Si è conclusa il 12 dicembre del 2017 la procedura di Valutazione d’Impatto Ambientale della Provincia di Foggia, durata più di 3 anni, sul controverso progetto della ditta Tulipano srl per la “realizzazione di un impianto di produzione di gessi di defecazione a partire da matrici biologiche selezionate”, più volgarmente detto un impianto di trattamento di fanghi.
L’iter
Il progetto della società rappresentata da Raffaele Rosiello è stato presentato a più riprese e in più fasi all’organismo presieduto dal dirigente all’Ambiente della Provincia di Foggia, l’architetto Stefano Biscotti. Nell’autunno del 2015 fu anche bocciato una prima volta in quanto mancavano vari atti decisivi. Dallo studio di impatto ambientale inerente l’approfondimento della caratterizzazione delle sorgenti acustiche allo studio geologico. La ditta non aveva individuato i bacini di approvvigionamento dei fanghi né aveva dato contezza degli impatti attesi logistici per i mezzi in entrata e in uscita. Mancava inoltre un bilancio sintetico dei rifiuti in ingresso, con il relativo quantitativo di percolato prodotto e dei gessi catalogati come ammendanti in percentuale alla massa in ingresso così come del tutto assente era uno studio per un adeguato piano di emergenza per le sostanze pericolose usate nel processo in caso di incidente e sversamento.
La Tulipano srl, che attualmente ha cambiato rappresentante legale e che qualcuno mormora sia stata acquisita dal big della monnezza Rocco Bonassisa, ha dal 2015 al 2017 prodotto una nuova documentazione ed è arrivata ad ottenere la Via nel dicembre 2017, approvata a suon di maggioranza, anche grazie a pressioni più o meno esplicite sia da parte di Acquedotti di Puglia sia da parte del commissario dell’Agenzia regionale rifiuti Gianfranco Grandaliano, nonostante le battaglie del Comitato Passo Breccioso del presidente Mimmo Morea, ampiamente raccolte dal nostro net journal.
L’Arpa ha dato parere favorevole il 16/11/2016, previa “la valutazione da parte dell’Ente competente… d’intesa con il Comune… del superamento delle criticità esistenti, per cui si è espresso il giudizio “penalizzante”, con opere di mitigazione e compensazione”.
L’organismo provinciale si è espresso positivamente all’impianto dettagliando una elencazione di condizioni. La prima riguarda le acque di seconda pioggia, che qualora non rientrassero nei parametri normativi dovranno essere avviate a smaltimento presso impianti autorizzati.
La seconda concerne il monitoraggio della falda, che deve avvenire attraverso le analisi di campioni di acqua da prelevare in quattro punti di cui due posti a monte e due a valle rispetto alla direzione di flusso.
Terza condizione: i reflui assimilabili ai domestici, provenienti dai servizi dello stabilimento, non potranno in alcun modo essere smaltiti per subirrigazione; ma dovranno essere stoccati in una vasca dedicata. Escluso, nel quarto punto, qualsiasi emungimento dalla falda e la dispersione per subirrigazione. Le acque meteoriche successive a quelle di prima pioggia dovranno essere recuperate e utilizzate come acque di servizio, nei cicli di produzione e per l’impianto antincendio.
Inoltre il Comitato ha prescritto di concordare con il Comune le opere di compensazione/mitigazione ritenute idonee in relazione alla natura e la localizzazione dell’impianto”.
Le criticità
Tanto è bastato a dare l’ok ad un impianto, che sarà localizzato dietro al biostabilizzatore Amiu e che presenta un forte impatto cumulativo. Il principio “chi inquina paga”, che è alla base del sistema di responsabilità civile per danno ambientale introdotto dalla Direttiva 2004/35/CE (in Italia recepito dal Testo Unico Ambientale D.Lgs. 152/2006, Parte sesta – Norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente) per questo tipo di impianto viene del tutto bypassato e alterato, dal momento che in aderenza all’edificio produttivo vi sono almeno 20 ettari di discariche abbandonate e mai bonificate, dalle quali mai è stato aspirato percolato.
L’impianto della Tulipano può trattare ben 70mila fanghi di depurazione all’anno, quando la sola provincia di Bari, la più industrializzata di Puglia, fatta eccezione per l’unicum di Taranto, ne produce 25mila tonnellate. Insomma la Capitanata assorbirà i fanghi di tutta la regione in un’area a forte crisi ambientale, che presenta le falde acquifere già decisamente compromesse, come da analisi Arpa e da indagini della Procura della Repubblica. Il divieto di emungimento d’acqua persiste tutt’intorno alla discarica di Passo Breccioso.
Il fango sarà trattato con acido solforico concentrato, un trattamento che sviluppa gas e che può anche essere esplosivo. A tutt’oggi la ditta non ha mai presentato il bilancio chimico ambientale. Secondo gli esperti per 70mila tonnellate di fanghi in entrata sono solo 10mila le tonnellate di gessi prodotti come ammendanti, il resto rimane percolato. Ma dove sarà smaltito? E perché quel sito già fortemente inquinato e con discariche sequestrate deve accogliere così tanti fanghi, superiori senza dubbio alla produzione regionale? Può essere derubricata come sindrome di Nimby l’opposizione dei residenti e degli agricoltori che convivono con il biostabilizzatore? L’autorizzazione della Via ha davvero seguito tutti gli step giusti? Il Comitato ha informato la Procura, che nella zona ha attive delle indagini? Tante le domande che si pongono i cittadini residenti a Passo Breccioso e alcuni tecnici ambientalisti critici.
Tale impianto, secondo coloro che erano fortemente contrari alla sua realizzazione all’interno del Comitato Via, anche ad un occhio profano appare privo di qualsivoglia vantaggio per la collettività foggiana e per il Comune di Foggia, che ha dato parere positivo alla sua localizzazione. Non si conoscono le misure di compensazione, che pure erano state chieste a gran voce dal Comitato Passo Breccioso, né si conosce la reale pericolosità di un impianto che per i gravi impatti cumulativi mai avrebbe potuto essere autorizzato.
Intanto sul sito la ditta ha già compiuto i primi carotaggi. Il Comitato spera di poter opporsi in virtù del passaggio che manca alla Tulipano srl per raggiungere gli ettari alle spalle del biostabilizzatore. Le due cugine di Mimmo Morea non mollano, non intendono vendere il loro oliveto né concedere la servitù.