Spazzare via chiunque provi ad ostacolare la loro scalata al potere. Questo racconta la storia del clan dei montanari Li Bergolis-Miucci che fin dal 1978 fa cadere i rivali come pedine degli scacchi. Dopo aver sterminato le famiglie Primosa-Alfieri, avversari nella guerra per il controllo di Monte Sant’Angelo, la sete di sangue e potere dei Li Bergolis-Miucci, detti i “Calcarulo”, vuole ora azzerare anche i Lombardi-Ricucci-La Torre, gruppo criminale nato dalle ceneri dell’organizzazione un tempo retta da Mario Luciano Romito, il boss ucciso nella strage di San Marco in Lamis del 9 agosto 2017.
Il 21 marzo scorso è caduto Francesco Pio Gentile detto “Rampino”, 51 anni, steso con una fucilata alla schiena sotto casa sua a Mattinata. L’11 novembre a Macchia Libera è toccato a Pasquale Ricucci detto “Fic secc”, 45 anni, elemento di spicco del neonato clan, figlio di Giovanni Ricucci, uno dei primi morti ammazzati della guerra tra Li Bergolis e Primosa.
Un tempo il macchiaiolo Ricucci era legato proprio ai montanari, anche per questioni parentali. Poi passò al fianco dei figli di Ciccillo u’ matinatese, ovvero Franco e Mario Luciano Romito, uccisi rispettivamente nel 2009 e nel 2017. Ricucci e i due Romito furono arrestati nel 2004 insieme al sannicandrese Francesco Giovanditto durante un blitz contro la mafia del promontorio. Si nascondevano in alcuni casolari nelle campagne di San Marco in Lamis e, anche se armati, furono bloccati dalla repentina operazione messa a segno dai militari dell’Arma. I carabinieri sequestrarono diverse armi, tra cui una pistola calibro 38, nascosta nella giacca di uno dei quattro e una calibro 9, occultata sotto il materasso. Di recente l’azienda agricolo-casearia di Giovanditto, con sede a Manfredonia, è stata raggiunta da interdittiva antimafia.
“Fic secc” era ormai il nuovo boss della zona tra Manfredonia, Mattinata e Monte Sant’Angelo assieme al suo storico compare Matteo Lombardi detto “A’ Carpnese”, 49enne detenuto a Voghera e attualmente sotto processo con l’accusa di aver ucciso “l’Apicanese” Giuseppe Silvestri.
Ricucci e Lombardi facevano coppia fissa e detenevano il controllo delle estorsioni soprattutto nell’area di Manfredonia dove bussavano a cantieri e attività commerciali per incassare il pizzo. Cifre spesso esorbitanti, riscosse dal loro “garzone”, Pietro La Torre, 37 anni detto “U’ Montanar”. Negli anni La Torre ha scalato posizioni nelle dinamiche criminali del Gargano tanto da essere ormai individuato al vertice del clan insieme ai due compari più esperti. Da marzo scorso La Torre è desaparecido. Dovrebbe scontare una condanna definitiva ma si è dato alla macchia e la “Squadra Stato” non è ancora riuscita nell’intento di rintracciarlo.
Ma La Torre adesso scappa soprattutto dalla ferocia dei Li Bergolis-Miucci, oggi guidati da Enzo Miucci detto “U’Criatur” e da suo fratello Dino. Oltre a “U’ Montanar” anche altri elementi gravitanti nel gruppo del defunto Ricucci potrebbero finire nel mirino dei nemici. Sarebbe il clan dei montanari a tenere in mano il sanguinoso gioco della guerra tra clan, scoppiata per dominare i traffici di droga nell’asse con Colombia e Olanda.
Furono i Miucci, stando alle carte giudiziarie, a placare la voglia di vendetta di Giovanni Caterino detto “Giuann Popò”, da tempo in carcere con l’accusa di essere il basista della strage di San Marco in Lamis. A inizio 2018, Caterino progettava di uccidere proprio Ricucci per vendicare un tentato omicidio ai suoi danni.
“Popò” era convinto che “Fic secc” e alcuni foggiani (uno di questi, il “morettiano” Massimo Perdonò, è stato arrestato proprio per questo episodio) avessero provato ad ammazzarlo il 18 febbraio 2018 per vendicare la morte di Mario Luciano Romito. Solo il carisma dei due Miucci fermò i bollori di Caterino. Non era quello il momento per far scorrere altro sangue. L’ora di Ricucci non era ancora giunta. (In alto, Enzo Miucci e il luogo dell’agguato a “Fic secc”; sotto, il cadavere di Francesco Pio Gentile, Matteo Lombardi, Pasquale Ricucci e Pietro La Torre)