Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda) ha accolto la richiesta di sospensione cautelare presentata dalla “Gianni Rotice srl” colpita da un’interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura di Foggia il 4 dicembre 2024. Con questa ordinanza, pronunciata il 14 gennaio 2025, il Tar ha disposto il congelamento degli effetti del provvedimento prefettizio fino al prossimo 26 febbraio, data in cui l’autorità giudiziaria ordinaria dovrà esprimersi sulla possibile ammissione dell’azienda al controllo giudiziario. A capo della società c’è Gianni Rotice, 58 anni, ex sindaco di Manfredonia, ex presidente di Confindustria Foggia ed attuale patron del Manfredonia Calcio.
Alla base del provvedimento spiccato dal prefetto Maurizio Valiante, il coinvolgimento di Rotice nel processo “Giù le mani” dove è accusato di voto di scambio e il fidanzamento con Libera Scirpoli, sorella del pregiudicato Francesco Scirpoli detto “Il lungo”, boss in ascesa della mafia garganica che potrebbe condizionare l’attività imprenditoriale del cognato. I due Scirpoli, citati ampiamente dal prefetto nell’interdittiva a Rotice, comparirono anche nella relazione di scioglimento per mafia del Comune di Mattinata nel 2018. Tutte questioni oggettive, carte alla mano, riportate in questi anni da l’Immediato e paradossalmente oggetto di querele da parte degli interessati con successivi processi tuttora in corso.
Il caso
La vicenda trae origine dal provvedimento emesso dalla Prefettura di Foggia che, sulla base di segnalazioni di forze dell’ordine e della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA), aveva adottato un’informativa antimafia interdittiva nei confronti della società di Rotice. Tale provvedimento aveva determinato la revoca di alcune aggiudicazioni pubbliche, tra cui la realizzazione di un asilo nido a San Giovanni Rotondo, e l’avvio di un procedimento per la verifica dei requisiti necessari per mantenere l’attestazione SOA, fondamentale per operare nel settore degli appalti pubblici.
La società aveva contestato il provvedimento, presentando ricorso al Tar Puglia e chiedendo la sospensione dell’interdittiva, evidenziando il grave danno economico e reputazionale derivante dalla misura, considerata non solo sproporzionata ma anche basata su elementi ritenuti non sufficientemente provati.
Le motivazioni del Tar
Nell’ordinanza, il collegio giudicante, composto dai magistrati Carlo Dibello (presidente), Giacinta Serlenga (consigliere) e Danilo Cortellessa (referendario ed estensore), ha rilevato l’esistenza di un pregiudizio grave e irreparabile per la società, documentato dalla ricorrente.
In particolare, il tribunale ha considerato che, in caso di esito positivo dell’udienza del 26 febbraio, in cui sarà valutata l’ammissione della società al controllo giudiziario, l’interdittiva perderebbe efficacia automaticamente, come previsto dal codice delle leggi antimafia. Questo, secondo i giudici, ha reso necessario un intervento cautelare per bilanciare gli interessi in gioco, privilegiando la tutela delle attività economiche della società fino alla definizione della questione davanti all’autorità giudiziaria ordinaria.
Prossimi passi
La sospensione dell’interdittiva antimafia sarà valida fino al 26 febbraio, quando il giudice della prevenzione si pronuncerà sulla richiesta di controllo giudiziario. Successivamente, la trattazione di merito del ricorso amministrativo avverrà il 24 giugno 2025, data fissata dal Tar per l’udienza pubblica.
Implicazioni per il territorio
La decisione del Tar Puglia rappresenta un momento cruciale in una vicenda che evidenzia il delicato equilibrio tra la necessità di garantire la legalità negli appalti pubblici e la tutela delle imprese colpite da misure interdittive. L’accoglimento dell’istanza cautelare non entra nel merito della legittimità del provvedimento prefettizio, ma consente alla società di proseguire temporaneamente le proprie attività, preservando posti di lavoro e contratti in corso.