Mafia foggiana, la latitanza dei boss: dal “Provenzano del Gargano” a Li Bergolis fino a Raduano

Continuano le ricerche di “Pallone”, capoclan di Vieste evaso da Nuoro. Dal passato le storie di chi riuscì a sfuggire alla cattura grazie all’alleanza con altri gruppi criminali e a reti di fiancheggiatori

Quanto durerà la latitanza di Marco Raduano? Dda e carabinieri sono al lavoro per interromperla il prima possibile. Contatti costanti tra militari e procure di Puglia e Sardegna per stanare il boss garganico scappato venerdì pomeriggio dal carcere Badu e Carros di Nuoro. Raduano detto “Pallone” o “Woolrich” potrebbe anche aver lasciato l’isola sfruttando le due ore “di buco” tra il momento della fuga e la scoperta della sua assenza al momento dell’appello. Ma soprattutto avrebbe sfruttato il fatto che l’allarme in porti e aeroporti sarebbe stato dato soltanto la mattina dopo.

Il capoclan, al vertice della frangia viestana del clan mafioso garganico Lombardi-Scirpoli, avrebbe usufruito dei contatti con criminali sardi instaurati durante la detenzione a Nuoro dove stava scontando 19 anni definitivi per narcotraffico aggravato dalla mafiosità. Raduano è inoltre sospettato di aver preso parte agli omicidi di Giuseppe Silvestri e Omar Trotta e al tentato omicidio di Giovanni Caterino, basista della strage di San Marco in Lamis. Vicende al vaglio dei giudici proprio in questi mesi.

I precedenti

Raduano dove potrebbe trascorrere un’eventuale latitanza? Molto probabilmente nella sua terra, sul Gargano, forte di una rete di fiancheggiatori e affiliati. Uno dei suoi bracci destri, il 30enne Gianluigi Troiano alias “U’ Minorenn” si è dato alla macchia a dicembre 2021 ed è tuttora attivamente ricercato. Per un breve periodo Troiano si nascose persino all’ex Onpi di Foggia, palazzone in corso del Mezzogiorno, periferia sud della città. Intercettato dai militari, riuscì a svignarsela in extremis facendo perdere nuovamente le tracce.

Riuscirono a restare in libertà per oltre un mese il mattinatese Francesco Scirpoli detto “Il lungo”, capo del clan omonimo e il sanseverese Angelo Bonsanto, entrambi scappati dal carcere di Foggia durante la maxi evasione del 9 marzo 2020. I due furono raggiunti e arrestati dalla squadra mobile di Foggia il 14 aprile successivo in un casolare di Apricena insieme ad altri membri del clan tra cui Pietro La Torre detto “U’ figlie du poliziott” che all’epoca dei fatti era latitante da oltre un anno.

La capacità dei boss foggiani e garganici di garantirsi la latitanza è comprovata dalle cronache del passato. Fu un trionfo dello Stato la cattura, nel 2011, di Giuseppe Pacilli alias “Peppe U’ Muntaner”, primula rossa del clan dei montanari Li Bergolis-Miucci-Lombardone rivale dei Lombardi-Scirpoli (ex Romito). Definito il “Provenzano del Gargano” per la sua capacità di nascondersi tra gli anfratti del promontorio, Pacilli rimase un “fantasma” per circa 2 anni e 3 mesi e fu inserito nell’elenco dei principali ricercati italiani. Fu arrestato all’alba del 13 maggio 2011 in un casolare tra Manfredonia e Monte Sant’Angelo, nel suo “mondo”.

Svanì nel nulla, per circa due anni, anche Franco Li Bergolis, nipote prediletto del boss Ciccillo Li Bergolis. Il capomafia, condannato all’ergastolo nel maxi processo “Iscaro-Saburo”, era tra i 30 latitanti più pericolosi d’Italia. Fu pizzicato a Monte Sant’Angelo dove era rientrato per il suo anniversario di matrimonio. Durante la latitanza, Li Bergolis non si sarebbe mai allontanato dalla sua terra, nascondendosi anche a Foggia dove venne protetto dal clan Sinesi-Francavilla, storicamente alleato dei montanari. I suoi fiancheggiatori furono stanati con l’operazione “Blauer” dal nome della marca delle camicie che venivano fornite al boss durante la sua latitanza.

Passando alla “Società Foggiana” va ricordata la sparizione di Pasquale Moretti detto “il porchetto”, figlio del boss Rocco “il porco”. Nel 2014 Moretti venne arrestato mentre si nascondeva in un’abitazione rurale nei pressi di San Marco in Lamis, una casa dotata di una doppia recinzione e due grossi cani da guardia. Anche in questo caso fu importante per il boss il sostegno di fiancheggiatori garganici.

È al momento ricercato Leonardo Gesualdo detto “il vavoso”, elemento piuttosto marginale della “Società Foggiana” mentre è stato arrestato Savino “Nino 55” Ariostini che, da latitante, provò persino ad assaltare un portavalori in provincia di Avellino. Durante la tentata rapina è stato sorpreso e condotto in carcere. (In foto, Pacilli, Franco Li Bergolis e Raduano)

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