C’è Claudio Di Donna – come riportato anche da testate nazionali come Il Fatto Quotidiano – nella relazione degli investigatori consegnata alla commissione d’accesso agli atti che in questi mesi verificherà la presenza o meno di condizionamenti mafiosi nel Comune di Foggia. Di Donna, stando a quanto riportato nel documento, è cugino della moglie del sindaco di Foggia, Franco Landella. Gli investigatori scrivono: “Coinvolto dal 2009 in vicende penali per associazione a delinquere di stampo mafioso, che, al di là dell’esito processuale (è stato assolto in un processo ai clan come riportiamo sotto, ndr), evidenziano la contiguità se non l’organicità dello stesso all’organizzazione mafiosa Società Foggiana”. Il cugino della first lady (“di primo grado” scrivono gli investigatori ma Landella ha riferito essere di “quinto grado”) fu coinvolto nel maxi blitz antimafia “Double Edge” del giugno 2002 ma venne assolto dal Tribunale di Bari, con rito abbreviato, nell’aprile del 2004. L’accusa chiedeva 5 anni e 6 mesi di reclusione per mafia ed estorsione. Quel processo coinvolse numerosi pezzi da Novanta della mala, ma si chiuse in una bolla di sapone con una raffica di assoluzioni. I relatori, però, evidenziano che in quel procedimento “il Di Donna è annoverato come ‘sodale’ della Società Foggiana insieme con i massimi esponenti dell’organizzazione, come Cesare Antoniello e Federico Trisciuoglio“.
Abbiamo recuperato la sentenza “Double Edge” del Gip (n.12538/00 del 5 aprile 2004) scoprendo inoltre che, per quel processo, il Comune di Foggia si costituì parte civile. Nel documento si legge: “Secondo la prospettazione accusatoria, il Di Donna Claudio avrebbe fatto parte dell’organizzazione criminale di stampo mafioso con la qualifica di mero partecipe, nell’ambito della ‘batteria’ riconducibile a Trisciuoglio, Mansueto e Prencipe ‘con mansioni di vario genere tra le quali quelle di commettere atti intimidatori volti a rafforzare le condizioni di assoggettamento ed omertà, nonché a commettere reati come detenzione di armi, usura, furto e ricettazione’. Il suo ruolo in particolare – scrissero ancora i giudici – è però collegato alla commissione di alcuni reati-fine, in particolare il capo G (l’usura) ed il capo H, l’estorsione ai danni di R.A. (un imprenditore, ndr). Il Di Donna, però, va mandato assolto per questi capi di imputazione perché, per entrambi, il fatto non sussiste, e non vi sono neanche le sporadiche frequentazioni con altri coimputati del presente procedimento, alcuni dei quali già condannati per associazione a delinquere di stampo mafioso, essendo il Di Donna legato esclusivamente alla figura del Mansueto Michele (storico boss ucciso nel 2011, ndr), per cui non vi sono elementi per ritenere che anch’egli faccia parte di detta organizzazione. Anche per il capo A (l’associazione mafiosa, ndr), quindi, il Di Donna va mandato assolto con formula piena per non aver commesso il fatto”. E allora perché viene tirato in ballo dagli investigatori? Per quali vicende penali sarebbe “coinvolto dal 2009”? Sta ora alla commissione d’accesso ricostruire eventualmente ogni passaggio per dare risposta ai quesiti.
Le feste con il sindaco
Le ultime apparizioni in pubblico di Di Donna risalgono alle recenti campagne elettorali. L’uomo comparve al fianco di Landella in foto e video dei festeggiamenti per la vittoria alle elezioni amministrative del 2019, quando l’attuale sindaco calò il bis aggiudicandosi il ballottaggio contro la coalizione di centrosinistra. Infine, sempre Di Donna spuntò in un altro filmato di festa; insieme a Landella e altri leghisti celebrò i risultati conseguiti dal partito del Carroccio alle Regionali 2020 nei pressi di un comitato del sindaco.
“Ricostruzioni infondate. Di Donna vittima di errore giudiziario”
Nei giorni scorsi, il primo cittadino ha parlato di
“macchina del fango” nei suoi confronti, smentendo di aver goduto di sostegni dalla malavita. Poi ha scritto un lungo post su Facebook,
già pubblicato dalla nostra testata e che riportiamo qui di seguito.
