Partire dal Kenya ascoltando il cuore che ti dice di raggiungere lui, in Francia. Un amore finito, finto forse. Le speranze di una nuova vita con un nuovo compagno e di un lavoro andate in fumo. Dopo due settimane. Ritrovarsi sola con un’unica determinazione: non ritornare a casa. Lydia non sa più perché è arrivata in Europa, o meglio, lo sa ma non vuole ricordarlo. Fa troppo male. Eppure con il suo visto per turismo può restarci per almeno altri due di mesi. Raggiunge così la cugina ed il marito italiano in un paesino della Puglia.
La sua storia è diversa rispetto a quelle a cui sono abituata nei miei turni di sportello del lunedì con Avvocato di strada. Ci incontriamo tramite un amico comune e parliamo davanti a un caffè. Non ci separa nessuna scrivania, non abbiamo carte davanti a noi. Siamo due ragazze quasi coetanee che si confrontano con spontaneità. I tre mesi del visto sono passati e Lydia dagli occhi neri e misteriosi è smarrita. Non sa più come poter restare in Italia e non vuole a nessun costo partire. Le chiedo, come se mi rivolgessi ad un’amica “perché non vai a casa? La tua esperienza di vita e di viaggio in Europa non è stata positiva. Torna e forse potrai dare a te stessa una chance nel luogo dove sei nata e cresciuta”.
Ma lei mi fa un cenno di diniego col capo. È una ragazza di buona famiglia, dal tenore di vita agiato. Non vive in un Paese dove corre il rischio di essere perseguitata, né di essere in pericolo di vita. Insomma sarebbe potuta andar via in qualunque momento, prima della scadenza del visto s’intende. Lydia però non ha voluto affrontare il ritorno e portare con sé il carico bagaglio di delusioni che non vuole dividere con nessuno, tantomeno con la sua famiglia. Aveva convinto i suoi genitori a lasciarla partire e aveva promesso a loro e a se stessa che avrebbe avuto una nuova vita e realizzato se stessa come donna e come lavoratrice. Lydia infatti è un’infermiera, ha lavorato per la Croce Rossa. L’umiliazione a casa sarebbe più pesante di quella che subisce quotidianamente qui, in Italia dove i passanti la importunano per strada. Qui, dove una bella ragazza dalla pelle nera non può che essere e fare una sola cosa. Pesa di più la vergogna che proverebbe nel suo Paese.
Insomma Lydia ha avuto le sue buone ragioni per partire e ne ha per non voler tornare. Una storia particolare quella di Lydia, mi colpisce. Si può arrivare dall’Africa in aereo. I sogni alle volte possono viaggiare comodi ma sono sempre quelli. Gli stessi di chi arriva sui barconi sfidando il mare, la fame e la sete. La colonizzazione ha negli anni assunto forme più subdole. Quelle dei media che per anni hanno mostrato un volto dell’Europa non sincero, non sempre corrispondente alla realtà. Se l’Africa è sempre povera, l’Europa è la terra promessa. Una promessa che non viene mantenuta. Almeno non più. Un’immagine di noi stessi che abbiamo usato fino a che ne abbiamo avuto bisogno. Ora che la crisi ci morde non ci serve più. E tanti come Lydia restano in bilico. Fra la paura del ritorno e l’assenza di una prospettiva.
Nell’attività con Avvocato di strada non è la prima volta che m’imbatto in qualcuno che mi dice di non voler tornare indietro. Eppure ancora continuano ad arrivare, in tanti ogni giorno. Cosa abbiamo da offrire a Lydia e a tutte le persone che sono qui da anni e quelle, centinaia, che sono appena sbarcate? Niente. Sfruttamento, isolamento ed elemosina ai semafori. Ci resta il compito di far aprire gli occhi, di infondere l’amara consapevolezza che in alcuni casi il futuro tanto bramato in Europa, viaggia in direzione opposta sulla rotta del ritorno, della ricostruzione e dell’impegno per il proprio Paese. E nel profondo di sé, anche Lydia lo sa.