Anche quest’anno, la comunità parrocchiale di San Trifone, a Cerignola, accanto ai riti religiosi per celebrare l’anniversario della dedicazione della chiesa di San Trifone al compatrono protettore degli agricoltori e delle campagne, nella settimana della festa comunitaria, ha promosso la seconda edizione del Forum sull’Agricoltura. Tema di quest’anno, l’acqua, come patrimonio comune e prezioso da difendere e tutelare, al centro del confronto pubblico, promosso in collaborazione con il locale circolo Legambiente, che si è tenuto ieri, nel piazzale antistante la parrocchia, e che ha visto la partecipazione di Legambiente Puglia, Consorzio di Bonifica e Acquedotto pugliese.
“Già lo scorso anno in occasione della festa della comunità -spiega a l’Immediato Rosanna Marulli, presidente del circolo cittadino di Legambiente- la parrocchia con il nostro contributo ha inteso promuovere una giornata di discussione sui temi dell’agricoltura, proprio per il fatto che San Trifone, oltre ad essere protettore di questa parrocchia è anche protettore degli agricoltori”. Lo scopo è anche quello di festeggiare la nascita della comunità parrocchiale perseguendo l’utilità sociale, che per il parroco don Claudio Borboni risiede nella volontà di educare le nuove generazioni a “una nuova sensibilità che faccia tesoro di quel bene prezioso che è la terra”. “È nostra intenzione, attraverso questa iniziativa -ha annunciato don Claudio durante l’incontro di ieri sera- suggerire l’introduzione dell’educazione alimentare nelle scuole”. Una proposta avanzata alla platea di agricoltori e rappresentanti delle associazioni di categoria (presenti Coldiretti, Cia e Unione provinciale degli agricoltori) e del gruppo di azione locale Piana del Tavoliere, partner dell’iniziativa organizzata in collaborazione con l’agenzia comunale per l’agricoltura e l’Itas “Pavoncelli”.
All’incontro, condotto dal presidente di Legambiente Puglia, Francesco Tarantini, sono intervenuti il chimico Pierpaolo Abis, responsabile della vigilanza igienica dell’Aqp, l’agronomo Luigi Nardella, dirigente del settore irrigazione del Consorzio di Bonifica di Foggia, e Francesco Bartucci, geologo nel comitato scientifico di Legambiente Puglia.
In tema di controllo della potabilità e della qualità delle acque Abis ha da subito sottolineato la stretta correlazione al fatto che “l’acqua sopporta un lungo viaggio prima di arrivare nelle vostre case”. Nelle tubature dell’Acquedotto pugliese scorrono 18mila litri di acque, che partono anche da lontano, dalla Campania o dal lago Pertusillo in Basilicata, che serve il territorio del leccese. Il Fortore abbevera l’area del foggiano e la diga del Sinni quella del barese. La limpidezza, purezza, conducibilità, temperatura e pH delle acque, assieme al residuo fisso, sono alcune caratteristiche di qualità e parametri tecnici che durante il viaggio nei vettori della rete dell’Aqp vengono costantemente monitorati sul posto, dagli addetti, e in remoto, mediante sistemi di telecontrollo a sensori. Attraverso i dieci laboratori del territorio si effettuano oltre 500mila analisi all’anno per rilevare i parametri sulla qualità dell’acqua e “per capire se lungo il suo viaggio, che può durare anche più giorni”, è garantita la potabilità. Quella che scorre dai rubinetti del territorio di Cerignola ha un residuo fisso inferiore ai 500 mg/l e una durezza “bassina”, il commento del tecnico, illustrando l’etichetta virtuale, consultabile direttamente dal sito dell’Aqp.
Nel corso dell’incontro si è avuto modo di discutere anche di depuratori e criticità relative agli impianti di affinamento delle acque, messe in evidenza dall’annuale monitoraggio Goletta Verde di Legambiente. A tal proposito il presidente Tarantini ha chiamato in soccorso i Consorzi di Bonifica. “Noi speriamo che quest’anno ci affianchino per l’utilizzo di queste acque. L’Acquedotto pugliese ha cinque impianti di affinamento e l’acqua reflua dei depuratori viene ulteriormente affinata, ma spesso buttata e non utilizzata in agricoltura”, ha sottolineato. “Per il problema delle acque reflue il Consorzio si è impegnato tanto –la replica di Nardella-. Ha realizzato con finanziamenti regionali l’impianto di affinamento di Trinitapoli, da un milione di metri cubi, con relative vasche di accumulo, perché il 70% dell’acqua viene consumato dal 15 giugno al 30 agosto, per cui senza opera di accumulo le acque reflue non hanno grande utilizzo. La normativa molto restrittiva sulle acque reflue dice che la colimetria deve essere acqua potabile per poter essere utilizzata dal mondo agricolo, ma ciò deve avere anche un costo compatibile con i bilanci delle aziende agricole. Se il contributo che il consorziato deve pagare per poter utilizzare l’acqua non gli consente di essere competitivo sul mercato –ha osservato l’agronomo- quell’acqua non avrà mai destinazione ottimale. Non credo sia un problema tecnico il riutilizzo della acque reflue, perché il terreno è il miglior depuratore biologico che ci sia. Quando ci si confronta con l’assessorato alla Sanità e all’Ambiente e si entra nel merito di questa problematiche nessuno si vuole assumere la responsabilità”.
È toccato, infine, al geologo Bartucci il compito di illustrare luci e ombre del Piano di tutela della acque della Regione Puglia, denunciando il ritardo rispetto direttiva comunitaria del 2002 relativamente al sistema delle acque e al monitoraggio dei corpi idrici, soprattutto quelli superficiali, soffermandosi, in particolare, sulla “vulnerabilità dell’acquifero del Tavoliere”. Per la sua porosità “è estremamente vulnerabile agli inquinamenti e contaminazioni”. “Basterebbe un refluo industriale -ha precisato il geologo tranese- per contaminare abbastanza direttamente e rapidamente le falde sotterranee. Per cui siamo a rischio, dal punto di vista della contaminazione”.