Libero per un banale errore formale. Roberto Sinesi è stato dunque scarcerato a causa di un grossolano “copia e incolla” del giudice per le indagini preliminari che si è limitato a riportare in ordinanza, il contenuto della richiesta di arresto formulata dai pm della DDA di Bari. Identiche persino le note a piè di pagina.
Quindi Sinesi ora è libero, tornato alla sua attività principale, quella di gestore della ditta di pompe funebri “Angeli” in via San Lazzaro a Foggia. Ma chi è Roberto Sinesi? Nella richiesta dei pubblici ministeri, il 54enne boss “è ritenuto capostipite della famiglia Sinesi oltre che uno dei vertici storici della Società Foggiana (probabilmente al pari di Rocco Moretti, anche lui tornato di recente in libertà, ndr) già condannato per mafia nei processi Panunzio e Day Before”. Padre di Francesco Sinesi, quest’ultimo con diversi pregiudizi di polizia e suocero di Antonello Francavilla, altro elemento di spicco del clan, Roberto Sinesi detto “lo zio” è uno dei grandi capi della mala foggiana. La sua ascesa al potere risale al 1990, dopo l’uccisione di Gerardo Agnelli, detto “Professore” e il ferimento di Michele Mansueto, i primi boss della “Società” assieme a Rocco Moretti e Giosuè Rizzi.
Fu quel periodo agli inizi degli anni ‘90 – secondo i magistrati della DDA – il momento in cui l’organizzazione foggiana fece registrare un significativo ampliamento degli scopi associativi: alla tradizionale, ma sempre redditizia, gestione monopolistica del traffico di stupefacenti, si associò, infatti, una fiorente e altrettanto lucrosa attività estorsiva. A conferma della sua vocazione affaristico imprenditoriale, l’associazione mafiosa foggiana riversò, fin da subito, le sue attenzioni sui fondamentali poli strategici dell’economia dauna: la produzione del pomodoro e l’attività edilizia.

Nel 1992, mentre la nazione era sotto choc per gli agguati mortali ai giudici Falcone e Borsellino, Foggia piangeva Giovanni Panunzio, imprenditore edile che si ribellò al racket delle estorsioni. Panunzio, ricordato ogni anno il 6 novembre, venne ucciso da Donato Delli Carri (nipote di Roberto Sinesi) ritenuto l’esecutore materiale dell’omicidio, reato per il quale fu riconosciuto colpevole e condannato. Il processo si concluse in Cassazione il 13 ottobre 1999 con il primo riconoscimento definitivo della Società Foggiana e delle sue batterie come vera e propria organizzazione di tipo mafioso. Il famoso processo “Panunzio”.
Il 10 maggio 2003 l’operazione antimafia “Araba Fenice” diede una bella mazzata all’organizzazione: 23 esponenti della batteria guidata dallo “zio” vennero arrestati per associazione mafiosa, omicidi, estorsioni, armi e droga. Il processo si concluse con il definitivo riconoscimento del ruolo di primo piano che il clan aveva ormai assunto all’interno della Società Foggiana.

Negli anni, tra alti e bassi, il clan Sinesi-Francavilla ha potenziato la propria presenza nel capoluogo dauno, intessendo affari con centri dell’Alto Tavoliere come San Severo e Poggio Imperiale e alleanze con la ‘ndrangheta calabrese, grazie ai rapporti tra lo stesso Roberto Sinesi e Franco Coco Trovato, quest’ultimo esponente di spicco della cosca De Stefano/Papalia. “Oggi – scrivono i pm -, il clan Sinesi-Francavilla si compone di una moltitudine di adepti dediti a compiere i reati più variegati”.
Infatti, negli ultimi anni le varie scarcerazioni hanno riportato in vita le ambizioni di Sinesi e soci. Lo dimostra la recente operazione contro il racket del pomodoro. Il clan, esattamente come 25 anni fa, era tornato a taglieggiare gli autotrasportatori che scaricavano merce presso la ditta Princes. Le estorsioni avvenivano quasi sempre nel parcheggio dinanzi allo stabilimento. Un business illecito scoperto dagli uomini della questura di Foggia. Ma la brillante operazione, portata a termine dagli inquirenti solo poche settimane fa, è già stata vanificata da un errore giudiziario che ha riportato in libertà tutti gli arrestati ad eccezione di Luciano Cupo e Stefano Biscotti, coinvolti in altri procedimenti.
Liberi e rivali
La scarcerazione di Roberto Sinesi segue quella di Rocco Moretti detto “il porco”, tornato libero ad aprile scorso per decorrenza dei termini di carcerazione preventiva nell’ambito del processo “Cronos” (LEGGI: storia dei Moretti-Pellegrino e rivalità coi Sinesi). Era infatti trascorso il tempo massimo di tre anni dalla condanna di primo grado, senza essere arrivati a quella in Appello. Attualmente i maggiori capi della criminalità locale sono in libertà, un brutto segnale per la città di Foggia viste le recenti tensioni proprio tra Sinesi-Francavilla e Moretti-Pellegrino.