“Conosco da tempo Antonello Francavilla e, prima di lui il padre Mario, deceduto anni fa. Il rapporto in questione era nato sulla scorta della mia professione di termoidraulico, attività da me svolta agli inizi della mia carriera”. Inizia così il racconto agli inquirenti dell’imprenditore edile foggiano Antonio Fratianni. L’uomo, 56 anni, è stato arrestato nelle scorse ore per il tentato omicidio del 2 marzo scorso di Antonello Francavilla e del figlio minorenne, raggiunti in un’abitazione di Nettuno in provincia di Roma dove il boss dei Sinesi-Francavilla stava scontando i domiciliari. Il costruttore avrebbe agito per questioni di denaro, un presunto debito di circa 600mila euro. Scampati miracolosamente alla morte padre e figlio, quest’ultimo ferito gravemente alla testa da colpo d’arma da fuoco ma oggi in lento miglioramento.
Fratianni era nel mirino della mafia locale da diverso tempo come da lui spiegato in sede di denuncia alla Dia il 3 marzo 2022, il giorno dopo l’agguato a Nettuno: “Nello svolgimento della mia attività di imprenditore edile, nel periodo dal 2010 al 2012, sono entrato in contatto con Antonello Francavilla il quale, pur non avendo alcun rapporto lavorativo con me, mi chiedeva gentilmente di non partecipare e non accettare lavori riguardanti opere edili nell’ambito ferroviario. Chiedendo spiegazioni in merito, Francavilla mi diceva che tutte le aziende avevano diritto a lavorare, senza tuttavia far riferimento a qualcuna in particolare. Mi consigliava espressamente di rifiutare i lavori edili, anche in subappalto, e di mantenere solamente i lavori di segnalamento ferroviario. La ditta con la quale svolgevo tali lavori era la ditta individuale ‘Fratianni Antonio’, ora ‘Fratianni Antonio srl’. Nell’anno 2012, Francavilla mi presentava G.M., in qualità di suo amico, titolare di una ditta che poteva eseguire lavori edili, in quel momento con problemi economici e in collaborazione, se non ricordo male, con altra ditta esercente attività di impianti tecnologici e opere edili. G.M., vantando l’amicizia con Francavilla, mi chiedeva ripetutamente, in particolare nell’avvicinarsi della scadenza della gara d’appalto, di creare delle associazioni tomporanee di impresa tra la mia ditta e la sua. Non ho mai aderito a queste richieste. Nell’anno 2015-2016 venivo raggiunto da Sergio Ragno, ex dipendente della ditta di G.M. sempre al fine di creare associazioni temporanee di impresa. Al mio ennesimo rifiuto mi imponevano di non partecipare ad altre gare d’appalto per la città di Foggia“.
E veniamo ai giorni nostri: “Il 14 febbraio scorso venivo contattato da un cognato di Roberto Sinesi (capo assoluto del clan e suocero di Francavilla, ndr) che utilizzando la frase ‘è arrivata l’acqua per tua moglie, passa urgentemente a prenderla’, mi invitava a raggiungerlo in un negozio per dirmi di recarmi a Nettuno da Francavilla”.
Ma già a luglio 2021 l’imprenditore venne invitato in provincia di Roma da Francavilla attraverso un pizzino: “Mi aveva invitato a raggiungerlo a Nettuno dove effettivamente l’ho raggiunto. Mi chiese un aiuto economico e anche di fornirgli un elenco dettagliato di imprese e appalti, riferito agli ultimi 10 anni, nell’ambito ferroviario, nel quale lavoro con la mia azienda“.
Ma da dove nasce il debito che avrebbe armato la mano di Fratianni, determinato ad uccidere il boss? C’è un immobile alla base della vicenda: “Le vicende truffaldine di C.D., resosi irreperibile e trasferitosi in altra città, hanno fatto sì che a costruire l’immobile sono stato solo io, attraverso la ‘Fratianni Costruttori srl’ e pertanto gli accordi fatti all’epoca con C.D. da Francavilla, secondo quest’ultimo, oggi me li devo accollare io. In aggiunta però, Antonello oggi pretende, oltre ai 500mila euro, non più 600mila come stabilito inizialmente, anche un appartamento sito in viale Giotto e un altro locale commerciale di 120 metri quadri nella stessa via”.
I termini dell’accordo: “L’accordo aveva come oggetto un prestito di 300mila euro che Antonello consegnava in contanti a C.D. per mano mia, contenuti in un sacco della spazzatura, alla condizione di restituire, dopo quattro anni circa, tempo stimato per la costruzione degli immobili, il doppio della somma, ovvero 600mila euro più un locale commerciale su via Lucera attualmente di proprietà di Elisabetta Sinesi (moglie di Antonello Francavilla e figlia del boss Roberto, ndr), del valore di circa 150mila euro ceduto alla stessa Elisabetta circa un anno fa. Preciso che gli accordi per la compravendita del locale commerciale, attualmente intestato a Sinesi Elisabetta, prevedevano il versamento di parte del prezzo con assegno bancario, una parte con mutuo, e una parte da versare successivamente con altri assegni emessi dalla stessa Sinesi in favore della ‘Fratianni Costruttori srl’ con l’impegno che io avrei dovuto restituire tutto il denaro ricevuto, avrei dovuto pagare le rate del mutuo, per rispettare l’impegno preso da C.D. con Francavilla”.
Poi spiega: “Preciso di aver pagato solo un paio di rate del mutuo semestrale acceso presso la Banca Popolare di Bari, pari a circa 6mila euro. Non ho ancora restituito l’importo degli assegni emessi da Sinesi Elisabetta per l’acquisto del locale a causa di difficoltà economiche sopravvenute. Dovrei restituire attualmente l’intera somma pari a quella riporta nell’atto di compravendita del locale commerciale e che non ho ancora fatto”.
Ecco, le difficoltà economiche e le pressanti richieste del clan avrebbero indotto Fratianni ad agire in modalità che lasciano sconcertati. Lo scorso 2 marzo l’uomo si è recato, forse da solo ma questo è da appurare, a Nettuno, per bussare alla porta del boss e poi fare fuoco all’impazzata colpendo anche un minorenne. Poi il ritorno a Foggia dove, il giorno dopo, andò negli uffici della Dia per raccontare di essere vittima di estorsioni da parte dei Sinesi-Francavilla.
Ed arriviamo al 26 giugno scorso quando sei persone, grazie alla complicità di un dipendente infedele del costruttore, tentarono di eliminare Fratianni nei pressi del casello autostradale Foggia-Zona Industriale, forse proprio per vendicare l’agguato di Nettuno. A capo della “spedizione di morte” c’era Emiliano Francavilla, fratello di Antonello, insieme ad alcuni suoi affiliati. Solo la destrezza degli investigatori evitò la morte a Fratianni che in quel momento rientrava in città da una breve trasferta. Il 29 luglio la polizia ha eseguito 7 arresti per l’agguato fallito all’edile, mentre oggi a finire in manette è stato proprio Fratianni, imprenditore e giustiziere di Nettuno. Una storia torbida ancora da chiarire del tutto, fonti investigative informano che sono in corso ulteriori approfondimenti. (In alto, il luogo dell’agguato a Nettuno)
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