“È un tema che da qualche giorno mi sembra occupi con una certa frequenza l’attenzione della stampa. Spero non ‘fomentata’ da chi sta provando a mettere in moto la ‘macchina del fango’, con l’evidente e vigliacco tentativo di screditare la mia candidatura a sindaco ed il mio impegno politico”. Lo dichiara Giuseppe Mainiero, candidato sindaco alle prossime Comunali di Foggia.
Nella replica a l’Immediato sulle sue parentele scomode, l’ex consigliere comunale scrive: “A screditarmi ci provò anche l’ex sindaco Franco Landella, ma fortunatamente la reputazione di ciascuno di noi ci precede. Ad ogni modo è bene spiegare subito come stanno le cose.
Mia nonna si suicidò negli anni ’40, dopo il primo bombardamento subito dalla nostra città, quando mia madre aveva appena 6 anni. Mio nonno, rimasto solo, decise di risposarsi con una donna da cui ebbe altri figli, tra cui Paola, vedova di Mario Francavilla. Ed io non ho mai conosciuto né frequentato i figli della ‘sorellastra’ di mia madre. Mai.
Questa sarebbe la mia parentela ‘scomoda’. Null’altro. Fuffa, insomma. Certo, avrei preferito molto volentieri non ‘mettere in piazza’ questa storia delicatissima e personale, il dolore straziante di mia madre, una figlia rimasta improvvisamente e tragicamente senza mamma. Ma chi rimesta nel torbido e va a caccia di scheletri nascosti negli armadi sappia che nei miei non ne troverà. Ed è giusto dirlo alla città. Forte e chiaro”.
Poi aggiunge: “Non a caso quando un personaggio dal cognome Francavilla fece irruzione in una Commissione consiliare rivendicando il rispetto di presunte promesse elettorali – come è scritto nero su bianco nella relazione di scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose – le sue ‘lamentele’ non furono rivolte a me, ma alla Consigliera comunale di Fratelli d’Italia Erminia Roberto, già assessore alle Politiche Sociali della Giunta di centrodestra guidata da Franco Landella. E in quella circostanza i componenti della Commissione – nello specifico la Commissione ‘Servizi Sociali e Cultura’, presieduta dall’attuale candidato sindaco del centrodestra, Raffaele Di Mauro – non chiamarono le Forze dell’Ordine per allontanare o segnalare il soggetto in questione, cercando invece di calmarlo e dialogando con lui. Io un ‘certo’ tipo di consenso, al contrario di altri, non l’ho mai cercato e non l’ho mai ottenuto. E dirò di più: ‘quel’ consenso non è gradito né accettato. Ieri come oggi. Oggi come domani. A chi pensa di usare questi mezzucci devo dare una brutta notizia: Foggia sa benissimo da che parte sono sempre stato e continuo a stare.
La mia distanza dalla mafia è un fatto, non un’opinione. La mia difesa della legalità non è vuota propaganda, ma azioni, battaglie ed atti concreti compiuti alla luce del sole. Dentro e fuori i banchi del Consiglio comunale. Io, a differenza degli altri, non ho mai ‘voltato la testa dall’altra parte’. Io e la mia famiglia abbiamo visto affissi sotto casa manifesti funebri con il mio nome quando ho scoperchiato il vaso di Pandora di Aipa, rivelando in che modo ai foggiani venivano sottratti illecitamente ogni anno decine di milioni di euro.
Io e l’allora assessore Jenny Moffa la lotta all’abusivismo nella vendita di prodotti ortofrutticoli – a Foggia ancora oggi dilagante ed in larga parte sotto il controllo proprio delle cosiddette ‘batterie’ – l’abbiamo fatta sul serio, in sinergia con la Questura e la Procura della Repubblica. Una collaborazione che portò nel 2014 al primo grande sequestro delle bancarelle che non rispettavano le regole e le norme. Tutte le bancarelle. Nessuna esclusa. Poi altri decisero ‘sanatorie’ e raggiunsero molto discutibili ‘accordi’ con i loro proprietari. Altri, non noi. Infatti decidemmo di allontanarci da Landella e dal ‘suo’ centrodestra, che avevano idee molto diverse in materia di legalità.
Io la lotta agli assenteisti in Comune l’ho condotta a viso aperto – ricorda ancora -, facendo scoppiare con una mia denuncia ai Carabinieri lo scandalo dei ‘furbetti del cartellino’ dell’ex Annona. Ossia i dipendenti del Comune che se ne andavano in giro a fare la spesa risultando regolarmente in ufficio. Gli stessi che cercarono di distruggere con una scopa le telecamere posizionate sul marcatempo, con cui veniva documentato il reato commesso. Una vicenda vergognosa finita su tutte le reti televisive nazionali e di cui ogni Foggiano avrà memoria.
Io, quando il Consiglio comunale affrontò la discussione relativa al progetto di finanza per la pubblica illuminazione – quello per il quale l’ex sindaco Landella è stato rinviato a giudizio con l’accusa di tentata concussione – sono stato platealmente minacciato da persone che erano tra il pubblico e che poco prima erano stati ricevuti da Landella. E che, chiamando immediatamente la Digos, ho provveduto a far identificare.
Io, anche con particolare ‘foga’, non ho avuto paura nel richiamare in piena notte un Prefetto al suo dovere di manifestare pubblicamente la presenza dello Stato davanti ad un locale appena distrutto da un ordigno esplosivo, nel periodo in cui quotidianamente esplodevano le bombe contro gli esercizi commerciali della città. Bombe di mafia, ovviamente. Bombe piazzate per imporre l’infame racket delle estorsioni.
Mi spiace per quanti stanno tentando di organizzare la solita campagna di diffamazione. Però con me quel metodo non funziona. Non mi intimorisce e non produce risultati. Per me la legalità è una cosa seria. E per la legalità mi sono battuto – completamente da solo – ogni volta che ho avuto la percezione si stesse consumando un reato, sia in Comune sia in occasione del voto ‘comprato’ e ‘controllato’ da ambienti malavitosi durante le scorse elezioni comunali. È tutto documentabile. Tutto riscontrabile”.
Piuttosto che rovistare nel cassonetto della spazzatura sperando di trovare qualcosa di sporco sul mio conto, sarebbe il caso, ad esempio, di discutere a voce alta delle assunzioni di noti personaggi molto vicini alle ‘batterie’ della mafia foggiana (Lanza e Trisciuoglio, poi arrestati nel blitz “Piazza Pulita”, ndr) che avvennero nell’azienda Amica quando a guidarla e a governarla erano politici di primissimo piano del Partito Democratico. Forse qualcuno l’ha dimenticato. Io no. E intendo ricordarlo ai Foggiani.
Ribadisco: con me l’intimidazione non funziona. Io l’insegnamento di Paolo Borsellino non l’ho usato come uno slogan ad effetto. L’ho fatto vivere costantemente in ogni mia attività. Soprattutto in quella politica ed istituzionale. ‘Mettendoci la faccia’, senza nascondermi. Perché credo in quello che dico e faccio. E dico e faccio quello in cui credo. Per me la mafia era ed è una ‘montagna di merda’. E con me in Comune per questa ‘montagna di merda’ non c’è stato e non ci sarà mai nessuno spazio. Se ne faccia una ragione chi si sta ‘agitando’, probabilmente essendo ‘preoccupato’ o ‘spaventato'”.