Trentaquattro pagine – piene di “Omissis” ma ben chiare – per porre la parola fine al consiglio comunale di Manfredonia e dare il via ai 18 mesi di commissariamento. È di queste ore la notifica del decreto di scioglimento del prefetto di Foggia, Raffaele Grassi, firmato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Manfredonia è descritta come una “città portuale e marittima che offre uno strategico punto di approdo. Principali pilastri dell’economia locale turismo, pesca e agricoltura”.
Ma la zona è funestata da omicidi: “Nel 2018 in provincia di Foggia – si legge – sono stati in totale 11 di cui 7 riconducibili a dinamiche della criminalità organizzata”. Rilevante l’uccisione di Francesco Pio Gentile detto “Passaguai” o “Rampino”, trucidato a Mattinata il 21 marzo 2019. L’uomo, cugino di Mario Luciano Romito, era figura di spicco della malavita locale.
Ma l’evento più eclatante è senza dubbio la strage di San Marco in Lamis, quattro persone morte tra le quali proprio Romito, principale obiettivo dei killer.
Il decreto si sofferma sostanzialmente sui rapporti tra alcuni amministratori e la criminalità organizzata, emersi anche attraverso esposti anonimi.
Centrale la figura del vicesindaco Salvatore Zingariello: “Inconfutabile – si legge – la contiguità con Giovanni Caterino del clan dei montanari, tratto in arresto il 16 ottobre 2018 (è ritenuto basista della strage di San Marco, ndr). Un rapporto di conoscenza e frequentazione che il vicesindaco ha recisamente smentito per il tramite del suo legale” (attraverso nota inviata a l’Immediato, unica testata che in esclusiva svelò la connivenza tra il politico e Caterino, ndr) ma che è “ampiamente documentato da una serie di fotografie che ritraggono i due uomini in atteggiamenti di familiarità”.
Tanti altri gli amministratori citati dei quali la nostra testata si è già occupata, ampiamente, all’indomani della diffusione della relazione della Commissione d’accesso agli atti (424 pagine).
Emerge una diffusa “mala gestio” a tutti i livelli. Proroghe concesse in spregio alla legalità e ai soliti noti, assenza di certificati antimafia e costante presenza di pregiudicati orbitanti nei settori economici e commerciali della città.
Uno dei temi analizzati è quello degli immobili abusivi, “tollerati dal Comune”, si legge nel documento. C’è persino il boss Matteo Lombardi, arrestato il 18 aprile scorso con l’accusa di aver organizzato ed eseguito l’omicidio di Giuseppe Silvestri a Monte Sant’Angelo, “la cui abitazione abusiva – riporta il decreto – non è stata mai neanche oggetto di denuncia da parte della polizia locale. Situazione non certo sconosciuta agli uffici comunali considerando che è stata peraltro concessa la residenza ai familiari dello stesso Lombardi”. Eppure la sua villetta “sorge sul viale dei Pini, in posizione piuttosto evidente. L’immobile si trova su una delle strade principali del ‘Polder’ e si contraddistingue, tra l’altro, per la presenza di un vistoso sistema di videosorveglianza”.
Il decreto si conclude con un quadro riassuntivo che non lascia spazio a interpretazioni: “Non può vedersi imparzialità nella gestione del Comune, laddove le ‘solite’ famiglie continuino a gestire l’economia in maniera indisturbata. In questo quadro si ritiene che le situazioni descritte rendano plausibile, nella concreta realtà di quel territorio e in base ai dati informativi acquisiti, l’ipotesi quanto meno di una soggezione di amministratori o di dipendenti comunali rispetto a quelle logiche e, come noto, dette situazioni non si traducono, necessariamente, in comportamenti penalmente sanzionabili imputabili ai singoli amministratori”.
E ancora: “Il quadro indiziario che emerge dalla relazione resa dalla Commissione di accesso, a prescindere della eventuale valenza sul piano penale dei singoli episodi, denota dunque un livello preoccupante di compromissione della regolare funzionalità dell’Ente. In effetti la maggior parte dei settori comunali è apparsa inadeguata e afflitta da prassi operative spesso avulse dall’attuale quadro normativo. Il complesso di questa situazione denota pertanto un generale stato di precaria funzionalità dell’Ente e soprattutto una legalità ‘debole’, in un contesto caratterizzato dalla pervasiva presenza della malavita organizzata. II Comune, proprio in ragione delle anzidette problematiche, non appare in grado di costituire un filtro efficace alle inevitabili pressioni che da un siffatto, difficile contesto derivano. Questa situazione finisce per essere funzionale agli interessi ampiamente descritti, direttamente o indirettamente riconducibili a esponenti della criminalità organizzata, che si sostanziano nell’esigenza, per loro fondamentale, di mantenere il vantaggioso status quo ampiamente descritto”.
“A fronte di tali interessi – si legge ancora -, vi è stata se non una connivenza, una sostanziale acquiescenza o comunque un’incapacità di intervento da parte dell’amministrazione comunale. In effetti, le criticità riscontrate in sede di accesso hanno riguardato proprio i settori in cui si appuntano i sostanziali interessi degli esponenti della cosca (in particolare i montanari Li Bergolis-Miucci e il gruppo rivale Lombardi-Ricucci-La Torre, ndr). Se è vero che diverse di queste deviazioni sono addebitabili all’apparato burocratico, è però altrettanto vero che nei confronti di questo non vi è stato da parte del vertice politico-amministrativo l’esercizio di alcun efficace controllo o vigilanza. Una siffatta situazione, consolidata negli anni e alla quale l’attuale amministrazione, non appare in grado di porre rimedio, non può che essere risolta mediante l’adozione di un’incisiva azione di ripristino della legalità e di buone prassi che rendano il Comune di Manfredonia capace di respingere i tentativi di infiltrazione da parte della criminalità organizzata”.
La conclusione: “I suddetti elementi di fatto, letti alla luce della pervasiva presenza della criminalità organizzata nel territorio di Manfredonia e dei rapporti interpersonali ampiamente esposti, inducono, pertanto, a ritenere che gli stessi siano sintomatici della sussistenza dei presupposti per l’attivazione delle misure di cui all’art. 143, D. Les. 18 agosto 2000, n. 267”. Tradotto: scioglimento del consiglio comunale per mafia e commissariamento per i prossimi 18 mesi. Inevitabile la sentenza del Tribunale di Foggia che prossimamente dichiarerà “incandidabili” i principali amministratori uscenti. Questi ultimi potranno fare ricorso al Tar e, in caso di sconfitta, al Consiglio di Stato come ultimo grado di giudizio.