Lento e inesorabile declino per i fratelli Gianni e Michele Rotice, imprenditori edili di Manfredonia con appalti in giro per tutta la provincia di Foggia, dal Gargano fino ai Monti Dauni. Come anticipato giorni fa in anteprima da l’Immediato, la Prefettura di Foggia ha avviato la procedura che potrebbe portare all’interdittiva antimafia a carico dell’attività dei due manager che ora possono depositare le contro deduzioni. In caso di provvedimento interdittivo si tratterebbe di una vera e propria mannaia, soprattutto per il 57enne Gianni Rotice che pochi anni fa è stato presidente di Confindustria Foggia e, successivamente, sindaco di Manfredonia per il centrodestra. Attualmente è patron del Manfredonia Calcio e, stando ai rumors, ambirebbe ad una candidatura alle prossime Regionali.
Su Rotice si è scritto spesso negli ultimi mesi, prima per la caduta della sua amministrazione, mandata a casa da 13 consiglieri comunali, poi per l’inchiesta “Giù le mani” che lo vede accusato, insieme al fratello, di corruzione elettorale. In mezzo anche un processo con l’accusa di omicidio colposo: l’operaio Alessandro Rosciano, 47 anni, morì nell’agosto 2021 in un cantiere di Rotice a San Giovanni Rotondo, schiacciato da una lastra di calcestruzzo.
Nel recente passato di Rotice anche il ruolo di componente del CdA dell’Università di Foggia dove è presente, con un incarico nel distretto agroalimentare “Dare Puglia” (controllato dall’ateneo dauno), la fidanzata Libera Scirpoli, 43 anni, sorella del boss garganico Francesco Scirpoli detto “Il lungo”, 42 anni, tra i capi del clan Lombardi-Scirpoli-Raduano. I due Scirpoli vennero menzionati dai commissari prefettizi nella relazione di scioglimento per mafia del Comune di Mattinata nel 2018 e non è da escludere che questi rapporti possano aver contribuito ad avviare la procedura interdittiva ai Rotice. Una circostanza che andrebbe a sommarsi alla pesante accusa di voto di scambio in “Giù le mani”.
Momento nero, dunque, per l’ex sindaco di Manfredonia, ma non solo per lui. I due anni del prefetto Maurizio Valiante, ormai in procinto di trasferirsi ad Ancona, ma che fino all’ultimo giorno ha firmato provvedimenti molto pesanti, hanno colpito duramente altre realtà imprenditoriali collegate a manager sipontini. Michele D’Alba, ad esempio, storicamente vicino a Rotice, è stato raggiunto da due interdittive proprio in era Valiante, una alla “Tre Fiammelle” e l’altra alla “Lavit spa” del figlio Lorenzo. Nelle scorse ore, lo stesso provvedimento ha riguardato la cooperativa socio sanitaria “San Giovanni di Dio” riconducibile a Raffaele De Nittis, ex presidente del Manfredonia Calcio e genero di D’Alba.
Nell’interdittiva a “Tre Fiammelle”, la Prefettura di Foggia scrisse di un presunto “patto di non parlare” stipulato tra D’Alba, De Nittis e D’Alba junior nella sala d’attesa della Questura di Foggia con l’obiettivo di non denunciare le estorsioni del clan Moretti. Sempre Michele D’Alba è inoltre imputato per favoreggiamento della mafia foggiana, accusa mossa nei suoi confronti dalla pm della Dda di Bari, Bruna Manganelli. Gli “imperi” di Rotice e D’Alba vacillano.