TeleVisti n. 29

Lerner scopre (e fa riscoprire) il giornalismo televisivo. Si doveva attendere la defenestrazione da La7 perché Gad Lerner facesse davvero un buon programma televisivo.

Lerner scopre (e fa riscoprire) il giornalismo televisivo. Si doveva attendere la defenestrazione da La7 perché Gad Lerner facesse davvero un buon programma televisivo. Il suo “Infedele” aveva un terzo di soporifero e due terzi di autocelebrazione. Era un programma lento, e spesso le sue lunghissime dirette perdevano completamente di senso. Cosa assai diversa per “Fischia il vento”. Quì Lerner si mette in treno a intervistare la gente, poi passa di location in location per incontrare i personaggi più diversi. Esamina e fa esaminare i problemi del Paese restando sempre sullo sfondo, senza mai debordare col suo “personaggio”. Fa, insomma, quello che non fa quasi più nessuno in tv: il giornalista televisivo. Ed è una bella scoperta perché sembra davvero di assistere ad un programma di approfondimento degli anni sessanta/settanta, ricco di immagini, suoni e facce, a ritmo variabile e linguaggio accessibile. Una bella prova professionale per l’ex editorialista ed ex direttore di Stampa e Tg1. Un giornalista controverso, “impregnato” di politica, che però questa volta ha dato prova di come si può stare nel piccolo schermo nel modo migliore possibile. Peccato però che un format del genere non possa farlo la Rai o la stessa La7 al  posto della solita solfa dei talk-show. Laeffe, “Fischia il vento” 

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L’eterno ritorno di Fabrizio Frizzi, giovane-vecchio (e rassicurante) volto di mamma Rai. Il ritorno in video di “frizzolone”, come viene spesso apostrofato, non sarà dei più brillanti. Però Frizzi resta frizzi. E la sua conduzione a “L’eredità”, in tandem con Carlo Conti, non passa inosservata. Il suo faccione, le smorfie spesso involontarie che lo hanno reso celebre fanno indubbiamente la differenza. Peccato che il programma non faccia più gli ascolti di una volta: dai quasi otto milioni delle prime edizioni (2002) con share oltre il 30%, ai poco più di quattro milioni di oggi, con lo share di poco sopra il 20. La parabola di questo programma è comunque interessante. Intanto il format non è stato acquistato chissà dove ma è interamente italiano: gli autori sono Amadeus e Stefano Santucci (autore anche de “La Corrida”, “Reazione a catena” e “Il pranzo è servito”). Il fatto che i conduttori siano, appunto, il trio Amadeus Conti Frizzi ne spiega anche il successo. Non si va nel preserale Rai senza nomi forti, ed a “L’eredità” i nomi pesanti non sono mai mancati. Altro elemento che dimostra il successo del programma è la sua distribuzione all’estero, dalla Francia alla Russia, dalla Grecia al Giappone, Cina compresa. “L’eredità” è anche un gioco da tavolo ed ha avuto pure la sua consacrazione al cinema nel film “Il pranzo della domenica” nel quale Rocco Papaleo, giornalista comunista pentito, partecipa vincendo 350 mila euro. Raiuno, “L’eredità” 

10822667_312581742278117_1688301948_nFrizzolone (fenomenologia). Fabrizio Frizzi, ormai non molto distante dai sessantanni, muove i suoi primi passi televisivi all’inizio degli anni ottanta. Inizia con “Il barattolo” su Rai2 e poi, stessa rete, si ritrova in “Tandem” indimenticato programma all’interno del quale Frizzi prende coraggio e comincia a mostrare talento. Tant’è vero che quando il programma chiude e viene sostituito da “Pane e marmellata”, è proprio lui il nuovo conduttore (in barba alla mitica Enza Sampò, conduttrice di Tandem). Molti ragazzini di allora ricordano probabilmente i siparietti di Frizzi con l’autore Marco Danè, giudice del gioco “Paroliamo” all’interno dello stesso programma. Fondamentale, per Frizzi, oltre che l’incontro con Rita Dalla Chiesa – sua futura moglie – con la quale condurrà proprio “Pane e marmellata”, soprattutto l’incontro e il sodalizio professionale col regista Michele Guardì. “Scommettiamo che” e “Affari vostri” sono probabilmente i due picchi di successo in Rai che il presentatore annovera nel suo curriculum, a parte le varie “Miss Italia” e il ritorno sugli schermi con “I soliti ignoti”, programma col quale si è rilanciato negli ultimi dieci anni. Degna di nota la partecipazione al film d’animazione “Toy Story” come doppiatore del personaggio protagonista, Woody il cowboy.