Taglio dei posti letto (-20%) nonostante un numero di prestazioni ritornato al periodo pre Covid. Con il nodo di una profonda crisi scaturita (anche) dal mancato riconoscimento di tutte le attività sospese durante l’emergenza che ha di fatto portato l’ospedale di San Pio nella crisi più profonda dalla fondazione. Finora mancano all’appello circa 100 milioni di euro non fatturati dall’ospedale privato, che la Regione Puglia, malgrado l’accordo sottoscritto qualche mese fa, non può liquidare prima dell’ok del Mef, il ministero dell’economia e delle finanze. “Sono risorse che ogni anno vengono destinate all’Irccs per le attività ordinarie, che tuttavia sono state quasi completamente sacrificate per l’emergenza pandemica”, sottolinea il direttore generale Michele Giuliani.
Ma questo è solo uno dei problemi che il manager, da 15 anni ai vertici di Casa Sollievo, dovrà risolvere nei prossimi mesi. Una gimcana di decisioni determinanti per le sorti di uno dei pochi poli del sud che riescono ancora ad attrarre pazienti da altre regioni. “Passata la tempesta, siamo tornati ad un tasso di riempimento che sfiora il 100% – spiega Giuliani -, tarando le nostre attività verso l’alta complessità. È questo uno dei perni dell’accordo che abbiamo siglato in Regione alla presenza del governatore Michele Emiliano, ma continuiamo a scontrarci con situazioni paradossali, come la richiesta di prestazioni ambulatoriali per pazienti di Taranto. Così il sistema non può reggere”.
Peraltro, un ospedale sulla montagna costruito nel 1956, con limiti oggettivi logistici e strutturali, per di più in sofferenza finanziaria, risulta difficilmente sostenibile nell’era post pandemica, epoca in cui la sanità deve modellare sempre più l’offerta sul bisogni e sulla libertà di scelta dei pazienti. Detto in altri termini, gli ospedali devono essere più appetibili per qualità delle prestazioni e comfort alberghiero. Per questo, è stato aggiornato il progetto per il nuovo ospedale, riprendendo la bozza approntata circa dieci anni fa. “Anche qui ci scontriamo con una burocrazia enorme – chiosa il dg -, perché potremmo accedere alle risorse ministeriali dell’articolo 20 ma non ci arriva il placet della Regione, che è decisivo. Finora ne hanno beneficiato solo gli ospedali pubblici, eppure gli Irccs rientrano nel programma e ci sono ancora delle somme non utilizzate”.
La nuova identità dell’Irccs di San Giovanni Rotondo sarà costruita su alcuni pilastri: potenziamento dell’attività oncologica, ricerca (anche nella riabilitazione, in virtù dei buoni rapporti con Gli Angeli di Padre Pio) e smobilitazione verso il territorio delle prestazioni a bassa complessità. “Non bisogna perdere tempo, la proprietà (il Vaticano, NdR) è convinta del valore del presidio e non è intenzionata a cedere di un millimetro – continua -, il primo passo sarà la richiesta di qualche piccolo sacrificio al personale, sulla parte accessoria delle buste paga, con una ripartizione congrua rispetto all’incarico: si chiederà di più a chi è ai piani alti, e viceversa. Nessuno perderà il posto di lavoro, ma bisogna partire subito, rimandare significherebbe inasprire lo scenario, con la conseguenza di ritrovarci di fronte a drammatiche conseguenze”.
Il bilancio di circa 300 milioni (per oltre due terzi riferibili al principale committente, la Regione Puglia) va rimesso in ordine, prima di poter tornare a parlare di investimenti. Anche perché le sirene dei potenziali acquirenti (prevalentemente del Nord) non si sono mai spente. “Non possiamo cedere, abbiamo una missione e le idee chiare sul futuro di uno dei pochi centri di eccellenza al Sud”, dice Giuliani. In provincia di Foggia, resta da capire come saranno integrati pubblico e privato nella gestione di determinate attività. A cominciare dalla Cardiochirurgia, presto attiva al Policlinico “Riuniti”. “Considerando la ripartizione di 10-12 posti ad ospedale, si può rispondere adeguatamente alle esigenze del bacino di utenza – dichiara il manager -, anche perché abbiamo una forte attrattività extraregionale, che nel nostro caso in media rappresenta il 15-16 per cento, con punte del 40% in alcuni reparti: numeri che non esistono nella sanità del Mezzogiorno. Così come avviene per l’Urologia, branca per cui la Capitanata è al top”.
“Lavoreremo su questo – conclude -, e sulla ricerca sulle staminali per le malattie neurodegenerative. Saremo un punto di riferimento per l’oncologia e la ricerca, attività per cui già ora siamo forti. E con il nuovo ospedale faremo il salto di qualità necessario per posizionare l’ospedale ai vertici della sanità italiana”.