Nuova relazione della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo. 956 pagine sul mondo della malavita in Italia e sulle strategie criminali delle organizzazioni mafiose. Non poteva mancare un focus su Foggia città. Il periodo analizzato è quello che va dall’1 luglio 2014 al 30 giugno 2015. I magistrati della Dna che hanno redatto il documento, parlano senza mezzi termini di omertà nel capoluogo dauno, attraverso un passaggio piuttosto eloquente. “Se a Foggia l’omertà del singolo cittadino risulta difficilmente condivisibile – si legge -, assolutamente inaccettabile è un similare atteggiamento da parte di istituzioni pubbliche, la cui immagine e condotta si pone come esempio per la comunità”. E ancora: “Va rilevato come la cortina di impenetrabilità che protegge la mafia foggiana è inspiegabilmente più fitta proprio attorno ai possibili legami tra la mafia foggiana e le istituzioni politico-amministrative, dei quali, peraltro, vi è chiara traccia sia nella operazione “Rinascimento” (politici di Monte Sant’Angelo collusi con malavita), sia nell’indagine “Piazza pulita” (il caso Amica) che accertò infiltrazioni mafiose nell’azienda municipalizzata che gestiva la raccolta di rsu nel capoluogo dauno.
Una mafia impenetrabile
La criminalità organizzata di stampo mafioso operante nel circondario di Foggia – storicamente distinta in “Clan dei montanari” e “Società foggiana” o “Mafia della pianura” – ha caratteristiche che la distinguono nettamente dalla Sacra Corona Unita sul piano organizzativo, essendo contraddistinta da una solidità granitica, dalla sua elevata capacità di programmare e attuare strategie con serietà e disciplina e di imporre severe regole comportamentali interne.
“Una caratteristica specifica della mafia operante nel territorio del circondario di Foggia è l’impenetrabilità – si legge nella relazione -, che rende il lavoro degli investigatori particolarmente arduo e si traduce, purtroppo, in un impressionante numero di omicidi e “lupare bianche” tuttora irrisolti. Le motivazioni di tale impenetrabilità sono di diversa natura: morfologia del territorio: l’impervia zona garganica e l’opposta piattezza della zona della Capitanata rendono impossibile un controllo territoriale operato attraverso attività di osservazione, pedinamenti, ma anche attraverso strumentazioni tecnologiche. A ciò si aggiunge che ampie zone sono tuttora prive di copertura di rete telefonica e telematica. Inoltre la spietatezza espressa nella gestione degli affari criminali ha indotto nella popolazione una condizione di totale assoggettamento e un conseguente atteggiamento di omertà, persino da parte delle stesse vittime: emblematico l’atteggiamento degli imprenditori vittime di estorsione nel processo “Corona”, conclusosi con pesanti condanne a carico degli estorsori, pur in assenza di denuncia da parte degli imprenditori, non costituitisi neanche come parti civili!”, concludono i magistrati con tanto di punto esclamativo.
Secondo la Dna “la solidità dei legami tra i sodali, spesso legati da vincoli di sangue, e l’adesione profonda alla cultura “mafiosa” nel senso più tradizionale del termine, inibisce iniziative di collaborazione con la giustizia. Tuttavia, se la ferocia, l’impenetrabilità, la condizione di terrore e di omertà indotta nella popolazione locale, potrebbero far pensare ad una mafia arcaica e rozza, niente è più lontano dalla realtà della mafia del foggiano che, al contrario, è l’ organizzazione criminale pugliese più vicina alla cosiddetta ‘Mafia degli affari'”.
Ripristinare il prestigio criminale
Nonostante tutto, la Dna intravede spiragli positivi nella città di Foggia. “Il muro di assoluta omertà, che ha sempre costituito un cono d’ombra per la mafia foggiana – scrivono i magistrati -, sembra subire qualche crepa, dal momento che sia sta iniziando a registrare nelle estorsioni di mafia una maggiore collaborazione delle vittime”.
Ma questo non ferma l’attività criminale che in provincia di Foggia si manifesta attraverso “una preoccupante recrudescenza di atti intimidatori con finalità estorsive ai danni di imprenditori e commercianti, anche con l’utilizzo di ordigni esplosivi”. Questo dato – che coincide con un momento critico della “Società Foggiana”, “indebolita nella compagine personale e patrimoniale dalla pressante azione di contrasto giudiziario – denota sicuramente l’esigenza di ripristinare un prestigio criminale affievolito ma, a causa delle modalità eclatanti e spregiudicate degli atti di intimidazione posti in essere, desta un elevato allarme nella popolazione”.
Chiedere il pizzo a imprenditori e commercianti rappresenta ancora la maggiore attività per i clan della “Società”, al pari di quella del traffico di stupefacenti, fonte primaria dei guadagni delle organizzazioni criminose. “Nel circondario di Foggia gli esponenti della malavita tendono ad assumere, salvo il verificarsi di gravi evenienze che impongano diverse programmazioni criminali o strategie, un profilo che sia il più basso possibile, perseguendo sul territorio una politica di pax mafiosa o tendente a forme di alleanza e collaborazione, strumentali a dedicarsi con maggiore serenità alle attività, criminali e non, da cui trarre profitto”.