“In un momento così delicato da un punto di vista sanitario, economico e sociale nel nostro paese a livello nazionale e locale, sono costretto a tornare a occuparmi della aggressione mediatica che mio malgrado vede protagonista me e la mia famiglia e l’Amministrazione della città di Foggia.
Credo che sia ormai evidente che si voglia strumentalizzare una vicenda seria come quella della nomina della Commissione d’accesso agli atti, il cui compito istituzionale è quello di svolgere un approfondito esame dell’attività amministrativa dell’Ente e di relazionare sulle risultanze.
A detta di alcune testate giornalistiche, sembrerebbe che dalla relazione consegnata dagli investigatori alla commissione d’accesso (di cui, a quanto pare, tutti hanno una copia, ad eccezione dell’interessato, nonostante trattasi di un documento ‘riservato’) ci sia un paragrafo dedicato al Primo cittadino.
Di fronte a tale orchestrato stillicidio di ‘notizie’, mi ritrovo anche oggi a rispondere con i fatti quanto siano distorte ed infondate tali ricostruzioni evidentemente decontestualizzate dalla realtà poiché viene sistematicamente omessa la conclusione e gli esiti giudiziari delle vicende descritte.
Nel merito prendo atto che si farebbe riferimento alle elezioni regionali nel lontano 2010 per sostenere che avrei goduto dell’appoggio di una famiglia di noti pregiudicati a me del tutto ignota. Nulla si dice, invece, perché evidentemente nulla è emerso, su tutte le altre, numerose, competizioni elettorali alle quali ho partecipato.
Quanto alle ‘parentele scomode’ di mia moglie evocate dalla stampa il riferimento è a Claudio Di Donna (cugino di quinto grado e non di primo come erroneamente riportato) persona che ha effettivamente subito un procedimento penale per il quale è stato assolto da tutte le accuse con la formula più ampia tanto da ricevere anche un importante risarcimento del danno da parte dello Stato per l’ingiusta detenzione subita. Parliamo, quindi, di una vittima di un errore giudiziario ingiustamente tirato in ballo al solo fine di delegittimare me e la mi famiglia. Metto a disposizione di quanti vorranno approfondire la sentenza di assoluzione divenuta irrevocabile 28 ottobre 2004 e la sentenza della Corte di Appello di Bari con la quale gli è stato riconosciuto il richiamato indennizzo.
All’indecenza di ripescare vecchie e dolorose vicende giudiziarie si aggiunge il richiamo a mio figlio coinvolto insieme a un numeroso gruppo di studenti in un indagine sulla base di una vecchia norma del 1925 perché avrebbero ricevuto e utilizzato copia dello svolgimento di compiti universitari (il reato contestato, quindi, non era quello di truffa aggravata come erroneamente riportato), fatti dai quali tutti gli indagati sono stati assolti con la formula ‘perché il fatto non sussiste’.
Se queste sono le notizie ritenute rilevanti, di questo passo mi aspetto le rivelazioni di qualche compagno di squadra pentito su quando a 12 anni a causa del mio potente sinistro ho infranto un vaso sul balcone di una anziana signora che dava sull’oratorio della parrocchia che frequentavo.
Fuori da ogni facile ironia, invece, mi sento di richiamare tutti gli organi di informazione ad attendere rispettosamente l’esito dei lavori della Commissione prefettizia senza ‘fughe in avanti’ che finiscono per essere solo dannose per l’immagine della nostra città, della mia famiglia e della Amministrazione che ho l’onore di rappresentare.
In omaggio a tale principio avrei volentieri evitato di soffermarmi su tali diffamatorie insinuazioni per il rispetto che nutro per le Istituzioni nella serenità che il lavoro della Commissione non sarà certamente inquinato da faziose ricostruzioni.
Mi conforta in questo momento il monito di Aldo Moro che diceva: ‘Quando si dice la verità non bisogna dolersi di averla detta. La verità è sempre illuminante. Ci aiuta ad essere coraggiosi'”. (In alto, nelle foto, Di Donna alla destra di Landella)