“Noi stiamo uccidendo le persone innocenti per fare il piacere a ‘sti bastardi…”, mostrandosi risentito col suo stesso clan in quanto cominciava a sentirsi abbandonato. Questo è Caterino, il killer che stando all’accusa mossagli dalla Procura Antimafia di Bari sarebbe il regista della strage di San Marco in Lamis. Egli stesso si definisce una “bomba atomica” che può esplodere da un momento all’altro e travolgere tutto e tutti, soprattutto il mondo politico ed in particolare il Comune di Manfredonia. Tuttavia: “Non esiste alcun legame di parentela tra il sig. Salvatore Zingariello e tale Giovanni Caterino!!! È inutile sottolineare che tale notizia sta procurando notevole disagio e nocumento in capo al mio assistito, soprattutto (ma non solo) in relazione al ruolo ricoperto dallo stesso nell’ambito della Comunità sipontina: l’aver evidenziato un rapporto consanguineo assolutamente falso e privo di veridicità a soggetto coinvolto in un quadruplice omicidio ha destato allarme nella Comunità e tra gli stessi conoscenti dello Zingariello”.
Così si era espresso l’avvocato Schiavone, legale del vicesindaco di Manfredonia Salvatore Zingariello. In una lettera inviata a l’Immediato lo scorso gennaio, il politico del Pd aveva rimarcato la sua posizione legittima e integerrima negando qualunque connivenza. Ma ci sono delle foto, di sicuro interesse e agli atti della Commissione antimafia, pronte ad evidenziare il contrario.
Negli incartamenti dei commissari che il prossimo 8 luglio dovranno riferire sullo scioglimento per mafia del Comune di Manfredonia, saranno al vaglio anche alcune immagini ritraenti Giovanni Caterino, 39enne sipontino arrestato con l’accusa di aver preso parte alla ormai nota strage di San Marco in Lamis del 9 agosto 2017. In quella circostanza morirono il boss Mario Luciano Romito, il cognato Matteo De Palma e i contadini Aurelio e Luigi Luciani. Dopo aver scritto dell’intercettazione nella quale Caterino diceva di voler avvisare il vicesindaco Salvatore Zingariello delle indagini inerenti il Comune, ecco le immagini che ritraggono i due insieme, festanti, durante le celebrazioni per i 1112 voti presi dal politico del Pd alle Amministrative del 2015, quando il centrosinistra stravinse le elezioni confermandosi alla guida della città del golfo.
Tempo fa, l’Immediato già scrisse dei rapporti di lontana parentela e di frequentazione tra i due, poi smentiti da Zingariello attraverso il proprio legale. Ma le immagini che la Commissione ha – e che saranno allegate alla relazione antimafia – e che oggi pubblichiamo in esclusiva assoluta – proverebbero in maniera inequivocabile la vicinanza di Caterino al vicesindaco in questione. Immagini eloquenti che scuotono il mondo politico locale, soprattutto l’universo Pd che per anni ha governato a Palazzo di Città. Caterino compare accanto a Zingariello persino durante una partita allo stadio. Poi insieme, abbracciati e sorridenti, alla festa per l’elezione del piddino.
Accanto a loro, altri volti noti della scena sipontina: su tutti Franco Ognissanti, ex consigliere regionale del Pd e attuale presidente della Gestione tributi. C’è anche Francesco Schiavone, presidente della Proloco di Manfredonia e sottufficiale dell’Aeronautica. In altra foto, Mino Zingariello, fratello di Salvatore, fa scherzosamente “le corna” proprio a Caterino.
“Mo glielo devo dire a Salvatore”
Secondo l’accusa, Giovanni Caterino, classe ’80 di Manfredonia, ritenuto dagli investigatori vicino al clan dei montanari Li Bergolis-Miucci, quel 9 agosto 2017 avrebbe fatto da basista alla strage. L’uomo, stando ad un’intercettazione, tempo addietro venne a conoscenza delle indagini sull’amministrazione di Manfredonia e in una conversazione captata dagli inquirenti disse: “In faccia ai carabinieri… in faccia a me… io poi hai capito io ho accelerato un poco hai capito? Perché loro siccome accelerano… accelero pure io… ho detto io qua non mi fido neanche più di voi… io di voi non mi fido… ha detto noi lo sappiamo… ha detto non ti preoccupare… stanno le indagini pure sul sindaco… Zingariello (ndr. Zingariello Salvatore assessore Lavori Pubblici del Comune di Manfredonia)… mo glielo devo dire a Salvatore… la DDA (ndr. Direzione Distrettuale Antimafia) porta un’indagine sopra… sopra il sindaco… non so per quale motivo…”
“Una bomba atomica”
Nell’ordinanza cautelare che portò al suo arresto (il processo è partito in questi giorni, ndr), lo stesso Caterino si autodefiniva una “bomba atomica”, preoccupato per un possibile arresto. “Ma tutto sta ad arrivare al 23 dicembre – disse in una conversazione captata -, allora mi devo scatenare… mi devo prendere una bottiglia di champagne e me la devo bere tutta” (probabilmente riferito al fatto che durante le feste natalizie c’è un rallentamento delle attività giudiziarie). Caterino in una conversazione rivelò di essere scampato ad un agguato il 18 febbraio 2018 (episodio per il quale è stato arrestato il foggiano Massimo Perdonò). Tre persone mascherate a bordo di una Alfa Romeo Giulietta lo speronarono ma lui riuscì a rimanere lucido, aumentando bruscamente la velocità. Secondo Caterino furono i Lombardi-Ricucci-La Torre, clan opposto ai Li Bergolis-Miucci a tentare di eliminarlo. E infatti aveva già individuato chi uccidere per replicare all’agguato nei suoi confronti: “Allora stanno in movimento questi bastardi… quello è facile, facile togliere davanti a quel bastardo… va camminando da solo… ieri camminava lui da solo…”
Dopo sarebbe passato al suo principale obiettivo ovvero Pasquale Ricucci detto “fic secc”, che Caterino ascriveva al gruppo dei Lombardi-Ricucci-La Torre e che divenne bersaglio delle sue intenzioni di ritorsione. Mentre in un’altra conversazione, riferendosi alla strage, dichiarò: “Noi stiamo uccidendo le persone innocenti per fare il piacere a ‘sti bastardi…”, mostrandosi risentito col suo stesso clan in quanto cominciava a sentirsi abbandonato.
“Tutti sanno che io c’entro in qualche cosa”
“A me mi dovevano fare buchi buchi, mi dovevano cancellare i connotati, però non ce l’hanno fatta”, disse invece Caterino con riferimento all’agguato fallito del febbraio 2018. E ancora: “Tutti quanti sanno che io non posso stare a Manfredonia, che io c’entro in qualche cosa, che a me mi devono uccidere. Il giorno che è morto Saverino mi sono detto ‘mo’ sono morto io’ perché loro tenevano due persone che dovevano uccidere, quelli tengono anche ad altri, però la priorità era a me a Saverio Faccia d’angelo”. Il riferimento era a Saverio Tucci, 44enne manfredoniano, ritenuto legato ai Li Bergolis, ucciso ad Amsterdam, in Olanda, il 10 ottobre 2017 dal compaesano Carlo Magno che si costituì alla Polizia olandese e fece ritrovare il cadavere, diventando in seguito un pentito e rivelando alla DDA di Bari che proprio Tucci gli avrebbe confidato d’essere stato uno dei componenti del commando che il 9 agosto 2017 uccise Mario Luciano Romito, il cognato De Palma e i fratelli Luciani.