Sono trascorsi dieci anni da quando, nel 2004, fu organizzata la prima edizione di una Borsa del Turismo Religioso in Puglia: un decennio che ha visto maturare un deciso cambio di posizionamento strategico della regione nei mercati internazionali, ma anche l’affermarsi di decisi mutamenti di scenario, di cui vale la pena ricordare:
– l’affermarsi dei voli low cost e, conseguentemente, delle modalità di consumo turistico, con incidenza sulla permanenza media (long weekend) e sulla spesa media;
– l’imporsi delle nuove tecnologie di comunicazione, con nuovi sistemi di prenotazione on line che hanno radicalmente modificato le scelte di destinazione, inducendo la decadenza delle agenzie di viaggio e – contemporaneamente – il fiorire dell’ospitalità extra-alberghiera;
– l’avvento dei social media, con la loro accelerazione: il tempo del selfie rappresenta il nuovo canone di esperienza turistica, orientata dal protagonismo e da un certo edonismo consumeristico camuffato da sentimento di condivisione.
Tutti fattori che – insieme all’insorgere di politiche di austerità economica e finanziaria – hanno inciso con modifiche profonde anche nel mondo delle fiere e delle borse turistiche. Oltre il radicale cambio di paradigma dell’intermediazione professionale, che ha indebolito le formule B2B, sono tramontati i modelli di rappresentanza delle destinazioni, sempre meno inclini a investire in allestimenti, a favore di politiche di branding on line e di eventi “fuori salone” che vanno progressivamente indebolendo l’intero sistema fieristico.
Non appare un caso siano tramontate tutte le esperienze nate nel decennio, non solo in Puglia, da “Aurea” a “Bitrel”, da “Oropa” al “Cammino dello Spirito”, fino al “Josp Fest” della pur autorevole Opera Romana Pellegrinaggi.
D’altra parte è di tutta evidenza come la domanda turistica sia alla ricerca di nuovi orientamenti, in grado di restituire un nuovo senso del viaggio, basato sull’esperienza, in una rinnovata ricerca di autenticità, di fattori emozionali e sorprendenti, di recupero delle matrici culturali e di luoghi inusuali, lontani dalla massificazione e intrisi di spiritualità.
Da questo punto di vista, il segmento turistico collegato a motivi devozionali – o più genericamente spirituali – non soltanto continua ad avere un messaggio da offrire ma appare decisamente anticiclico, con trend in continuo aumento. Il peso economico di chi viaggia con queste motivazioni è essenziale: sono 40 milioni di persone che contribuiscono in modo fondamentale a destagionalizzare, riscoprendo peraltro mete secondarie. Ed è un fenomeno multiforme: l’aspetto spirituale è soltanto uno dei tasselli che ciascuno può inserire all’interno di un viaggio o una vacanza, del resto dedicati ad attività prettamente ricreative, non certo banalmente inquadrabili nei tradizionali pellegrinaggi.
Gli ultimi dati certi rimangono quelli diffusi dall’Organizzazione Mondiale del Turismo che, insieme ai numeri offerti dall’Isnart, l’Istituto nazionale ricerche turistiche, offrono il senso di un mondo del travel salvato dai moderni pellegrini, in particolare cattolici. La recente occasione della duplice canonizzazione di Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII (domenica 27 aprile 2014) la Coldiretti è tornata sul punto, stimando un valore di cinque miliardi di dollari la domanda di questo segmento per l’Italia (in particolare per Roma, capitale del Cattolicesimo e riferimento dell’ecosistema confessionale cristiano con 7 milioni di presenze annuali): un genere di visitatori che rappresenta l’1,5% dei flussi turistici complessivi nel nostro Paese e appartiene a ogni fascia d’età: lontani dagli stereotipi del pullman parrocchiale pieno di anziani diretti ad un Santuario, il 41,4% di chi viaggia per fede ha fra i 30 e i 50 anni.
Va anche registrato un “effetto Bergoglio”: il nuovo Santo Padre è stato evidentemente il fenomeno del periodo: il 4% dei vacanzieri presenti in Italia nel corso dei ponti primaverili è in qualche modo legato a un viaggio religioso e ha visitato e continuerà a visitare fino al prossimo fine settimana non solo Roma ma anche Assisi, Padova, Pompei, Loreto, Oropa, San Giovanni Rotondo e Cascia. E molte altre località, perché il potenziale di crescita per l’Italia è enorme: le tradizioni e la cultura religiosa nel Bel Paese, con la presenza di importanti Santuari di riferimento per itinerari spirituali, non hanno eguali nel mondo.
Tra questi si inseriscono a pieno titolo le vie Francigene, reduci dalle recenti celebrazioni per il ventennale del riconoscimento come Itinerari del Consiglio d’Europa avvenuto nel 1994 e oggi pronte ad estendersi verso Sud, in direzione della Puglia e della Terra Santa. I dati raccontano che il 60% dei viaggiatori che scelgono questi percorsi è straniero (45,3% europeo, 14,7% da oltre i confini del vecchio continente) e che il ruolo del “pellegrino” è doppiamente importante per la redditività del comparto: pur non essendo un cosiddetto high spender (spende in media 51 euro al giorno), sceglie la bassa stagione – contribuendo più di ogni altro segmento a destagionalizzare il settore – e premia l’Italia “minore” e l’entroterra, legandosi ad altri punti forti dell’offerta italiana come il paesaggio, la ruralità, l’ecologia e l’enogastronomia.
Per far incontrare questi mondi, a fine novembre incroceranno i loro destini tre autorevoli manifestazioni: BITAC, la Borsa Italiana del Turismo Associativo e Cooperativo, Vie Sacre Experience, l’esposizione dedicata ai Percorsi e alle Manifestazioni del Sacro e gli “Stati Generali” delle Vie Francigene nel sud.
Tre momenti che vedranno protagonisti autorità pubbliche, ecclesiastiche, associative e d’impresa, tutti finalmente insieme, in cammino.
Appuntamento dal 27 al 30 novembre. Segnate le date in agenda…