“Premetto che il vero nome dell’ASE Spa è AFE Spa, Azienda Fatone Ecologica, questo per rappresentarvi il potere di Michele Fatone, in definitiva l’azienda era la sua“. È la dichiarazione choc fornita agli inquirenti da un dipendente dell’azienda di servizi ecologici di Manfredonia, municipalizzata del Comune, riportata nell’ordinanza cautelare della gip Odette Eronia.
Nonostante lo scioglimento per mafia del 2019 e i riferimenti alla famiglia Fatone, nota con il soprannome “Racastill”, nella relazione dei commissari, i Fatone continuavano a spadroneggiare in azienda, dettando legge e costringendo i lavoratori a soddisfare le loro esigenze, compresa quella di andare a svolgere lavori nel fondo agricolo della moglie di Michele Fatone con mezzi e prodotti della ditta pubblica. Inoltre, Fatone senior insieme al figlio Raffaele, avrebbe picchiato il responsabile del personale Domenico Manzella perché voleva disporre un cambio turno al giovane.
Oggi anche la Procura della Repubblica di Foggia guidata da Ludovico Vaccaro si è accorta dei Fatone chiedendo e ottenendo per loro l’arresto, Michele in carcere, Raffaele ai domiciliari nell’inchiesta “Giù le mani”. La stessa procura che diede adito ad una querela temeraria dei “Racastill” contro l’Immediato che due anni fa scrisse della loro presenza nella relazione di scioglimento per mafia del Comune e dell’aggressione a Manzella mostrando la foto del volto tumefatto della vittima. Paradossale che poi ci si lamenti del carico di processi nel tribunale foggiano se poi si mandano avanti lunghi e stancanti procedimenti scaturiti da denunce temerarie ai giornali. Ma tant’è.
“Ha preso potere progressivamente”
“lo sono stato costretto da Michele Fatone ad effettuare, dal 2015 fino al 2021 compreso, i trattamenti di disinfestazione, diserbo chimico e meccanico presso la sua campagna – ha spiegato ancora uno dei dipendenti -. Mi diceva: ‘Oggi devi andare a fare lavori alla mia campagna’, ed io non sentivo di potermi rifiutare”.
“Tale situazione – si legge ancora nell’ordinanza della gip – era legata al fatto che da quando Michele Fatone è diventato unico coordinatore all’interno dell’azienda, ha progressivamente preso potere ed assunto credito agli occhi dei dirigenti“. In buona sostanza ha persino scalato gerarchie nonostante fosse citato nella relazione di scioglimento per mafia del Comune di Manfredonia.
“Incuteva terrore – si legge ancora nell’ordinanza -, perché sono a conoscenza di diversi episodi di minacce e atteggiamenti violenti, che denotavano l’aggressività del soggetto perpetrati nei confronti di alcuni dipendenti dell’Ase Spa”.
Inoltre, riportano le carte giudiziarie, Fatone “manifestava preoccupazione in ordine alla posizione lavorativa del figlio Raffaele professandosi disposto a firmare l’accordo di prossimità e a rinunciare alle proprie pretese su un contenzioso lavoristico con il fine di garantire la stabilizzazione e la progressione del giovane, previo impegno assunto dal ‘sindaco o chi per lui'”. Ecco cosa diceva: “Lì sono sincero… a me anche se non mi danno il settimo livello e altro… rinuncio alla cosa… l’importante che dopo il sindaco o chi per lui… prenda l’impegno che mio figlio lo portano almeno al secondo…al terzo livello…”.
“Ci ha appoggiato con anima e corpo”
L’ex assessore ai Lavori Pubblici, Angelo Salvemini, finito ai domiciliari nella stessa inchiesta, avrebbe rassicurato Fatone: “Michele a tuo figlio poi non lo devono toccare…”. In seguito l’ex amministratore, che è anche avvocato penalista, organizzò “come promesso – si legge sempre nell’ordinanza – un incontro (poi verificatosi, ndr) con il sindaco Gianni Rotice nel corso del quale introduceva le tematiche rappresentategli precedentemente da quest’ultimo: ‘Michele è uno di quelli che ci ha appoggiato con anima e corpo… questo te lo garantisco con la presenza guardandoti negli occhi… e Michele è stato uno che comunque stava là (Ase Spa, ndr)… che ha risposto quello?… ci vuole uno con i modi burberi per parlarti a far lavorare le persone… questo se si è comportato qualche volta in una maniera che tu lo sai…”.
Nelle carte spuntano anche ammissioni rispetto all’aggressione a Manzella: “Gli abbiamo rotto il muso”, le parole di Michele Fatone. Poi lui e il figlio incontrarono un altro dipendente “al quale – si legge ancora – riferivano di aver aggredito Manzella e confidavano i dettagli dell’aggressione; inoltre i due manifestavano la volontà di voler acquisire informazioni tramite un familiare, dipendente della Sanitaservice, in merito all’accesso di Manzella al pronto soccorso, valutando l’opportunità di far minacciare la vittima da qualcuno affinché non sporgesse querela”.
I paladini della legalità e la cittadinanza ad Assange
Un quadro nefasto messo solo adesso in risalto anche dagli organi inquirenti. Oggi tutti, a cominciare dall’ex sindaco, si ergono a paladini della legalità pronunciando frasi fatte come “schiena dritta” o altre banalità eppure nessuno dell’amministrazione Rotice ha mai preso provvedimenti nei confronti dei Fatone, nonostante la notorietà dei “Racastill” a Manfredonia e la loro presenza nella relazione di scioglimento per mafia. Solo l’Immediato ne parlò realmente beccandosi persino una querela con relativo processo penale.
A Foggia, proprio in questi giorni, è stata presentata in Comune una richiesta di cittadinanza onoraria a Julian Assange, un simbolo della libertà di stampa. Una città che conferisce la cittadinanza onoraria ad Assange potrebbe aprire un dibattito serio sulla libertà di informazione in un territorio in cui le querele temerarie puntano a limitare e imbavagliare il lavoro giornalistico.
Il processo contro l’Immediato
La vicenda di Manzella è finita nel processo tra i due Fatone e l’Immediato. Di recente Raffaele Fatone, pochi giorni prima di essere arrestato, è stato sentito in aula. La pm gli ha chiesto: “Ha avuto problemi con questo Domenico Manzella?”. Fatone: “Io ad oggi no, è un pro… cioè è un ispettore di lavoro… coordinatore di lavoro, e io sono un operatore ecologico”. Poi il suo avvocato: “È mai arrivato a un contatto fisico?”. La giudice: “Alle mani”. Fatone: “Io mai”.
Giudice: “Ha detto che lei non ha mai aggredito, ma sa se è stato denunciato da Manzella?”. Fatone: “Questo non lo so, io ho ricevuto solo una carta dopo sette/otto mesi… Una proroga delle indagini e sotto con Domenico Manzella, ma non so di cosa raccontarono, non so nulla, nulla, zero”. Infine, è stato incalzato dall’avvocato della testata. Il legale: “Lei è a conoscenza che suo padre ha precedenti penali?”. Fatone: “Io della vita di mio padre… della vita di mio padre non so nulla“. Eppure poco prima aveva dichiarato di vivere ancora con il genitore. Adesso rischia anche accuse di calunnia e falsa testimonianza. Inoltre, per concludere, c’è da aggiungere che al momento non risultano provvedimenti dell’azienda Ase nei confronti di Raffaele Fatone. Mentre suo padre è da poco in pensione.