Boss del Gargano, stangata finale della Cassazione. La vittoria della procura foggiana

di F.P.

La sentenza della Corte di Cassazione (numero 31334, 16 maggio 2017) ha confermato le responsabilità dei maggiori boss del Gargano arrestati nell’operazione “Ariete”. Occhi puntati soprattutto su Francesco Scirpoli, Mario Luciano Romito (quest’ultimo ucciso nella strage di San Marco in Lamis), Francesco Pio “passaguai” Gentile e Antonio “Baffino” Quitadamo, ideatori dell’assalto al portavalori IVRI tra Mattinata e Vieste. La Cassazione ha rigettato, ritenendolo inammissibile, il ricorso dei legali. Inizialmente, infatti, il Tribunale di Bari ritenne che la data prescelta per commettere la rapina non fosse quella del 30 novembre 2015 (data della cattura) “e che gli atti preparatori monitorati dalla P.G. e pacificamente attribuibili a tutti gli indagati (ad eccezione di Iannoli) – si legge sulla sentenza – non avessero ancora raggiunto la soglia del tentativo punibile”.



A Francesco Scirpoli era stata applicata la misura cautelare per il reato di tentata rapina di cui agli artt.56, 110, 628 co.3 c.p. ai danni del furgone portavalori della ditta IVRI. All’uomo, che per gli inquirenti ricoprirebbe il ruolo di luogotenente del clan Romito a Mattinata, sarebbe attribuita tutta l’organizzazione di quell’assalto, poi fallito grazie al lavoro dei carabinieri. Scirpoli si sarebbe occupato dell’individuazione del tratto di strada di passaggio del furgone portavalori, e del luogo per l’appostamento. Inoltre si sarebbe occupato dell’approvvigionamento di una pala gommata (con la quale erano state effettuate anche le prove di sfondamento su altro furgoncino), dell’attività volta a bonificare i veicoli, dell’ideazione e approntamento di metodiche d’assalto nonché di quelle relative alla fuga e al depistaggio, dell’approvvigionamento di armi anche da guerra e di maschere per occultare i volti e, infine, dell’individuazione di un nutrito gruppo di persone da impiegare nelle fasi esecutive (undici da impiegare suddivise in due gruppi).

Ma per il Tribunale di Bari era solo un progetto, lontano dall’essere portato a compimento: “Attività preparatoria non tale da assurgere a livello di tentativo punibile”. Ma il ricorso del Procuratore della Repubblica contro questo provvedimento ha trovato riscontro dai giudici della Cassazione. Inutile il tentativo del difensore dell’indagato (avvocato Berardino Arena) che inviò a mezzo posta elettronica certificata, il 15 maggio scorso, presso la Suprema Corte una memoria difensiva chiedendo il rigetto del ricorso. La Corte di Cassazione ha rilevato inammissibile la memoria difensiva inviata a mezzo PEC, “dando seguito – si legge ancora – al condivisibile orientamento secondo cui è inammissibile la presentazione di memorie, in sede di legittimità, mediante l’uso della posta elettronica certificata (PEC)”. Secondo la Cassazione, Romito, Scirpoli e gli altri erano ormai pronti a colpire. Tutto già definito e concordato. Solo l’attività investigativa sventò quel colpo milionario. E ora, gli uomini coinvolti in “Ariete” sono in attesa di conoscere le sentenze di condanna. I giudici della Cassazione hanno così attestato la vittoria della procura foggiana ed in particolare del pm, Rosa Pensa, da anni impegnata nella lotta ai clan garganici.

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