“Il lucroso mercato dello spaccio di droga” dietro la guerra tra clan a Vieste. Da un lato il gruppo guidato da Marco Raduano detto “faccia d’angelo”, 34enne boss locale, dall’altro la fazione facente capo a Girolamo Perna, 27 anni. I due, un tempo appartenenti al clan Notarangelo, sono ora acerrimi nemici dopo la scissione avvenuta a seguito dell’uccisione dello storico boss, Angelo “cintaridd” Notarangelo nel gennaio 2015.
Risale allo scorso 7 agosto l’arresto di Raduano, del nipote Liberantonio Azzarone, 28 anni e di Luigi e Gianluigi Troiano, padre e figlio di 55 e 25 anni. Tutti viestani. I quattro sono stati fermati dai carabinieri per armi e traffico di droga. Ma dalle carte dell’operazione è emerso molto altro sulla faida in corso nella capitale del Gargano.
“Il capo indiscusso”
Nell’informativa dell’Arma si legge che “questa indagine ruota su Raduano, già in passato luogotenente e fido collaboratore di Angelo Notarangelo. Raduano, in un apparente breve lasso di tempo, è riuscito a creare un’organizzazione criminale stabile e duratura, di carattere verticistico-piramidale, di cui è capo indiscusso, finalizzata a spacciare cocaina, hashish e marijuana. L’organizzazione ricorre a metodiche tipiche delle organizzazioni mafiose, ovvero con violente intimidazioni a concorrenti o cosiddetti “battitori liberi” colpevoli di essersi ritagliati un’autonoma attività di spaccio al minuto, senza l’autorizzazione del gruppo delinquenziale predominante”.
Un personaggio scomodo
Dall’inchiesta spunta anche il nome del 27enne Pasquale Notarangelo, nipote di “cintaridd” e figlio di Onofrio Notarangelo, quest’ultimo assassinato nel gennaio 2017. Il giovane svanì nel nulla a maggio dello stesso anno, vittima di lupara bianca. “In seguito alla sua scomparsa – si legge nelle carte -, alcuni soggetti monitorati dai carabinieri iniziarono a far capo per l’acquisto di droga da tale… (un altro giovane viestano estraneo al blitz) che si sostituì naturalmente nel rifornire chi fino a poche settimane prima si rivolgeva e operava assieme a Pasquale Notarangelo”, quest’ultimo divenuto forse un ostacolo da eliminare nella gestione del business degli stupefacenti.
“Ben presto – si legge ancora nell’impianto accusatorio – emerse dalle indagini che il giovane viestano subentrato nello spaccio operava per conto di un gruppo più ampio e strutturato che fa capo proprio a Marco Raduano ed era in stretti rapporti con Liberantonio Azzarone. Quando il giovane viestano aveva bisogno di droga si accordava infatti con il suo fornitore Azzarone”.
Raduano e i fornitori cerignolani
I quattro uomini beccati il 7 agosto scorso da DDA e carabinieri sono accusati di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di cocaina e marijuana. Raduano è ritenuto colui che dirigeva “le attività illecite, procurando da Cerignola la droga da smerciare a Vieste, interagendo con gruppi criminali cerignolani, procurando i mezzi per il trasporto della droga, decidendo prezzo della sostanza e corrispettivi per i sodali”. Il nipote Azzarone avrebbe rifornito direttamente gli spacciatori al dettaglio, curando gestione finanziaria e recuperando i proventi dello spaccio, sostituendo Raduano quando era detenuto o ricoverato in ospedale in seguito all’agguato subito lo scorso 21 marzo. I due Troiano, invece, avrebbero “individuato i luoghi idonei per nascondere ingenti quantitativi di droga”.
Ai quattro viestani si contestano l’aggravante dell’associazione armata, quella dell’ingente quantitativo e soprattutto la mafìosità per i metodi usati in relazione “alle minacce e violenze nei confronti degli spacciatori indipendenti che non si rifornivano dal gruppo Raduano. I quattro indagati rispondono poi di concorso nella detenzione ai fini di spaccio di 152 chili di marijuana sequestrati dai carabinieri a Vieste il 15 ottobre 2017 nella casa vacanza di un turista estraneo alla vicenda. Raduano e Azzarone rispondono di concorso nella detenzione di 818 grammi di cocaina sequestrati il 30 marzo 2018; di concorso nella detenzione di altri 843 grammi di cocaina, 18 chili di marijuana e 6 chili e mezzo di hashish, sequestrati il 3 maggio 2018 quando i carabinieri arrestarono in flagranza Giovanni Surano, scoprendo un’abitazione dove erano custodite droga e armi.
Le armi del clan
Raduano e Azzarone rispondono anche, in concorso con Surano, di detenzione illegale di un Kalashnikov Ak74 con silenziatore e 2 serbatoi con 47 munizioni; un fucile a pompa calibro 12; due pistole marca “Beretta” calibro 9, armi sequestrate il 3 maggio scorso con l’arresto in flagranza di Surano. Raduano, Azzarone e i Troiano si dicono innocenti, anche se si sono avvalsi della facoltà di non rispondere alle domande del gip che ha convalidato i decreti di fermo della DDA, disponendo la custodia cautelare in carcere.
La scia di sangue
Negli ultimi tre anni a Vieste sono stati eliminati, oltre a “cintaridd”, morto nel gennaio 2015, il 27enne Giampiero Vescera, ucciso nel settembre 2016 nei pressi di una stazione di servizio, il 33enne Vincenzo Vescera, fatto fuori nel gennaio 2017 nei pressi della sua abitazione, il 46enne Onofrio Notarangelo, fratello di “cintaridd”, morto a gennaio 2017, il 31enne Omar Trotta, vittima di agguato in un locale del centro nel luglio 2017, il 46enne Giambattista Notarangelo il 6 aprile 2018, cugino di Angelo, Antonio Fabbiano, 25enne, fatto fuori il 25 aprile 2018 e Gianmarco Pecorelli, lo scorso 19 giugno.
Vittima di lupara bianca, il 27enne Pasquale Notarangelo, figlio di Onofrio e nipote di “cintaridd”, scomparso nel nulla a maggio del 2017. Anche Perna e Raduano sono finiti nel mirino dei sicari riuscendo a cavarsela.
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