È intitolata “Lost and Found” l’operazione di procura antimafia e Guardia di Finanza contro il narcotraffico in Puglia. Stando all’impianto accusatorio, ricostruito nell’ordinanza di 272 pagine della gip Caramia, a capo dei traffici c’era Andrea Gaeta detto “Il piccolo”, 53enne di Orta Nova, ritenuto esponente del clan foggiano Moretti-Pellegrino-Lanza. L’uomo, già in cella con l’accusa di aver fatto da mandante al duplice tentato omicidio di Alessio Di Bari e Ciro Stanchi, è cognato del boss Pasquale Moretti oltre che genero del capo assoluto della mafia di Foggia, Rocco Moretti detto “Il porco”.
Ben 31 le misure cautelari: carcere per Andrea Gaeta, Michele Scuccimarra detto “il grande”, Mariano Scuccimarra, Paolo Cordisco detto “Paol”, Luciano Portante detto “Luc” o “quello dei cavalli”, Marco Taralli detto “Marc”, Nicola Messina detto “Andr”, Simone Di Gregorio detto “Sim”, Matteo Cucchiarale detto “Matt”, Raffaele Tomasicchio, Giuseppe Traversi, Giuseppe Virgilio, Daniele Magno detto “Dandi”, Francesco Quercia detto “Cuore” e Giuseppe Tatulli.
Arresti domiciliari per Michele Aghilar, Antonio Valentino detto “Occhi storti”, Archimede Napolitano detto “Archim”, Alessandro Bruno detto “Il ragazzo con la barba”, Ferdinando Piazzolla detto “Gabibbo”, “Carciofo” o “Ciotto”, Giuseppe Sciretti, Stefano Biancolillo detto “Il ragazzo”, Francesco Capriulo, Alessio Morlino detto “Ale”, Vito Cotugno, Matteo La Pietra detto “Manfr”, Antonio Seccia, Lorenzo Totaro e, Michele Saracino. Obbligo di dimora per Gerardo Lacerenza detto “Il padre dei fessi” e Pasquale Larotondo. Nessuna misura cautelare per altri quattro indagati.
Stando alle carte dell’inchiesta, Gaeta avrebbe ricoperto il “ruolo di capo dell’associazione, in posizione sovraordinata e con il compito di dirigere le attività dei promotori e organizzatori, assumendo, nel caso, le opportune decisioni funzionali, con particolare riferimento agli investimenti economici dell’organizzazione finalizzati agli approvvigionamenti. Gaeta era infatti colui che, facendo leva sulla propria caratura criminale, aveva il compito di prendere accordi con i fornitori, di fissare il prezzo di acquisto dello stupefacente e di procedere in prima persona al ritiro”. L’uomo avrebbe gestito gli affari coadiuvato dai due Scuccimarra. La gip parla di “gruppo Gaeta-Scuccimarra”.
Tra le contestazioni mosse a Gaeta, Michele Scuccimarra e Michele Aghilar c’è anche quella di aver venduto a persona rimasta ignota 5 chili di hashish, prelevati da una partita più ampia di 100 chili.
Altri 10 chili sarebbero stati ceduti all’andriese Nicola Messina, definito dagli inquirenti un “acquirente stabile del sodalizio”. Inoltre, Scuccimarra avvenne stimolato Gaeta “a prendere contatti con i fornitori segnalando che, oltre all’andriese, anche Di Gregorio di San Salvo (provincia di Chieti), aveva intenzione di approvvigionarsi di 30 chili”. L’intercettazione: “Stasera viene Andr. Questo vuole 30. Sim vuole… vedi di fare”.

Tra i fornitori ci sarebbe anche il foggiano Portante: “A causa delle incessanti richieste di acquisto che provenivano dai vari acquirenti – riporta sempre l’ordinanza -, Michele Scuccimarra informava Gaeta della necessità di rifornirsi nuovamente di stupefacente dal Portante; Mariano Scuccimarra si recava a Foggia per prenotare una cassa di hashish, Gaeta si recava a Foggia a prelevarlo e Michele Aghilar lo stoccava nel magazzino e comunicava la qualità ‘nm’ ‘lettere piccole’ a Michele Scuccimara”. Per gli inquirenti “non vi è dubbio che il fornitore fosse Luciano Portante dato che Gaeta si è recato a Foggia (luogo in cui risiede il Portante) e dato che gli interlocutori hanno fatto riferimento all’approvvigionamento avvenuto alcuni giorni prima ‘Andr vuole l’altro’ (il riferimento è a Nicola Messina che aveva acquistato lo stupefacente rifornito dal Portante il precedente 6 giugno 2019) e ‘mando mio figlio a prenotare un’altra per domani’ con evidente riferimento al precedente acquisto di pochi giorni prima”.
L’organizzazione avrebbe rifornito di droga, in particolare cocaina e hashish, diverse piazze pugliesi e abruzzesi, adoperando “strumenti di comunicazione criptati e a circuito chiuso, mimetizzando le attività illecite in strutture adibite ad attività commerciali” e usando “nelle conversazioni un linguaggio allusivo: con ‘1p’ gli indagati indicavano un panetto da 100 grammi di droga, con ‘una’ una cassa da circa 30 chili”. Nei confronti degli indagati sono stati sequestrati 28 terreni agricoli, 7 appartamenti, 900mila euro in contanti, polizze vita, conti correnti e 2 automobili. Le indagini hanno permesso di sequestrare, nel corso del tempo 150 chili di hashish e 200mila euro in contanti.
“La fornitura degli stupefacenti – ha sottolineato nel corso di una conferenza stampa il coordinatore della Dda, Francesco Giannella – avveniva da Foggia, mentre lo smistamento delle partite veniva distribuito nelle varie realtà territoriali circostanti”. L’indagine, ha aggiunto Giannella, è partita come “uno stralcio di un’altra attività investigativa su un clan della città vecchia di Bari, il cui principale fornitore era un andriese” che a sua volta si riforniva da Orta Nova.