La “zona grigia” di Manfredonia è la vera protagonista dell’operazione “Omnia Nostra” contro la mafia garganica. Fatti e personaggi si intrecciano all’interno dell’ordinanza fiume firmata dal gip Marco Galesi. Oltre 1800 pagine di ricostruzioni che tirano in ballo professionisti e mafiosi, legati da una serie di interessi incrociati. E in città c’è già la prima gatta da pelare per la neo amministrazione Rotice: prima il candidato meloniano “impresentabile”, ora Adriano Carbone, il consigliere comunale di Fratelli d’Italia, commissario cittadino del partito, professione commercialista, finito nella lunga lista di indagati, ben 48 persone, ma senza alcuna misura cautelare nei suoi confronti.
Le dritte di Carbone a Zino
“Particolarmente significative – si legge nelle carte dell’inchiesta – le conversazioni intercettate fra Antonio Zino (vicino al boss Matteo Lombardi, entrambi arrestati nel blitz) e il suo consulente commercialista Carbone in merito all’avvio di una società (una paninoteca poi raggiunta da interdittiva antimafia, ndr) e alla necessità che parte dell’investimento derivasse da entrate almeno in apparenza legali. Il tenore delle intercettazioni tra i due è inequivocabile – secondo gli inquirenti – e non lascia spazio a ragionevoli interpretazioni alternative: Carbone suggerisce infatti a più riprese a Zino i possibili stratagemmi finalizzati a eludere eventuali misure patrimoniali che possano derivare da indagini giudiziarie, mediante individuazione di una somma di denaro da impiegare per l’investimento iniziale che possa giustificarsi come apparentemente ‘pulita’. Carbone: ‘Il problema nostro è giusto a dichiarare ad aprire, come abbiamo fatto per aprire, i soldi dove gli abbiamo presi, se noi riusciamo a fare questi passaggi qua dopo problemi non ne abbiamo’“.

I due Schiavone
Tante le opacità in riva al golfo, anche dopo lo scioglimento per mafia del 2019. Non se la passa meglio il centrosinistra locale, silente dopo il maxi blitz di DDA e carabinieri. Nelle carte spunta anche l’avvocato Pietro Schiavone, legale di alcuni esponenti di spicco del clan Romito-Lombardi-Ricucci, organizzazione criminale maggiormente colpita dall’operazione antimafia. Schiavone è parente stretto di Francesco Schiavone, neo consigliere comunale di opposizione (462 voti) vicinissimo a Salvatore Zingariello, vicesindaco dell’amministrazione sciolta per mafia. La figura di Zingariello fu centrale nel provvedimento prefettizio per via dei suoi rapporti con il basista della strage di San Marco in Lamis, Giovanni Caterino, uomo del clan dei Montanari Li Bergolis-Miucci-Lombardone. Un legame del tutto inopportuno per un rappresentante della cosa pubblica, il più suffragato con oltre 1100 voti alle Comunali 2015.
In “Omnia Nostra” emergono molte vicende già trattate nella relazione di scioglimento del Comune sipontino. Ma le nubi sul golfo si intensificano soprattutto sul lungomare, attorno al mercato ittico, preda di personaggi senza scrupoli come Michele Lombardi alias “U’ Cumbarill”, tra i vertici del clan dopo la cattura del padre Matteo, condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio del montanaro Giuseppe Silvestri.
I Lombardi, ai quali era riconducibile la società “Marittica”, poi colpita da interdittiva antimafia, avrebbero imposto ai pescatori manfredoniani di conferire loro il pesce in via esclusiva, anche a suon di calci, pugni e sprangate. “Michele Lombardi – scrivono gli inquirenti nell’ordinanza – si avvaleva anche del personale dipendente per eseguire il suo disegno criminoso che, perfettamente in linea con le direttive ricevute, contribuisce ad accentuarne la capacità intimidatoria. È il caso di Lorenzo Caterino il quale, oltre all’aggressione sul porto ai danni di P.V. si è reso protagonista delle azioni minatorie nei confronti di G.T.“.
Stando alle carte dell’inchiesta, G.T. si sarebbe “rivolto a Michele Romito il quale, dicendosi vicino a Lombardi, aveva garantito il suo intervento (‘stamattina, io stamattina volevo accennare pure un poco a… inc… dice che questo sta da vicino, dice… Michele dice che è un compagno con lui… Michele Romito ha detto se è qualche cosa fammi sapere ha detto che andiamo a parlare un poco… Michele Romito… Michele dice che sta da vicino, mo non lo so… con Michele siamo compagni da piccolini però io certe volte’)”.
Secondo gli inquirenti “è un’affermazione di assoluta importanza che conferma il legame tra Michele Romito e l’associazione mafiosa; se così non fosse, non avrebbe avuto senso coinvolgere un soggetto che, quantunque dal riconosciuto carisma criminale, non avrebbe avuto margini di convincimento”. Romito è infatti un nome noto nel mondo della cronaca nera garganica, fratello maggiore di Franco e Mario Luciano Romito, uccisi durante la guerra di mafia con i montanari Li Bergolis dopo la rottura tra i due clan causata dalle confidenze dei manfredoniani ad alcuni carabinieri. Franco Romito venne ucciso a Siponto nel 2009, Mario Luciano nel 2017 davanti alla vecchia stazione di San Marco in Lamis dove trovarono la morte anche il cognato Matteo De Palma e i contadini Luciani.

