“Per non perdere i miei clienti ci mettemmo d’accordo. Davo a Notarangelo e Raduano 4.800 euro ogni sei mesi”. La voce è quella di Vincenzo Troia, imprenditore nel settore giochi e videogiochi di Vieste. Troia è solo una delle vittime di “cintaridd”, il boss viestano ucciso stamattina. Durante il processo Medioevo, Troia raccontò di aver versato per quasi due anni una somma pari a 800 euro al mese a titolo esclusivamente estorsivo. “Si, ma non te ne uscire con pochi soldi. Fai conto che metti un guardiano e stai tranquillo, tanto pagheranno tutti a Vieste”. Queste erano solo alcune delle minacce di Notarangelo&company raccontate dallo stesso Troia.
Soldi per le slot machine
“Vennero a trovarmi Angelo Notarangelo e Marco Raduano – raccontò il noleggiatore di slot machine -; mi dissero che volevano installare delle slot machine nei locali del paese. Io risposi che per me non c’erano problemi, ma pensai subito all’estorsione perchè quale concorrente viene ad avvertirti che vuole proporre agli acquirenti il tuo stesso prodotto? Lo fa e basta. Qualche giorno dopo mi chiamarono diversi miei clienti dicendomi di aver ricevuto la visita di Notarangelo e Raduano i quali volevano installare slot machine nei loro locali. Ovviamente loro conoscevano la fama di malavitosi dei due e mi chiesero di risolvere il problema, altrimenti non avrebbero più noleggiato le macchinette neanche da me. Fui costretto a rintracciare Notarangelo e per evitare che entrassero nel giro gli feci un’offerta, ossia quella di dargli una parte del denaro proveniente dai miei guadagni. Gli davo 4800 euro ogni sei mesi“.
Il racket su villaggi turistici e guardiania
C’è poi il caso di Ignazio Rollo, titolare di un villaggio turistico della zona. “Incontrai per caso Angelo Notarangelo – raccontò l’imprenditore -, il quale mi disse che dovevo mettere un guardiano al villaggio. Poi mi chiese 4mila euro. La stessa richiesta la fece a mio fratello, ma era sempre rivolta a me”. Questo sarebbe accaduto, stando al racconto dell’imprenditore, poco tempo dopo un grosso furto avvenuto proprio nei capannoni dei Rollo. In quell’occasione sparì molta attrezzatura, alcuni mezzi e anche delle armi che proprio Ignazio Rollo deteneva regolarmente. Pochi giorni dopo il furto, Rollo si ritrovò a casa di Angelo Notarangelo. “Andai perché mio fratello aveva fatto dei lavori per lui su una vetrata – aveva dichiarato il teste – ; quindi approfittai per chiedere a Notarangelo se sapeva qualcosa dei miei mezzi. Lui mi rispose che si sarebbe informato e mi avrebbe fatto sapere. Chiesi a lui perché so che tutto ciò che di losco accade a Vieste lui lo sa, ma non pensai che potesse essere stato lui all’inizio”. Dopo questo primo colloquio tra Rollo e Notarangelo sarebbero seguiti i biglietti minatori e la richiesta estorsiva da parte di Notarangelo. “Devi mettere a noi come guardiani” avrebbe detto lo stesso imputato a Rollo, il quale si rifiutò ingaggiando una ditta di vigilanza privata la “Garganpol” e chiedendo di raddoppiare i passaggi all’indomani dell’ingente furto subito.
L’incendio dello Scialì
Pino Vescera, che a Vieste possiede tre alberghi (Oasi Beach, Oasi Club e Vieste in Tour) oltre allo stabilimento balneare Oasi (dove c’è anche il Ristorante Scialì), raccontò delle diverse intimidazioni subite. Dagli incendi delle sue tre auto, al primo avvertimento incassato con i danni ad alcune vetrate del ristorante, l’incendio di un magazzino, il cero acceso sulla macchina del fratello, fino al disastro dello Scialì e i proiettili ritrovati nella cassetta della posta proprio il giorno dell’arresto di Notarangelo e degli altri imputati di Medioevo.
Estorsione a un vigile urbano
“Tutti sanno a Vieste che Angelo Notarangelo è il boss e che la sua famiglia è molto pericolosa – lo dichiarò in aula Maurizio Di Marzio, vigile urbano, e vittima anche lui di diversi episodi estorsivi -. Abbiamo vissuto anni di terrore – disse -. Siamo andati ad abitare in campagna per stare tranquilli e invece ci hanno rovinato la vita. Non volevo avere niente a che fare con Notarangelo e incaricai mio cognato di versare anche la mia quota. Poi, però, in più occasioni, io stesso ho dato i soldi direttamente nelle mani di Notarangelo. Ogni due o tre mesi lo pagavamo. Un giorno ritrovai una gallina morta davanti al cancello di casa mia, poi serpenti e topi morti. Allora a giugno decisi di affrontarlo. Gli dissi che gli avrei pagato quei sei mesi di arretrato ma poi avrei interrotto i rapporti con lui. Mi rispose che non sapeva con chi aveva a che fare, che non sapevo chi era la sua famiglia e che loro la gente l’ammazzavano e aggiunse di farlo sapere anche a mio cognato che ormai non pagava più da due anni”.