Puntuale come le tasse, il nome di Lello Zammarano riemerge ad ogni grande scandalo della città di Foggia. Nel caso tangenti al comune di Foggia, il ruolo dell’imprenditore edile è tornato d’attualità ma stavolta nel ruolo di vittima e accusatore del presunto grande manovratore Fernando Biagini. Quest’ultimo, dirigente ai lavori pubblici a Palazzo di Città, avrebbe costretto “Zamma” a versare 80mila verdoni per l’appalto dei lavori a Piazza Padre Pio. Il tutto grazie all’aiuto del consigliere comunale Massimo Laccetti e di un piccolo imprenditore nel settore del verde, Adriano Bruno. Sulla vicenda si è detto di tutto e su l’Immediato abbiamo pubblicato le 36 pagine dell’ordinanza con le intercettazioni che incastrerebbero Biagini&co (corruzione-al-comune-di-foggia).
Ma come detto, il nome di Lello Z è ormai un habitué nelle cronache locali. Nelle oltre 600 pagine di un’altra ordinanza, stavolta del Tribunale Civile e Penale di Bari, Sezione Gip, c’è un intero capitolo dedicato al coinvolgimento dell’imprenditore negli affari della “Società”, organizzazione criminale della città di Foggia. Savino Ariostini, Ciro Imperio, Alessandro Lanza, Ciro Stanchi, Raffaele Tolonese e Michele Mansueto (deceduto), soggetti appartenenti alle batterie locali, sono tutti indagati per avere costretto in modo inequivocabile l’imprenditore Zammarano a versare in loro favore somme indebite quale corrispettivo dovuto agli esponenti dell’associazione mafiosa. Mansueto, Ariostini e Imperio come mandanti e Lanza e Stanchi come esecutori, richiesero alla vittima la ripresa del pagamento del “pizzo mensile”. Danneggiarono il cancello, minacciarono di morte Zammarano con gesti rivolti verso le telecamere di sorveglianza e lasciarono all’ingresso della sua villa in via Troia, una scatola con all’interno una testa di agnello. Poi però, Tolonese e Mansueto optarono per la sospensione della richiesta estorsiva mirando a una più remunerativa richiesta di immobili, da acquisire subito dopo l’edificazione, senza riuscire nel loro intento a causa della mancata realizzazione degli appartamenti. In un’intercettazione si ascoltano Ariostini e Tolonese mentre parlano dell’imprenditore edile. Ariostini espresse il suo punto di vista sulla necessità di mettere in atto condotte idonee a costringere Zammarano a riprendere il pagamento delle somme che da un lungo periodo di tempo non corrispondeva. “Sono due o tre anni che non paga. Dobbiamo attaccare un poco a questo qua”.
Ma Tolonese preferì sospendere l’iniziativa per decisioni sopravvenute del gruppo organizzato. Si decise infatti, di puntare su una modalità estorsiva ritardata ma più remunerativa, puntando ad ottenere appartamenti dall’imprenditore ma la strategia non andò a buon fine.
L’“Operazione Corona” dello scorso anno ci regalò uno spaccato di vita, morte, sangue e denaro della Società. Emerse che uno dei capisaldi del business era, ed è, senza ombra di dubbio, il racket delle estorsioni. Un sistema dentro il quale sono emersi nomi noti del panorama imprenditoriale di Foggia. Uomini che, sotto minaccia, hanno riempito le casse della Società e rifornito i garage dei boss di nuove e fiammanti automobili. E Zammarano, almeno per alcuni anni, era uno di questi.
Sotto troverete il link al pdf con le pagine dell’ordinanza riguardanti il caso Zammarano.