L’intercessione di Michele Romito
Del ruolo di Romito ne ha parlato abbondantemente il pescatore G.T., vittima delle minacce di Lombardi. In un colloquio tenuto con Antonio Zino (tra gli arrestati nel blitz), G.T. avrebbe “riferito – riporta l’ordinanza del gip Galesi – di essersi rivolto a Michele Romito al fine di smorzare le pressioni di Michele Lombardi. Le acquisizioni certificano l’avvenuto interessamento di Romito alla faccenda. Effettivamente nel pomeriggio, dopo il colloquio con Zino, G.T. contattò Romito al quale, tra le varie cose, riferì che doveva parlargli: ‘Ci vediamo giù che ti devo chiedere anche una cosa…’, chiaro il riferimento – secondo gli inquirenti – alla problematica che stava vivendo”.
“Il diretto interessamento di Romito – si legge ancora – è certificato da un episodio registrato due giorni dopo, il 3 aprile 2018. Romito, senza fornire riferimenti, comunicò a G.T. di essersi recato in un luogo dove apprese da A. che il soggetto che stava cercando non era sul posto, promettendo altresì che ci sarebbe tornato l’indomani: ‘Oh G., vedi che da questa mattina non ci è andato per niente, ho parlato con A. …domani mattina vado… dai, non ti preoccupare… va bene’. Al tentativo di G.T. di aggiungere qualcosa – evidenziano gli inquirenti -, uno scaltro Romito lo invitò a non parlare al telefono, rassicurandolo nel contempo ‘va bene dai non ti preoccupare dai, è inutile che mi dici, stai tranquillo…’“.

Il ruolo dell’avvocato Schiavone
Sulla questione venne interpellato anche l’avvocato Schiavone il quale – si legge nell’ordinanza – “contattò Romito chiedendogli se fosse passato da quello che vende i frutti di mare: ‘Ma tu sei passato da quello che vende i frutti di mare?’. Ricevuta risposta
affermativa, il legale precisò che quel soggetto si trovava proprio al suo studio ‘sta qua…’ per cui Romito replicò di riferirgli che sarebbe ripassato da lui l’indomani”.
Per gli inquirenti, “alla luce della suddetta ricostruzione, è di tutta evidenza che Romito si fosse recato al magazzino Marittica per incontrare riservatamente Michele Lombardi onde parlargli della problematica di G.T.”.
L’ordinanza del gip “rileva – si legge – come in questo caso il suddetto legale esorbiti dalla sua attività professionale mettendo in comunicazione i due pregiudicati e, ben a conoscenza del vincolo che li accomuna, utilizza volutamente un linguaggio criptico per indicare Lombardi evitando di dare riferimenti agli investigatori. Lombardi, inoltre, pur non essendo presente al magazzino, viene immediatamente avvisato dell’importante visita che aveva ricevuto e sfrutta il legale per comunicare con Romito. Si tratta di un accadimento rilevante – scrivono ancora gli inquirenti nell’ordinanza – che certifica l’attualità dei rapporti tra il clan e l’ultimo superstite della famiglia Romito. Il coinvolgimento di Michele Romito nella vicenda è ulteriormente confermato da una conversazione telefonica registrata il 28 aprile 2018. Quest’ultimo, avendo bisogno di fasolari per il suo ristorante, si rivolse a G.T. il quale replicò che non ne disponeva in quanto da diversi giorni Lombardi gli aveva sospeso le forniture: ‘no, questa mattina non mi ha lasciato niente… niente, non mi ha lasciato niente… hai capito?… sono quasi dieci giorni non mi ha lasciato neanche un chilo… gli ordini la roba e non ce la lascia… e non ho capito come dobbiamo lavorare?'”.
“Costretto da tale situazione – scrivono gli inquirenti -, per risolverla a G.T. non rimase altro che rivolgersi ancora una volta al potente conoscente ‘e allora facciamo come dici tu… ho detto mo che viene Michele glielo dico a Michele e finiamo la canzone… che si attivava prontamente’“.
Michele Lombardi, giovane dominus della marineria sipontina
Quando era ancora in attività la società “Marittica”, il giovane Michele Lombardi, 30 anni, avrebbe “imposto a tutti i pescatori – riporta l’ordinanza – di vendere la merce al suo magazzino a prezzi ritenuti così bassi che preferiscono non lavorare”. Lo sfogo di una vittima: “Le barche non ci vanno più a lavorare… le barche non ci vogliono andare più a lavorare, le carecchie (canestrelli) a due euro… le carecchie a due euro… lui… ha pagato alle barche, alle barche le carecchie a due euro… le barche dicono non vale più la pena andare a lavorare… noi a Nat… noi in questi periodi qua abbiamo avuto sempre le carecchie a cinque euro… le noci le abbiamo avute a quindici euro… le noci a nove euro a dieci euro… le carecchie a due euro… i frutti non li vuole fare più nessuno… non ci vanno più nemmeno a lavorare… qua è meglio che facciamo festa che non a lavorare… dice portatemeli tutti quanti a me e io ve li do a voi… e ma soldi non ne vuole dare, le barche non le vuole pagare…”.
Un quadro a tinte fosche quello tracciato da DDA e Arma dei Carabinieri in “Omnia Nostra”, sarà compito del prefetto di Foggia Carmine Esposito vigilare affinché la città non ricada negli errori del passato.