“Il personale c’è e anche le risorse, bisogna solo avere una cultura diversa del lavoro…”. Giuseppe Pasqualone (in foto) sta cambiando approccio, nel tentativo di “sistemare le tante criticità” del Policlinico Riuniti di Foggia. La trasposizione del ‘modello Brindisi’ in viale Pinto si sta dimostrando più farraginoso del previsto. Certo, l’Asl ha un assetto differente. Ma in Capitanata i problemi, almeno stando alla lettura del commissario straordinario, sono di altra natura. “Questa è un’azienda dall’ottimo potenziale, i dipendenti – a cominciare dagli amministrativi – devono comprendere che serve un approccio differente”, dice. Con il direttore amministrativo Elisabetta Esposito sta mettendo mano al procedimento amministrativo, per ricostruire la “catena delle responsabilità e tracciare ogni atto”. Sì perché già nei primi mesi sono emerse “gravi criticità che hanno dispiegato problemi di gestione”.
Se a questo si aggiungono i problemi di “produttività del personale” (“circa il 50 per cento è limitato nelle proprie funzioni, una media altissima”), ci si rende conto della rivoluzione complessa in una fase di transizione particolarmente delicata, che ha nel Deu la sua sfida emblematica. Un esempio su tutti, il Pronto soccorso: il trasferimento nel nuovo ospedale, che dovrà avvenire in tempi rapidi – un paio di giorni – nelle prossime settimane. “Spiccano i singoli casi di cronaca, ma ci sono tante questioni da analizzare – spiega -, a cominciare dalla presunta carenza di personale. Non è così, abbiamo 18 medici, oltre 100 infermieri e più di 65 oss. A Brindisi con un numero simile di accessi, circa 60mila l’anno, avevamo un organico molto più ridotto e nessuno si lamentava…”. Piuttosto, dice, c’è una questione che andrebbe analizzata con attenzione, quella degli anestesisti: “Abbiamo una scuola di specializzazione, ma scontiamo il 30% in meno delle unità di un organico adeguato al fabbisogno: perché non vogliono stare a Foggia?”.
Commissario, sono passati 3 mesi ma già ci sono state tante polemiche, dal Pronto soccorso alla scelta di alcuni responsabili degli uffici amministrativi. Pensa di dover cambiare la sua visione?
No, io sono per il lavoro e per la legalità. Evidentemente qualcuno non è sensibile a questi due principi cardine e strumentalizza le questioni. Certo, c’è una discrezionalità che devo esercitare, ma chiedo a chi si lamenta: perché non ha presentato la propria candidatura per le posizioni disponibili?
L’Asl ha logiche diverse dal Policlinico, ritiene che questo possa pesare sulla individuazione rapida di soluzioni in scenari completamente differenti?
Direi che un Policlinico ha una complessità inferiore, perché nell’Azienda sanitaria locale bisogna considerare le esigenze dei comuni – spesso non in linea con la programmazione regionale -, le convenzioni e i rapporti con i privati. Qui peraltro c’è l’Università, che rappresenta un ulteriore vantaggio: con loro si può fare un serio discorso di qualità.
Dove ha trovato le sacche di criticità maggiori?
Dunque, probabilmente il periodo Covid e la vacatio tra dicembre e febbraio hanno creato molta confusione nella gestione del personale, soprattutto quello sanitario. A questo si aggiunge una significativa confusione amministrativa. Ci sono problemi, in particolare, sul bilancio, con un grosso deficit, e sull’aspetto medico-legale, con un approccio poco attento e molto oneroso.
Qual è la natura del deficit a cui fa riferimento?
Abbiamo un esubero del personale, alcune spese che stiamo attenzionando (sicuramente a causa della pandemia), e altre questioni…
C’è anche un nodo politico da affrontare sulle cosiddette “assunzioni Covid”
Certo. Propriamente lo definisco esubero, in termini ragionieristici, perché siamo imbrigliati al tetto di spesa insufficiente. La Regione Puglia dovrà intervenire. C’è una platea di circa mille persone a tempo determinato, prevalentemente infermieri e operatori socio sanitari, a cui va data una risposta. Noi ci auguriamo di non perderlo questo personale, anche perché gli operatori a tempo indeterminato hanno una media d’età piuttosto alta e un numero consistente di limitazioni (circa il 50%). È arrivato il momento di far lavorare tutti in maniera appropriata, garantendo il 100% della produttività, altrimenti le lamentele non servono a molto.
Il dato è sopra la media regionale?
Sì, nettamente. In tutta la Puglia ci sono circa 3mila infermieri a tempo determinato, di questi 540 sono a Foggia. Ovviamente ci auguriamo che vengano offerte garanzie agli aventi diritto, per farlo la Regione dovrà rivedere i tetti di spesa.
Secondo lei perché le contestano le decisioni sui nuovi responsabili degli uffici, a cominciare dal Patrimonio, settore coinvolto nelle ultime indagini giudiziarie?
La dottoressa individuata non lo voleva nemmeno questo incarico, pensava avessimo altre idee. Invece no, seguiamo le regole e abbiamo fatto una serie di ragionamenti, tenendo in considerazione le informazioni positive che abbiamo raccolto sulla professionista. Pensiamo che passi di questo genere potranno far nascere una nuova classe dirigente. È un incarico di sostituzione a tempo determinato, poi c’è sempre qualcuno che è scontento o lo vive come un problema per smania di protagonismo. Ma mi domando: perché queste persone non partecipano agli avvisi interni?
