La Regione svuota gli ospedali privati foggiani, interi piani con i letti vuoti: medici e pazienti vanno altrove

I cittadini vedono allontanarsi sempre più le possibilità di cura, dovendo persino sobbarcarsi ulteriori costi per visite ed esami in regime di privato puro. Per chi può permetterselo, chiaramente

Pagamenti fermi al 2022. Interi reparti vuoti. Personale a rischio licenziamento e possibili tagli a servizi esterni, prevalentemente gestiti da cooperative, con conseguenze disastrose sul fronte occupazionale e dell’offerta di salute. Dopo il Covid, sembra essere questo il vero annus horribilis della sanità privata pugliese. Ricoveri nelle cliniche private, esami di laboratorio, diagnostica (tac e risonanze, per esempio), prestazioni nelle Residenze sanitarie e socio-sanitarie: tutto congelato da una nuova disposizione regionale. Alla faccia della riduzione delle liste d’attesa. “Abbiamo assunto medici, infermieri e assistenti per recuperare il massimo delle prestazioni perse dal sistema sanitario regionale durante la pandemia – spiega Potito Salatto, imprenditore della sanità privata e presidente Aiop Puglia -, ora ci ritroviamo con interi piani delle cliniche vuoti. Non possiamo più lavorare dopo le ultime disposizioni regionali e ministeriali. Gli ammalati attendono, soffrendo, e le liste continuano ad allungarsi”.

In un video circolato nelle scorse ore si vede il primo piano della clinica Villa Igea Prof. Brodetti con tutti i posti letto vuoti e il personale impotente in corridoio. “La prospettiva è quella della cassa integrazione – continua Salatto -, così non abbiamo alternative. Chiederò anche alle strutture pubbliche di sollevarci da alcune incombenze che scaturiscono dal trasferimento di pazienti per alcune attività. Domani avremo un incontro con il management dell’Asl Foggia, nel quale spiegheremo la nostra condizione indegna: abbiamo investito per fare più prestazioni ma non veniamo pagati dal 2022, con contratti fatti nel 2023, mentre un nuovo sistema fissa il limite di prestazioni con cadenza mensile anzichè annuale, di fatto bloccando la nostra operatività. Tutto questo, ci dicono, per evitare che si sforino i tetti di spesa e per migliorare l’appropriatezza delle prestazioni. Ma allora che si fa, invece di punite giustamente chi sbaglia, si blocca tutto il sistema?”.

Anche gli altri privati stanno ricorrendo alla cassa integrazione. È difficile trattenere medici e infermieri con l’aumento dei flussi in uscita e con la conseguente riduzione della produttività. Per i pazienti lo scenario è ancora più spettrale. Per interventi di bassa complessità – appendiciti e colecisti, ad esempio -, bisognerebbe attendere fino ad ottobre. Per le protesi d’anca, invece, il rinvio è al 2024. Un paradosso, perché la Regione Puglia ha fissato a 28 milioni di euro il tetto di spesa totale (invalicabile) per tutte le strutture della provincia di Foggia, mentre ne spende ben 43 per pagare i viaggi della speranza dei foggiani nelle altre regioni. E, come riportato nella relazione al progetto “Implementazione assistenza sanitaria anno 2022”, redatto dall’Asl di Foggia, si tratta interventi ed esami che possono esser fatti tranquillamente sul territorio.

A chi conviene tutto questo? “Non riusciamo a comprenderlo – afferma Paolo Telesforo, proprietario dell’omonimo gruppo -, le nostre strutture lavorano al 50%. Il tetto di spesa non è chiaramente commisurato alla disponibilità di posti letto. Per il momento abbiamo 20 persone in cassa integrazione, ma la situazione potrebbe peggiorare a breve”. Eppure, a Bari avevano annunciato un ‘ambizioso’ piano di recupero delle attività sospese per il Coronavirus, prevedendo addirittura la decandenza dei vertici delle Asl in caso di mancata riduzione dei tempi di attesa dei pazienti. Tutto è rimasto sulla carta. Nei fatti, al contrario, si registrano beffe che vanno a depauperare ulteriormente il settore. “San Francesco Hospital ha prodotto 1,3 milioni di mobilità attiva (pazienti che arrivano dalle altre province e da fuori regione a Foggia per curasi) nel 2022, ma ci hanno rimborsato solo 800mila euro”, chiosa Telesforo. Anche in questo caso, dunque, il saldo è negativo. Così i medici migrano (assieme ai pazienti) verso San Benedetto e Campobasso. Tutto questo mentre gli ospedali pubblici sono in continua emorragia, con perdite milionarie (circa 70 milioni di euro ogni anno per il policlinico “Riuniti” e oltre 100 milioni per l’Asl). E i cittadini vedono allontanarsi sempre più le possibilità di cura, dovendo persino sobbarcarsi ulteriori costi per visite ed esami in regime di privato puro. Per chi può permetterselo, chiaramente.

Seguici anche su Instagram – Clicca qui

Ricevi gratuitamente le notizie sul tuo Messenger di Facebook. Ecco come



In questo articolo: