Ancora ombre sulla giunta guidata da Gianni Rotice a Manfredonia. Emergono vicende scottanti dalle carte dell’inchiesta antimafia “Omnia Nostra”, operazione dei carabinieri di dicembre 2021 contro il clan Lombardi-Scirpoli-Raduano. Nella lunga ordinanza cautelare – come velatamente anticipato tempo fa da l’Immediato – spunta implicitamente l’avvocato Michelangelo Basta, padre del giovane vicesindaco Giuseppe. Il professionista, da sempre legato a Forza Italia, è un uomo che conta nella politica locale e avrebbe un peso anche nel dietro le quinte dell’attuale giunta composta da assessori fin troppo in erba.
Basta – secondo le carte – si sarebbe visto, in un buio pomeriggio invernale del 2018, niente meno che con il boss Pasquale Ricucci detto “Fic secc”, nome storico della mafia garganica, ucciso l’11 novembre 2019 davanti alla sua abitazione di Macchia, frazione di Monte Sant’Angelo.
Ricucci, per anni appartenente al clan Li Bergolis con il quale condivise il periodo della faida montanara, si era messo in proprio “fondando” un nuovo gruppo criminale, alternativo ai montanari, capeggiato da lui e Matteo Lombardi detto “A’ Carpnese”. Un’organizzazione attiva tra Manfredonia, Macchia, Mattinata e Vieste oggi guidata da Francesco Scirpoli detto “Il lungo” – fratello di Libera Scirpoli, compagna del sindaco Rotice – e dal boss latitante Marco Raduano alias “Pallone”.

Ricucci, come detto, è stato ucciso nella guerra con i Li Bergolis che non avrebbero mai accettato la sua “scissione”, mentre Lombardi è in carcere a Voghera con una condanna all’ergastolo per l’omicidio del montanaro Giuseppe Silvestri.
Ma torniamo a Basta. Le carte raccontano di un presunto incontro tra Ricucci e il politico azzurro in una zona lontana da occhi indiscreti, nei pressi dell’azienda “Primo Pesca” alla periferia di Manfredonia, un’attività commerciale controllata con metodo mafioso da “Fic secc” e soci. La “Primo Pesca”, poi raggiunta da interdittiva antimafia, avrebbe versato il pizzo al clan e sarebbe stata costretta ad assumere Mario Scarabino, zio di Ricucci, anche quest’ultimo arrestato in “Omnia Nostra”. Tra gli uomini coinvolti nel blitz antimafia figurano, inoltre, gli stessi gestori dell’azienda ittica, accusati di aver “ripulito” i soldi del clan. Tra questi Antonio La Selva detto “Tarzan” che ha iniziato a collaborare con la giustizia subito dopo l’arresto.
Stando ai documenti, emerge che il 22 dicembre 2018 l’auto Fiat Punto targata EF…, in uso esclusivo a Michelangelo Basta che ha poi effettivamente dichiarato di essersi recato sul luogo quel giorno, parcheggiò nei pressi dell’attività. Successivamente il conducente della Punto si sarebbe incontrato con Ricucci, quest’ultimo giunto a bordo di una Fiat Sedici. “Dalla registrazione video della telecamera installata presso il magazzino all’ingrosso di pesce Primo Pesca Srl – scrivono gli inquirenti -, è stato possibile estrapolare immagini che ritraggono un incontro ravvicinato e riservato“. E ancora: “I due soggetti, finito il colloquio riservato, ritornano davanti il magazzino e prima di lasciarsi si salutano affettuosamente“. Nelle foto sembra proprio che i due si abbraccino. Cosa si dissero? Perché appartarsi per un colloquio così riservato con un esponente di spicco della mafia garganica?
Circostanza quantomeno inquietante – ed è quindi legittimo sollevare domande per diritto di critica e cronaca – soprattutto se il soggetto ritratto è un rappresentante politico come Basta, nel direttivo di Forza Italia a Manfredonia oltre che molto attivo nelle dinamiche dell’attuale giunta di cui il figlio è vicesindaco con varie deleghe. Sui social, il forzista commenta spesso le attività dell’amministrazione come quando criticò alcune decisioni relative all’appalto della pubblica illuminazione. “Qualcuno ha sbagliato i calcoli”, scrisse.