Sul Personale invece?
Io non condiziono la partecipazione agli avvisi. Abbiamo scelto tra i candidati. L’alternativa sarebbe stata quella di sostenere l’inadeguatezza di chi si è presentato optando per il ricorso all’esterno. Abbiamo cercato di approfondire, anche analizzando l’approccio etico morale. Le procedure sono queste.
Si era figurato uno scenario diverso prima del suo arrivo a Foggia?
Ho la sensazione che la gente qui, soprattutto nell’apparato amministrativo, sia convinta che si viaggi sempre con qualche fenomeno. Invece ritengo che bisogna sempre essere onesti e lavorare. Poi la carriera si fa. Se qualcuno pensa con me di seguire una strada diversa, non andrà da nessuna parte. Anzi, arriverà forse il punto in cui lo metterò da parte.
Ha già qualcuno nel mirino?
No, nessuno. Diciamo che ce li ho tutti nel mirino. Con il direttore amministrativo leggiamo le carte più volte, per verificare se i dirigenti fanno le cose che diciamo di fare. Non sappiamo cosa sia la superficialità.
Avete trovato ‘strafalcioni’ nei procedimenti?
Facciamo molti atti dirigenziali, poche delibere. Questa è una moneta a doppia faccia: da un certo punto di vista si tutela la direzione strategica, dall’altro si dà molta autonomia ai dirigenti. Abbiamo trovato alcuni atti fatti molto male. Dobbiamo capire se riusciamo a cambiare il modo di lavorare per fare più delibere, perché la responsabilità ce la prendiamo se le cose sono fatte tutte bene, dall’inizio alla fine. Già dal pensiero.. Ci sono delle consuetudini che denotano un modo di lavorare improprio. Per esempio, nella Pa i documenti devono essere tutti protocollati, qui non si faceva…
Cosa state facendo per controllare la filiera del procedimento amministrativo?
Stiamo approfondendo molto, la dottoressa Esposito sta lavorando tanto su questo. Forse al Riuniti si sconta l’approccio dell’azienda ospedaliero-universitaria, vocata più all’aspetto sanitario che alle carte. Solo che dalle carte, e dalla trasparenza, si generano le condizioni capaci di condizionare il lavoro dei sanitari, dei lavori e delle forniture. Se le cose non sono fatte bene, si sprecano anche le risorse. Questo è un meccanismo che va messo a punto.
Visto lo scenario che ci rappresenta, non avrà mica cambiato idea sulla volontà di partecipare all’avviso per l’incarico da direttore generale?
No, ho preso questo impegno con l’idea di iniziare un lavoro per il quale serve tempo. Spero di non buttare a mare mesi di lavoro. È un’azienda che mi piace, in crescita, il rapporto con l’Università è proficuo e i medici sono ottimi professionisti, con ottimi gruppi di lavoro. Gli amministrativi hanno il dovere di sostenere questo percorso.
Pescherete anche all’esterno?
Sì. Il Patrimonio ha delle esigenze. Devo dire però che, complessivamente, gli uffici sono attrezzati, bisogna farle lavorare bene le persone e sostenerle.
A che punto è il trasferimento del Pronto soccorso?
Oggi completiamo il percorso burocratico con l’autorizzazione all’esercizio del dipartimento di Prevenzione dell’Asl di Foggia. Settimana prossima programmerò la data del trasferimento, per il quale serviranno al massimo un paio di giorni.
Sistemato l’aspetto strutturale e del nuovo ‘comfort alberghiero’, bisognerà trovare una soluzione per attrarre medici nel reparto con minore appeal. Ha già qualche idea?
Sono convinto che serva un incentivo economico importante. La proposta politica per superare questo momento drammatico, in attesa della realizzazione degli investimenti per le scuole di specializzazione, è quella di pagare almeno il 50% in più, se non addirittura il doppio, chi lavora nel Pronto soccorso. Solo così riusciamo a tirar fuori qualche medico e tamponiamo per un anno o due. Bisogna avere coraggio.
Sugli altri reparti non avete problemi?
Solo con gli anestesisti, ne abbiamo 35 su un fabbisogno di 53. Questo condiziona parecchio l’attività chirurgica e le liste d’attesa. Eppure abbiamo una scuola di specializzazione che ne sforna 28-34 all’anno. Non dovremmo avere carenze, invece le abbiamo, questo discorso andrebbe approfondito.
Sta dicendo che non vogliono rimanere al Policlinico di Foggia?
Esatto. Questa è un’anomalia. Ho trovato qui la stessa situazione di Brindisi, ma lì si poteva comprendere. Al Riuniti invece mi sembra molto strano.
L’ultimo abbandono illustre è quello del direttore sanitario Franco Mezzadri, perché è andato via?
Mezzadri voleva già lasciare. Gli ho chiesto di rimanere perché in quel momento serviva una mano nel passaggio di consegne. Lui ha avuto altri tipi di problemi ed è stato molto corretto e onesto nel suo rapporto, dandoci il tempo di entrare, approfondire e affrontare al meglio la questione Covid. Il 30 giugno andrà via.
Il suo incarico semestrale scadrà a metà agosto, nominerà il sostituto?
È molto probabile.