“In che c… ti vai a mettere, metti che le cose vanno male ti sei rovinato una vita. E perché? Per stare appresso ai mongoloidi: lo sai che se ti buttano dentro non ti cacciano più, ti vai ficcando in certi guai. Ma nel momento in cui ti proponevano di fare determinate cose, tu che pensavi? Dicevi solo di sì; hai 21 anni e ti sei rovinato per le str… Io non lo so, posso dire solo che ti sei buttato nell’immondizia per niente”. Sono le parole pronunciate da un conoscente di Simone Pio Amorico, uno dei cinque arrestati per la rapina del 17 settembre 2020 al bar Gocce di Caffè di via Guido Dorso a Foggia. Quel giorno trovò la morte il titolare, Francesco Traiano, ucciso con una coltellata al volto dal minorenne A.C.. Tutti giovanissimi i protagonisti di questa triste storia, Antonio Bernardo, 24 anni alias “u stagnr”, Christian Consalvo, 21 anni detto “pallina”, Antonio Tufo, 21 anni “u giall”, Simone Pio Amorico, 22 anni e il minorenne A.C., 17 anni. Sono loro gli arrestati dell’operazione “Destino”, dal nome del bar dove vennero intercettati per la prima volta.
La posizione di Amorico sarebbe quella “meno grave”, è l’unico finito ai domiciliari; in cella gli amici. Il giovane risponde di concorso nella rapina perché si sarebbe occupato insieme ad Antonio Bernardo di procurarsi il sacco nero di plastica utilizzato per il colpo e abbandonato nel bar. Su quel sacco, inoltre, sono spuntate impronte di un parente di Tufo. Quel maledetto giorno, Amorico avrebbe contattato telefonicamente il minorenne subito dopo la rapina, poi avrebbe recuperato lo stesso minorenne e Christian Consalvo (autista della banda) dal luogo (località “Posta Conca”) dov’era stata abbandonata la “Fiat Punto” usata per la fuga. Bernardo e Tufo, invece, erano scesi prima dal veicolo. Secondo quando riportato nell’ordinanza cautelare, Amorico riaccompagnò in auto a Foggia A.C. e Consalvo mentre la sera, insieme a Bernardo, si recò nuovamente a “Posta Conca” per incendiare l’auto.

Interrogato il 23 settembre dalla squadra mobile, Amorico disse d’essere andato in soccorso dei quattro perché erano rimasti in panne su via Candela. Una versione poco credibile alla luce delle intercettazioni. Amorico, dopo essere stato sentito in Questura, temeva seriamente di essere coinvolto. Alcuni suoi conoscenti – in questa storia molte persone adulte sapevano tutto ma nessuno ha mai denunciato – lo redarguirono: “Tu sei proprio un mongoloide, pure in galera devi andare; per favoreggiamento prendi 4-5 anni, ancora pensi di prendere 1-2 anni: ti voglio dire solo una cosa, non te la cantare sennò vieni portato in malo modo in carcere“.
Il 5 dicembre altra conversazione fondamentale per evidenziare i ruoli dei rapinatori. Amorico chiese a Consalvo di essere scagionato. Consalvo: “Come dobbiamo fare a toglierti di mezzo? Noi vogliamo pure toglierti”. Amorico: “Lo sapete voi com’è che mi dovete togliere, non è che ve lo dire io. Io che sono venuto a fare là? Per quale motivo sono venuto?”. Consalvo: “Per aiutarci”. Dalle intercettazioni, infine, emerge il rancore dei rapinatori nei confronti del minorenne, autore materiale dell’omicidio di Traiano. Così Tufo ad un amico: “Come entra in Questura lo guardo in faccia e gli sputo addosso, quello schifoso; ti giuro, lo sfondo, gli devo dare uno schiaffone”.
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