Nel 2014, invece, sostenne alle primarie l’ex sindaco Angelo Riccardi del Pd: “Ho scelto il progetto migliore per la mia amata Manfredonia con la correttezza e lealtà che fanno parte integrante del mio essere”, dichiarò sempre attraverso i social network. “Ho avuto l’opportunità di conoscere più da vicino il nostro sindaco Angelo che, dipinto dai suoi detrattori come un despota arrogante, ritengo essere una gran bella persona”. Oggi, però, Riccardi è in guerra aperta con Rotice, quest’ultimo sostenuto da Basta. L’attuale primo cittadino accusa il predecessore di aver portato il Comune al dissesto e di aver causato lo scioglimento per mafia.
Ed oggi ecco un’altra questione scomoda nel mondo della maggioranza sipontina. L’incontro riservato tra il referente di Forza Italia e uno dei boss più temuti nella storia della mafia garganica. Una circostanza che potrebbe imbarazzare ulteriormente l’amministrazione comunale di Manfredonia, già al centro di numerose ambiguità.
Un altro scioglimento per mafia?
Nell’attuale amministrazione di Manfredonia ci sarebbero abbastanza elementi per un nuovo scioglimento per mafia. Va infatti ricordato che la relazione del 2019 evidenziò il ruolo predominante di Rotice in città e i numerosi appalti delle aziende di famiglia. “Gran parte dei lavori sono stati eseguiti dalle imprese Rotice – riportarono i commissari – per i rapporti di cointeressenza tra membri di tale famiglia di imprenditori e gli amministratori locali” che oggi Rotice attacca.
Nella relazione – pagine 47 e 48 – si parlò anche di un “soggetto di spiccato interesse, deferito per associazione di tipo mafioso, esercizio abusivo di attività di giuoco o scommessa e associazione per delinquere. In qualche modo vicino – scrissero ancora i commissari – a contesti delinquenziali riconducibili alla ‘ndrangheta, oltre che ai clan mafiosi baresi Capriati e Parisi“.

Quest’uomo “possiede o ha posseduto – si legge – quote societarie in varie società tra cui una srl costituita nel 2016 ed avente ad oggetto la gestione di apparecchi a moneta con vincite in denaro”. In questo caso il nipote dell’ex sindaco Riccardi nonché collaboratore di Michele D’Alba, imprenditore della “Tre Fiammelle” interdetta per mafia, “possiede il 50% delle quote societarie, mentre un 15% è detenuto dalla società Gescam s.r.l.. Quest’ultima società, costituita in data 22 gennaio 1986 appartiene per l’intero a Giovanni Rotice. L’amministratore unico è Giovanni Sventurato, cugino di primo grado di Rotice (è infatti figlio di un fratello della madre di Rotice)”. Oggi Sventurato è consigliere comunale di maggioranza.

I commissari scrissero anche dei precedenti di polizia di Rotice e Sventurato. L’attuale sindaco è “censurato per omessa custodia armi (anno 2018, Guardia di Finanza Manfredonia), truffa, in concorso, per il conseguimento di erogazioni pubbliche e attività di gestione rifiuti non autorizzata (anno 2015, Guardia di Finanza Foggia), associazione per delinquere e turbata libertà degli incanti (anno 2005, Guardia di Finanza Lecce), omessa custodia armi (anno 2001)”. Il consigliere Sventurato risulta invece “censurato per reati tributari (anno 2018, Guardia di Finanza Manfredonia)”. Il prefetto di Foggia, Maurizio Valiante, più volte sollecitato sul “caso Manfredonia”, prenderà provvedimenti? (In alto, Basta e Ricucci; sullo sfondo, una foto dell’incontro tratta dall’ordinanza Omnia Nostra)
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