Il piano strategico di Casa Sollievo ha diversi punti controversi e parti poco chiare. A partire già dalla situazione pre Covid, a dimostrazione del fatto che la pandemia è stata solo il colpo finale su un corpo già agonizzante. Sì perché l’analisi dell’andamento economico, dal lontano 2004, “conferma risultati negativi constanti di bilancio, con eccezioni in 4 annualità per effetto di poste straordinarie”. Se si guarda all’approfondimento sulla gestione, così come rappresentato dal documento firmato dal direttore generale Gino Gumirato, si nota che dal 2017 al 2019, “la maggior parte delle gestioni della Fondazione ha riportato sistematicamente una perdita di esercizio”.
Nel 2018, per esempio, si sfiora la perdita di 15 milioni di euro. Quasi tutte le voci riportano il segno meno: la casa per anziani (circa 1,2 milioni di euro l’anno), la casa esercizi spirituali (circa 450mila euro), il cenacolo di Santa Chiara e persino il periodico, costato quasi 1,2 milioni di euro in un triennio. Le offerte e i lasciti dei fedeli, che nel 2017 hanno portato in cassa 2,5 milioni dii euro, nel 2019 sono state registrate con un meno 656mila euro.
Un fiume di denaro disperso in molti rivoli. Eppure, l’ex manager Michele Giuliani, già braccio operativo di Domenico Crupi, uomo del cardinale Tarcisio Bertone rimasto in sella fino al 2019, chiedeva ulteriori risorse alla Regione Puglia perché l’ospedale era stato piegato dal Covid. Dalla lettura del documento prodotto dal suo successore alla guida dell’ospedale di San Pio, non sembra proprio così.
La produzione era già crollata prima dello shock pandemico. “I ricavi della Fondazione CSS sono prevalentemente riconducibili alla degenza presso l’ospedale, con un valore della produzione ridottosi di circa 10 milioni di euro nel biennio 2018-2019 rispetto agli anni precedenti”. Allo stesso tempo, “la struttura dei costi della Fondazione CSS è rimasta sostanzialmente inalterata tra 2017 e 2019, con oltre il 50% dei costi relativi a spese per il personale e per collaborazioni/consulenze”. A partire dal 2018, peraltro, si registra un sensibile aumento del costo del personale per effetto dell’applicazione del nuovo contratto (+4 milioni di euro circa).
E ancora, “i debiti verso fornitori sono cresciuti esponenzialmente tra 2016 e 2019 e tale dato, insieme alle elaborazioni che seguono, contribuisce ad evidenziare le difficoltà nel ripristino dell’equilibrio finanziario che consegue dagli squilibri registrati a livello economico”. Si è passati da 52 a 85,7 milioni di euro. A pesare, senza ‘partite straordinarie’, dopo la chiusura dei rubinetti da parte del Vaticano, è l’esposizione verso banche e fornitori. Oltre ad un contenzioso abnorme.
Prestazioni a pagamento e “charity” di diritto Usa
Gumirato ha sempre vantato la sua esperienza di consulente dell’ex presidente Usa Barak Obama. Forse, memore di quella stagione, deve aver intuito l’opportunità di creare una organizzazione di beneficenza per recuperare almeno 2,5 milioni di euro l’anno dai fedeli di tutto il mondo. Del resto, i vantaggi fiscali rappresenterebbero una leva importante per portare avanti il progetto. Nelle previsioni economiche di livello territoriale, sono stati inseriti anche introiti extra per le attività a pagamento (“Incremento progressivo dei ricavi per degenze ed attività ambulatoriali finanziate in regime out of pocket i nel periodo 2023-2025 da 600mila euro nel 2023 fino a 4 milioni di euro nel 2026″). E 500mila euro di maggiori ricavi per la ricerca scientifica. Sei milioni di euro di introiti che, al momento, nessuno può ritenere certi.
La grande ancora di salvezza viene considerata l’aumento del valore della produzione (“prestazioni salvavita”), determinato in oltre 38 milioni euro sulla base dell’addendum contrattuale siglato con la Regione Puglia il 23 febbraio 2023. Difficile stabilire se potranno essere centrati gli obiettivi di produzione visto l’assetto organizzativo. Al netto delle importanti fuoriuscite di personale per decorrenza dell’età pensionabile, con conseguenti risparmi, colpisce infatti l’attuale ripartizione del personale. Il numero di tecnici, dirigenti, amministrativi, esecutivi, religiosi e consulenti è nettamente superiore a quello dei medici, che rappresentano solo il 17% dell’organizzazione. La parte restante della fondazione, che consta di 2.729 unità, pari al 46,5%, è composto da infermieri. “Nel quinquennio 2021-2026 – scrivono – è previsto il pensionamento di 350 unità (pari al 12,5% del personale totale della Fondazione), con una prevalenza di dirigenti medici (117) e infermieri”. Un altro colpo d’ascia, dunque, su un bilanciamento già di per sé sperequato.
“Mai fatta un’analisi delle criticità”
“È la prima volta che l’Ospedale si dota di uno strumento di indirizzo strategico e di programmazione che parte da una analisi esplicita delle criticità, spesso solo evocate nel Piano Strategico Ospedaliero annuale e nella Relazione sulla Gestione allegata ai bilanci di esercizio. L’urgenza di un vero e proprio processo di turnaround e di un cambio di passo non è stata finora esplicitata nella sua interezza e con il dovuto richiamo a porre in essere nell’immediatezza interventi correttivi di natura strutturale”. Comincia così il passaggio sul “cambio di passo possibile” di Gumirato.
“Le criticità individuate – aggiunge – non afferiscono unicamente al quadro economico- finanziario, che pur appare estremamente compromesso, ma anche alle scelte di posizionamento dell’Ospedale nella rete di offerta regionale, al governo complessivo delle attività della Fondazione, alla valutazione del ruolo e delle potenzialità dell’attività scientifica e, soprattutto, al modello di governance e direzione dell’Ospedale, tutti aspetti che richiedono rapide scelte di natura strategica”. La sfida, dunque, non sarà semplice. Ma a San Giovanni Rotondo sono sicuri: “Il piano non prevede operazioni straordinarie (crisi di impresa, valori delle auspicate modifiche del patrimonio immobiliare, cessioni a soggetti terzi pubblici o privati)”.