vendetta sarebbe del tutto secondaria rispetto al vero interesse, dominare il traffico di stupefacenti per terra e per mare. La radice di tutta questa violenza perviene da Foggia, nella storica contrapposizione dei clan Sinesi-Francavilla (padrino Roberto Sinesi detto “lo zio”) e Moretti-Pellegrino-Lanza (padrino Rocco Moretti detto “il porco”), i primi diedero anche appoggio ai Li Bergolis nella latitanza, i secondi vicinissimi a Mario Luciano Romito e ora a Raduano.
L’ambizione di controllare i traffici di droga costò cara allo storico boss viestano, Angelo “Cintaridd” Notarangelo che pensò di fare da sé e per questo venne eliminato nel gennaio 2015. Nessuno è libero di agire in solitudine, nemmeno Mario Luciano Romito che puntava a creare canali paralleli ma trovò la morte a San Marco. Il mercato della droga non può essere messo nelle mani di pochi, ecco perchè avanza l’asse foggiano, forte degli agganci con calabresi e napoletani.
I nuovi assetti
Mentre Lombardi detto “a’ Carpnese” è stato arrestato di recente con l’accusa di aver ucciso Giuseppe Silvestri, il 44enne di Monte Sant’Angelo vittima di agguato il 21 marzo 2017, risultano in libertà gli altri tre del clan “ex Romito” ovvero Pietro La Torre (coinvolto nell’operazione Ariete), Pasquale Ricucci e Antonio Renzulli, quest’ultimo detto “u’ sicilien”. È libero anche Enzo Miucci detto “u’ creaturo”, reggente del “clan dei montanari”, di recente condannato ma al momento sottoposto alla sola sorveglianza speciale. Matteo Pettinicchio sarebbe il suo braccio destro.
A Mattinata, invece, dopo l’uccisione di Francesco Pio Gentile detto “Rampino”, cugino di Mario Luciano Romito ed ex luogotenente del boss, a mantenere le fila – secondo gli inquirenti – sarebbe Francesco Ciuffreda detto “Pasqualotto”, più volte citato dal prefetto di Foggia, Massimo Mariani nella relazione sullo scioglimento per mafia del Comune di Mattinata e presente anche nella sentenza sugli “incandidabili” della farfalla bianca del Gargano: “Un soggetto – scrivono i giudici – legato sin dalla giovane età al clan Romito (occupandosi a quell’epoca del contrabbando di sigarette, negli anni ‘90 controllato dai Romito)”. Ciuffreda farebbe valere anche le sue buone aderenze col mondo della politica.
Altri nomi mattinatesi di spicco sono quelli di Francesco Scirpoli detto “Il lungo”, detenuto a Foggia con l’accusa di aver preso parte all’assalto ad un portavalori a Bollate e di Antonio Quitadamo detto “Baffino” (e alcuni suoi fratelli), per il quale è un continuo peregrinare nelle carceri, da Foggia e Lecce, poi Melfi e ora a Trapani a causa dei suoi comportamenti scomposti. Più defilato Francesco Notarangelo detto “Natale”.
Nella rete di interessi ed alleanze, non manca Cerignola. Secondo gli inquirenti il clan Brandonisio (retto dal 58enne Arcangelo Brandonisio detto “lo sfregiato”) sarebbe molto vicino proprio a Scirpoli e Baffino e controllerebbe traffici e forniture di merci in direzione Gargano, una sorta di economia sotterranea che vede i cerignolani sempre molto specializzati in materia.
Il resto del Gargano e l’analisi dei giudici della DIA
Nello scenario generale dell’area garganica, assumono un ruolo sempre più strategico anche i territori di San Marco in Lamis e Rignano Garganico, da una parte, e San Nicandro Garganico e Cagnano Varano, dall’altra, da considerarsi cerniere di un altro articolato contesto criminale. Nell’area di San Marco in Lamis e Rignano Garganico, infatti, ai gruppi locali dei Martino (già federato ai Li Bergolis-Miucci) e dei Di Claudio-Mancini, questi ultimi detti “rslin”, tra loro contrapposti, si aggiungono anche sacche di pregiudicati cui talvolta si rivolgono i sodalizi di Foggia, San Severo e Gargano. Anche nell’area a nord del promontorio, ed in particolare a Cagnano Varano, si sta delineando una rete criminale giovanile che opera in modo disinvolto e in aperta competizione con i gruppi egemoni e storici della provincia.
“Lo scenario criminale del Gargano risulta in forte evoluzione – hanno scritto i giudici della Direzione investigativa antimafia nell’ultima relazione –, strutturalmente precario e, pertanto, di complessa intelligibilità. In questo territorio (la cui morfologia del promontorio e dalla dorsale litoranea, sicuramente non favorisce le azioni di contrasto), il fenomeno mafioso è caratterizzato dalla presenza di una pluralità di gruppi criminali, basati essenzialmente su vincoli familiari e non legati tra loro gerarchicamente, nonché dall’ascesa di giovani leve, desiderose di colmare i vuoti determinati dalla detenzione (o dalla morte, ndr) degli elementi di vertice”.
Per i giudici, “le ambizioni criminali verso il controllo del territorio dell’area garganica sono connesse soprattutto ai rilevanti interessi delinquenziali che la zona offre, specie nel settore degli stupefacenti. Le coste del Gargano costituiscono da una parte i terminal delle rotte del traffico di marijuana proveniente dall’Albania diretta anche in altri territori della penisola, e dall’altra un’importante piazza finale di spaccio, specie durante il periodo estivo. Anche l’indotto economico connesso al fiorente mercato turistico (strutture ricettive, attività di ristorazione, guardianie e servizi vari) ricade nelle mire delle organizzazioni, sia per le attività estorsive, sia per la gestione diretta delle attività imprenditoriali lecite, al fine di riciclare i proventi illeciti”.