È opportuno affidare la città ad un sindaco imparentato con personaggi della mafia foggiana? Sarà questa una delle domande più frequenti durante l’imminente campagna elettorale per le Comunali di Foggia. Il tema legalitario è destinato a dominare la scena soprattutto alla luce dello scioglimento per mafia dell’ente nel 2021, ma anche in virtù dello scandalo tangenti che travolse l’amministrazione Landella.
Le relazioni prefettizie dei sei comuni sciolti per mafia nel Foggiano dal 2015 al 2023 hanno sempre ricostruito le parentele scomode degli amministratori locali con la malavita, una circostanza che – chiaramente – non basta per decretare la fine di un’amministrazione, ma dà il senso del rischio di infiltrazioni criminali nel mondo della politica.
Al momento, i candidati sindaci per le Comunali del 22 e 23 ottobre sono Raffaele Di Mauro per il centrodestra e i civici Nunzio Angiola, Giuseppe Mainiero e Antonio De Sabato. Il centrosinistra (Pd e M5S) dovrebbe optare per Maria Aida Episcopo ma il suo nome non è stato ancora ufficializzato.
Le parentele “scomode” destinate a far discutere sono quelle di Raffaele Di Mauro e Giuseppe Mainiero. È nota in città la loro vicinanza familiare – che potrebbe essere del tutto ininfluente, va rimarcato – agli Spiritoso e ai Francavilla.
Di Mauro, 40enne di Forza Italia, una vita da berlusconiano, è coniugato con la nipote di Franco Spiritoso detto “Capone”, ucciso il 18 giugno 2007 sotto gli occhi della moglie e di alcuni amici che erano con lui a bere qualcosa ad un chioschetto di piazza Libanese. Spiritoso da qualche mese non era più sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di rincasare entro le 21. Ad ucciderlo, due killer a bordo di una moto.
“Capone” fu condannato per mafia due volte, mentre venne assolto da accuse di omicidio. Secondo gli inquirenti era colui che aveva consentito il salto di qualità alle batterie mafiose foggiane entrando in contatto e affari con l’elite dell’imprenditoria cittadina che l’aveva cooptato nel mondo degli appalti edilizi in cambio di protezione.
Ex tassista, poi dipendente di un negozio di articoli per la casa, Spiritoso era temuto e rispettato, una sorta di collante tra clan e colletti bianchi di Foggia. Non era legato ad una batteria in particolare ma era ritenuto una figura di primo piano per le sue capacità di intermediario e per la sua intelligenza. Era il “paciere” della mafia. Venne ucciso perché i clan avevano deciso di azzerare la vecchia classe dirigente eliminando, nell’ordine, Spiritoso, Antonio Bernardo e Michele Lillino Mansueto.
Altri Spiritoso sono tuttora in auge. Giuseppe detto “Papanonno”, fratello di Franco, è uno dei narcotrafficanti più noti della città. È stato coinvolto in alcune operazioni antimafia anche di recente, nel 2019 “Ares” e nel 2023 “Game Over”.
Mainiero, 49 anni, storicamente di destra, oggi è candidato civico dopo l’avvicinamento ai mondi “emilianisti”. La sua parentela scomoda è con la famiglia dei fratelli Antonello ed Emiliano Francavilla dei quali è cugino.
I Francavilla non hanno bisogno di troppe presentazioni. Figli di Mario Francavilla detto “il nero”, ucciso nel 1998, sono attualmente al vertice del clan Sinesi-Francavilla insieme al boss Roberto Sinesi di cui Antonello Francavilla è genero. Lo scorso anno un edile foggiano, Antonio Fratianni, in debito con i mafiosi, si sarebbe recato a Nettuno in provincia di Roma dove Antonello Francavilla era detenuto ai domiciliari. L’imprenditore, spacciandosi per poliziotto, entrò in casa e sparò contro il boss e suo figlio 15enne, entrambi feriti ma sopravvissuti per miracolo all’agguato. Successivamente Emiliano Francavilla con alcuni suoi sodali avrebbe tentato di ammazzare Fratianni per vendetta, ma la squadra mobile riuscì a sventare l’attentato. Al momento sono tutti in carcere, compreso l’imprenditore.
Antonello Francavilla, invece, uscito dai domiciliari, è stato arrestato nuovamente pochi mesi fa dopo essere stato sorpreso in un bar di Foggia con una pistola nello zaino. (In foto, Di Mauro e Mainiero)
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