Infiltrazioni mafiose negli apparati politico-amministrativi, agguati malavitosi, bombe ed estorsioni. Un mondo criminale variegato quello della provincia di Foggia, raccontato nel dettaglio dai magistrati della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo. 956 pagine nelle quali si affronta anche il caso Foggia, città avvolta da un’imponente cappa di omertà che dai cittadini si propaga fino alle istituzioni pubbliche (LEGGI QUI). Oltre al capoluogo, particolare attenzione viene data a centri come San Severo, negli ultimi mesi scenario di numerosi episodi di cronaca nera.
“Un territorio – scrive la Dna in riferimento al centro dell’Alto Tavoliere – che di recente è stato teatro di gravi fatti di sangue (il tentato omicidio ai danni di due pregiudicati, uno dei quali con condanne per violazione dell’articolo 416 bis e in materia di stupefacenti), e l’omicidio di Severino Palumbo, condannato tra l’altro per la violazione del 416 bis nell’ambito del processo ‘Day before’”. Alla luce di quanto riferito da un nuovo collaboratore di giustizia sugli assetti criminali e sulle attività criminali del territorio, gli episodi risulterebbero correlabili al riassetto della criminalità organizzata per effetto delle recenti scarcerazioni di altri pregiudicati di spicco di San Severo.
“Ai citati fatti di sangue – si legge ancora -, commessi con pistole mitragliatrici skorpion e con particolare ferocia in luoghi pubblici, si aggiungono numerosi attentati esplosivi presso esercizi commerciali, che risulterebbero sempre rientrare nel contrasto violento per l’affermazione del predominio nel territorio specie nel settore dello spaccio di stupefacenti”.
Gargano: infiltrazioni mafiose a Monte, allarme sociale a Vieste
Di assoluto rilievo in quanto emblematico di infiltrazioni e cointeressenze mafiose negli apparati politico-amministrativi è il provvedimento del luglio del 2015 con il quale il Consiglio dei Ministri ha disposto lo scioglimento dell’amministrazione del Comune di Monte Sant’Angelo per infiltrazione mafiosa.
Un apporto fondamentale a tale decisione è stato fornito dagli elementi acquisiti nell’ambito delle inchieste “Blauer” e “Rinascimento”. L’operazione “Blauer”, culminata con la cattura del latitante Franco Li Bergolis, ha messo in evidenza l’attuale operatività criminale del clan omonimo e i collegamenti strategici esistenti tra la mafia garganica e la mafia foggiana, rafforzati dall’alleanza tra il clan Li Bergolis e il clan dei Sinesi-Francavilla, la più importante articolazione della “Società foggiana”. La sentenza di primo grado e quella di appello hanno riconosciuto la fondatezza dell’ipotesi accusatoria e la sussistenza dell’aggravante di mafia. L’operazione “Rinascimento”, culminata con la cattura del latitante Giuseppe Pacilli, ha ulteriormente confermato la permanente vitalità del clan Li Bergolis (di cui Pacilli costituiva elemento di primo piano) e il suo profondo radicamento all’interno del territorio di Monte. Nel giudizio abbreviato (in cui sono state definite quasi tutte le posizioni processuali) il gup del Tribunale di Bari (in primo grado) e la Corte di Appello di Bari (in secondo grado) hanno riconosciuto l’aggravante di mafia. Il Tribunale di Foggia – innanzi al quale si è definita la posizione di molti imputati con sentenza del 22 aprile 2015 – ha invece escluso l’aggravante proprio nei confronti di Pacilli. Sentenza sulla quale la DDA di Bari ha fatto ricorso in appello.
Ma la realtà garganica che in questo momento desta il maggior allarme sociale secondo la Dna è senza dubbio quella di Vieste, dove è in atto un feroce contrasto interno al sodalizio un tempo capeggiato da Angelo “cintaridd” Notarangelo. L’omicidio del boss viestano, avvenuto il 26 gennaio 2015, ha determinato una profonda rimodulazione degli equilibri mafiosi, mettendo in discussione (anche a seguito di ulteriori e successivi fatti di sangue come il tentato omicidio di Emanuele Finaldi il 10 marzo 2015 e l’omicidio di Marino Solitro il 30 aprile dello stesso anno), il ruolo di preminenza che i Notarangelo avevano storicamente rivestito all’interno della criminalità organizzata viestana.
Il drammatico contrasto interno al clan riflette evidentemente fattori esterni quale l’evoluzione dei rapporti tra le diverse mafie della Capitanata, sempre più orientate a costruire reciproche alleanze per la gestione degli affari economici più imponenti, come quelli legati al settore illecito del traffico di droga e al settore del turismo: obiettivi per i quali risulta strategico, assumere il controllo della costa garganica.