“Un clan efficiente nella sua organizzazione, impermeabile e determinato nell’utilizzo del metodo mafioso”. Questa la descrizione dei Moretti-Pellegrino-Lanza tracciata dai pm della DDA (Direzione distrettuale antimafia) di Bari. Non solo intercettazioni, microspie e varia attività di indagine ma anche uno spaccato sulla malavita foggiana. Nell’ordinanza sugli ultimi arresti nella batteria dei Moretti, gli inquirenti non tralasciano nulla, pubblicando tutto o quasi sulle guerre di mafia nel capoluogo dauno, dalla prima a quella attuale, per un totale di sette finora. Secondo i pm “non c’è dubbio che il clan dei Moretti abbia una struttura organizzativa operante nel tempo, una fama criminale nata utilizzando continuativamente la violenza anche nei confronti di cittadini inermi e operatori economici e, infine, eserciti la forza di intimidazione operando una violenza armata continua nei confronti degli avversari criminali”.
Nel clan Moretti-Pellegrino-Lanza è presente un nucleo di associati legati tra loro da vincoli di fedeltà e di reciproca assistenza. Vincolo che in genere è caratterizzato dalla distribuzione gerarchica dei ruoli – con rispetto assoluto del vincolo gerarchico -, dall’esistenza di strutture organizzative e logistiche e dall’esistenza di un ambito territoriale e di comuni fini perseguiti. Inoltre è considerata “un’organizzazione delinquenziale a base familiare, nella quale le parentele sono considerate non prive di valore indiziante”.
Le mani sulla città e non solo…
In questi ultimi anni, soprattutto grazie ai processi “Cronos” e “Corona”, a Foggia è emersa una consolidata storiografia giudiziaria nel campo mafioso. “Le indagini svolte – scrivono i pm nel documento lungo 102 pagine – hanno confermato ancor più, in maniera chiara ed inequivocabile, l’esistenza di più sodalizi di stampo mafioso, rientranti nella più ampia consorteria criminale denominata “Società” operante prevalentemente nella città di Foggia, con propagazioni anche in altri centri della provincia” (Basso Tavoliere-San Severo-Gargano, ndr).
Lo schema della mafia foggiana, i capi
Le indagini svolte nel corso degli anni e le conseguenti sentenze emesse dall’Autorità Giudiziaria, hanno sancito in seno alla “Società foggiana” la presenza di tre “Batterie”, ai cui vertici – secondo la DDA – erano, e sono tuttora collocati personaggi di spicco della criminalità, alcuni dei quali detenuti ininterrottamente da molti anni:
- Batteria denominata “Sinesi-Francavilla”, con al vertice Roberto Sinesi e i fratelli Antonello ed Emiliano Francavilla.
- Batteria denominata “Moretti-Pellegrino-Lanza”, rappresentate, in posizione apicale, da Rocco Moretti, Antonio Vincenzo Pellegrino e Vito Lanza.
- Batteria denominata “Trisciuoglio-Prencipe-Tolonese”, ai cui vertici si collocano Federico Trisciuoglio, Salvatore Prencipe e Raffaele Tolonese.
La frammentazione del sodalizio criminale ha dato origine negli ultimi anni, ad una serie di conflitti cruenti che hanno portato a numerosi omicidi e ferimenti. La struttura dell’organizzazione criminale, la connotazione di carattere mafioso e i ruoli di ciascun componente sono stati ampiamente affermati da numerose sentenze, tra le quali “Panunzio, “Day Before”, “Araba Fenice” e “Cronos”.
500 euro per ogni funerale
La mafia foggiana ha alternato momenti di “pax criminale” sanciti dai capi delle varie batterie ad altri macchiati dal sangue. Dalle indagini eseguite negli ultimi anni è emerso che le batterie mafiose facenti capo a Roberto Sinesi e Federico Trisciuoglio, avevano messo da parte i vecchi rancori per trovare un accordo nella gestione delle estorsioni ai danni di imprenditori delle onoranze funebri, i quali erano costretti a pagare la somma di 500 euro per ogni funerale svolto a Foggia. “La strategia criminale messa in atto dalle due batterie mafiose – ricordano i pm della DDA – prevedeva anche una sapiente infiltrazione di alcune agenzie funebri, gestite da loro referenti, nel fiorente mercato “del caro estinto” al fine di instaurare un vero e proprio regime di monopolio”.
L’estromissione dagli affari illeciti, legati al business delle agenzie funebri, della batteria Moretti-Pellegrino-Lanza innescò una nuova guerra di mafia che, il 5 maggio 2007, sfociò nel tentativo di omicidio ai danni proprio del capo clan Antonio Vincenzo Pellegrino. A quell’episodio ne seguirono molti altri, fino a quando i boss siglarono l’ennesima “pace”. Ma pochi mesi fa la guerra è ricominciata. Ancora più sanguinolenta.