“Ci voleva Salvatore. Hai visto come Salvatore si è messo a disposizione, ragazzi. Ualliò! Zingariello… Zingariello, Zingariello… ha chiamato (incomprensibile)… si è messo a disposizione. Ci vogliono le persone giuste a tutte le parti. Se non mettevi Salvatore nemmeno la prossima settimana…”
Sono queste le ultime scottanti novità del processo a Giovanni Caterino, 39enne di Manfredonia conosciuto anche col soprannome “Giuann Popò”. L’uomo, accusato di essere il basista della strage di San Marco in Lamis del 9 agosto 2017 per conto del clan dei montanari, era molto vicino all’ex vicesindaco di Manfredonia, Salvatore Zingariello. Un legame ritenuto centrale nella relazione di scioglimento per mafia del Comune di Manfredonia.
Stando alle perizie effettuate sulle intercettazioni del processo, queste parole furono pronunciate da Caterino durante un summit tra pregiudicati nel quale si spiegava che Zingariello, “la persona giusta”, avrebbe risolto una problematica non meglio precisata: “Si è messo a disposizione”.
La conversazione captata dagli inquirenti evidenzia ancora una volta l’influenza del clan dei montanari Li Bergolis-Miucci sulla macchina amministrativa del Comune di Manfredonia.
Frasi che fanno cadere per l’ennesima volta i disperati tentativi di difesa di Zingariello che – in un video pubblicato sui social dopo lo scioglimento – si era detto incredulo del coinvolgimento di “Popò” in questioni di mafia. L’intercettazione sconfessa in toto “l’impianto difensivo” del politico che dichiarò: “Non ha condizionato in nessun modo la mia attività per il Comune. E sfido chiunque a dimostrare il contrario”. Nel filmato, Zingariello asseriva che nelle intercettazioni captate dagli inquirenti, non c’era nessun riferimento alla sua persona. “È rimasto sotto controllo per un anno e Caterino non ha mai detto nulla su di me e non mi ha mai condizionato”. Una “sfida” lanciata da Zingariello anche al prefetto di Foggia, Raffaele Grassi che nelle 34 pagine della relazione di scioglimento per mafia cita ampiamente i rapporti tra il politico e l’uomo del clan.
Ma gli stretti legami tra i due furono documentati da l’Immediato già molti mesi fa. Fotografie che mostravano Zingariello e Caterino insieme allo stadio e abbracciati alla festa per l’elezione dell’ex vicesindaco del Pd. E poi quella conversazione intercettata dagli inquirenti: “Stanno le indagini pure sul sindaco – le parole di Caterino –… Zingariello (ndr. Zingariello Salvatore assessore Lavori Pubblici del Comune di Manfredonia)… mo glielo devo dire a Salvatore… la DDA (ndr. Direzione Distrettuale Antimafia) porta un’indagine sopra… sopra il sindaco… non so per quale motivo…”. Parole pronunciate dal 39enne manfredoniano dopo aver scoperto che qualcosa di grosso stava per succedere a Palazzo di Città. E infatti, poco tempo dopo arrivò in Comune la Commissione d’accesso agli atti che ha decretato lo scioglimento per mafia dell’ente. Zingariello ha sempre negato di aver ricevuto segnalazioni da Caterino.
Altri collegamenti con personaggi appartenenti al gruppo malavitoso emergono nella relazione dei commissari: rapporti ravvicinati tra Mino Zingariello (fratello di Salvatore) e Dino Miucci, imprenditore edile recentemente sfuggito ad un agguato e fratello di Enzo “U’ Criatur”. Per i magistrati dell’Antimafia, i due Miucci sarebbero a capo del clan dei montanari. (In alto, Zingariello e Caterino; a destra, l’ex vicesindaco nel video postato sui social; sotto, il prefetto Raffaele Grassi; sullo sfondo, il Comune di Manfredonia)