Dietro la strage di San Marco in Lamis del 9 agosto 2017, ci sarebbe ancora la guerra tra i clan Romito e Li Bergolis. Ad affermarlo sono gli stessi inquirenti: “Il contesto criminale emerso dalle indagini ha permesso di dare un inquadramento al gravissimo fatto di sangue nelle dinamiche criminali del territorio: in sostanza un passaggio “necessario” per la ridefinizione degli assetti di potere all’interno della criminalità garganica, per la quale Romito, indiscusso esponente di vertice dell’aggregato criminale facente capo all’omonima famiglia, rappresentava un ostacolo”. Per gli arresti operati nelle scorse ore, “la Procura di Bari ha richiesto e ottenuto dal GIP che fosse riconosciuta l’aggravante mafiosa di cui all’articolo 416 bis 1 del codice penale, sia sotto il profilo del “metodo”, che sotto quello della finalità di agevolare il clan mafioso Li Bergolis”.
Dall’operazione Iscaro-Saburo ad oggi
Sono passati ben 14 anni dall’operazione Iscaro-Saburo nella quale fu riconosciuta l’esistenza della mafia garganica. Nelle decine di carte in nostro possesso – relative a quel maxi processo – spunta anche il manfredoniano Saverio Tucci detto “faccia d’angelo”. L’uomo, classe ’73, storico trafficante di droga per conto dei Li Bergolis, avrebbe fatto parte del commando che il 9 agosto dello scorso anno eliminò il boss Mario Luciano Romito, il cognato di quest’ultimo e due contadini innocenti. Una prima anticipazione sul presunto coinvolgimento di Tucci nell’agguato di San Marco in Lamis fu riportata già a febbraio 2018 da l’Immediato. Oggi, a confermare la tesi, è il suo assassino, Carlo Magno, anche lui di Manfredonia. Quest’ultimo uccise Tucci ad Amsterdam per motivi rimasti ignoti.
Magno, nel corso di vari interrogatori, ha ripetutamente riferito agli inquirenti che Tucci gli aveva svelato di aver fatto parte del gruppo che ammazzò Mario Luciano Romito, confermando un’ipotesi investigativa.
I Romito confidenti dei carabinieri
Nel giugno 2004 Tucci fu pizzicato per Iscaro-Saburo e a febbraio 2008 patteggiò in appello una pena di 5 anni e 6 mesi per traffico di droga e riciclaggio, mentre fu assolto dall’accusa di mafia. L’uomo – che stando agli investigatori era vicino ai Li Bergolis – subì anche un sequestro di immobili nel giugno 2007. Iscaro-Saburo inferse una mazzata notevole alla mala del Gargano, dominata dalla faida tra i clan di Monte Sant’Angelo, Li Bergolis e Alfieri-Primosa, nata a fine anni ’70 a causa di litigi tra allevatori.
Inizialmente Li Bergolis e Romito (mattinatesi trapiantati a Manfredonia) erano invece alleati ma successivamente scoppiò lo scontro, alla luce di alcune soffiate dei mafiosi di Mattinata (tra cui lo stesso Mario Luciano Romito) ai carabinieri che portarono all’arresto dei vertici del gruppo rivale. Una sorta di tradimento che scatenò una rivalità tuttora presente nel promontorio e che starebbe alla base della strage di San Marco in Lamis.
Agguati e alleanze
Quel 9 agosto 2017 Tucci non era solo. Con lui c’era il suo concittadino 38enne Giovanni Caterino, arrestato nelle scorse ore dai carabinieri in quanto ritenuto uno degli esecutori materiali della strage. In manette è finito anche Luigi Palena, 48 anni, sempre di Manfredonia, accusato di detenzione e porto di armi.
Questi soggetti sarebbero vicini al clan Li Bergolis, oggi retto dal boss 35enne, Enzo Miucci detto “u criatur” che avrebbe preso le redini del gruppo criminale in seguito alla detenzione dei capi storici (Armando Li Bergolis è all’ergastolo, mentre i fratelli Franco e Matteo Li Bergolis devono scontare 26 anni di reclusione, ndr) giunta dopo il “tradimento” dei Romito.
Miucci sarebbe a sua volta vicino al clan Perna di Vieste e al clan Moretti di Foggia, come evidenziato dalla Direzione Investigativa Antimafia nell’ultima relazione pubblicata.
Al centro della guerra di mafia, il controllo dei traffici di droga in provincia di Foggia e gli affari “coast to coast” con l’Albania. Mario Luciano, appena uscito dal carcere, puntava a riposizionare il proprio clan ai vertici (come negli anni ’90 quando i Romito controllavano il contrabbando di sigarette), ma è stato eliminato sei giorni dopo la scarcerazione.
Altri omicidi legati, con ogni probabilità, alla guerra per il controllo degli stupefacenti, sarebbero quelli del marzo 2017 quando venne ucciso Giuseppe Silvestri di Monte Sant’Angelo, del giugno 2017 ad Apricena, quando furono ammazzati i “mezzo chilo”, con modalità tipiche della mafia garganica e, infine, quello del luglio dello stesso anno, quando a morire sotto una pioggia di pallottole fu il sanseverese Matteo Lombardozzi.
Tutto mentre sono ancora in corso indagini per individuare altri responsabili della mattanza della vecchia stazione di San Marco in Lamis.
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