Sullo scandalo mafioso che ha travolto Monte Sant’Angelo non potevano mancare le assunzioni sospette di parenti e amanti dei criminali del posto. È il caso della RSSA Villa Santa Maria di Pulsano, residenza per anziani presente tra i vari “omissis” della relazione del prefetto. Mafia, clientele e politica sembrano le uniche chiavi di accesso per un posto al sole. Ed è qui che si incastrano le storie del consigliere comunale Damiano Totaro (ex assessore eletto nel 2012 col centrodestra) e del cugino Matteo Pettinicchio, figlio di Antonio Pettinicchio, anche quest’ultimo consigliere comunale.
“Matteo Pettinicchio – si legge sulla relazione – è ritenuto contiguo al contesto criminale del “Clan dei Montanari”, riconducibile alla famiglia Libergolis, come si desume anche dalle sue pregresse frequentazioni, risultanti da diversi controlli di polizia, che vanno dal 2003 al 2008, tra cui elementi di spicco nell’ambito delle consorterie mafiose. Più volte tratto in arresto, Pettinicchio ha diversi pregiudizi per reati gravi come le estorsioni. È stato coinvolto anche nell’operazione “Rinascimento” (già citata dalla nostra testata) e sottoposto in tale ambito a fermo di indiziato di delitto emesso dalla DDA di Bari – convalidato dal giudice per le indagini preliminari con contestuale applicazione di misura cautelare – insieme ad altre 17 persone, per reati di estorsione, porto e detenzione abusiva di armi, favoreggiamento della latitanza del boss Giuseppe Pacilli detto “Peppe u’ montanar”, procurata inosservanza di pena ed altri gravi reati.
Suo cugino Damiano Totaro (con interessi nel Monte Calcio e consigliere direttivo del Parco del Gargano) gestisce la RSSA che, stando alla relazione, è stata oggetto di atti di intimidazione già poche settimane dopo il rilascio dell’autorizzazione al funzionamento. Dagli accertamenti effettuati dall’organo ispettivo è emerso che tra i dipendenti della residenza per anziani ci sono le compagne di Matteo Pettinicchio e di Enzo Miucci, anche quest’ultimo esponente di spicco della criminalità organizzata. Uomo di fiducia del clan Libergolis, Miucci è definito uomo dal “notevole spessore criminale” già sottoposto nel 2008 a sorveglianza speciale per due anni. Il giovane, detto “u’ creatur” perché all’interno dell’organizzazione fin da adolescente, è uno degli “astri nascenti” del clan, importante nel favorire la latitanza del boss Pacilli (infatti è tra i coinvolti nell’operazione “Rinascimento”) e fondamentale nell’alleanza con la “Società foggiana”. Uno che con gli affari ci sa fare.
Suo padre Antonio venne ucciso il 14 agosto del 1993 nell’ambito della faida garganica tra le famiglie Libergolis e Primosa-Basta-Alfieri. Enzo Miucci, più volte tratto in arresto, braccio destro di Franco Libergolis, risulta gravato da pregiudizi penali e di polizia e da sentenze di condanna per gravi delitti. Con sentenza del GUP di Bari del 19 marzo 2013, (Operazione “Rinascimento” relativa ai fiancheggiatori della latitanza di Giuseppe Pacilli), è stato condannato alla pena di 8 anni di reclusione e 8mila euro di multa.
Stando alla relazione del prefetto, le assunzioni delle compagne di Miucci e Pettinicchio sono apparse come “non casuali” e legate ai rapporti parentali esistenti tra Damiano Totaro e il cugino Matteo Pettinicchio. Tali circostanze appaiono significative potendo ragionevolmente trarsene se non la contiguità, la “permeabilità” dei titolari della struttura – tra i quali figura il consigliere di maggioranza, già assessore – da parte di questi soggetti (di cui uno a lui legato da vincoli di parentela), il cui spessore criminale, almeno per quanto riguarda Pettinicchio, non poteva essere ignorato dal politico.