“Light is not here just to shine, it’s here to leave a sign”. Tutto inizia con “Light”, la prima di 10 tracce di un percorso intitolato “Signs”. Un album disseminato di segni, firmato SKW, gruppo milanese attivo da ben due decadi nel panorama metal italiano e che strizza l’occhio all’America. Qui la staticità diventa utopia e il dimenarsi compulsivo della testa, su note graffiate da una voce performante,ne è la prova.Un vortice esterno che in “Amnesia” coinvolge pensieri a spirale, esortati da un sibilato “changeyourmind”. Siamo davanti alMetal che guarda al futuro, che si sperimenta in “Signs” e in “A new D-sign”, che diventa melodico, per poi tornare esplosivo. Che non dimentica il passato e lo reinterpreta omaggiandolo (“Red Sector”, cover dei Rush).
“Signs”, segni come onde mosse dal vento. Si infrangono sulle vite edopo averle modellate, anche in modo impercettibile, si ritirano. Eventi che “rivelano” l’aspetto più profondo del reale. “Rivelare” come mostrare e come velare di nuovo.
Quello degli SKW è un album che trasuda vita e lascia il segno,
tra i segni nascosti di un artigiano silenzioso. Beffardo.
Un disco che parla da solo…
Noi abbiamo parlato con chi l’ha scritto.
E anche lui, ammazza quanto parla!
Ciao Marco Laratro degli SKW! Innanzitutto devi spiegarci un po’ di cose. Partiamo dal nome del gruppo.Premesso che non è un insulto e che non avete scelto lettere a caso…cosa vuol dire? E poi, si legge essekappawù? Oppure, visto il respiro internazionale della vostra musica, va letto in inglese?
Puoi leggerlo come ti pare, basta usare le lettere CORRETTE. Non hai idea di quante volte sia stato storpiato in SKV, SKD…addirittura SK2, manco fossimo degli scalatori! In realtà il nome originale della band era SKYWALKER, con un chiaro omaggio all’eroe di Star Wars. All’epoca della firma del nostro primo contratto con la Adrenaline Records, nel 1999, ci fu caldamente consigliato di evitare potenziali rischi sul copyright e così l’abbiamo cambiato nell’acronimo che già usavamo tra di noi. Inoltre SKW suonava già più duro e diretto, come era appunto il suono del nostro esordio discografico.
In 25 anni avete fatto 5 album…vi ispirate alle tempistiche dei bradipi osi può dire che prendete tempo per ragionarci su?!
Ad essere sinceri, il primo album è datato 1999, quindi una media di un album ogni tre anni, non troppo male direi.
Io ero partita dal 1992, anno di formazione del gruppo.
I primi dieci anni della band sono stati gli anni della vera gavetta fatta di demo tapes (ben 3 cassettine, altri tempi) e infinite prove. Io mi sono unito alla band solo, per così dire, nel 1996 e diciamo che sono arrivato quando il gruppo era già maturo e pronto per un contratto con un’etichetta indipendente, avvenuto appunto nel 1999.
Ora è tutto chiaro. Cristallino direi,a differenza dei segni – tema imperante del vostro disco – che non sempre lo sono…
Nello scorrere della nostra vita quotidiana a volte si verificano fenomeni inaspettati e sorprendenti che rompono il normale flusso degli eventi. Qualcuno parla di coincidenze, forse sono segni che delineano il nostro cammino.
E’ una citazione di qualcuno?
No, è mia, così come impostazione, testi e senso del disco. Un paio di brani li ha scritti SimoneAnaclerio, il chitarrista, ma comunque su mia indicazione. Diciamo che io ho dato il titolo come un prof e lui ha fatto lo “svolgimento” J E’ la prima volta però che dedichiamo così tanta attenzione ai testi.
E quindi sto chiacchierando col frontmanprof di un gruppo di metallari! Io, ti confesso, i metallari non li ho mai ascoltati troppo…in realtà, quand’ero giovane, a stento li sopportavo. Sarà stata quellamania di riunirvi e urlare come invasati (nemmeno foste in un mercato a vendere frutta)…per non parlare dei capelli lunghi che circoscrivono facce incazzate…Stavolta, però,mi son detta “diamogli una chance, povere bestie”. Poi voi avete anche tagliato i capelli!
Lo stereotipo del metallaro al giorno d’oggi è assolutamente sdoganato, Recentemente anche il Vasco nazionale ha detto di voler dare una svolta Metal alla sua carriera! Noi in realtà ci siamo sempresentiti, prima di tutto, degli amanti della musica, anche se non ti nascondo che a 20 anni essere capelloni e sentirci parte di una sorta di setta aveva il suo fascino.Hai centrato il punto però sul taglio dei capelli, con un tempismo incredibile. Mentre noi parliamo,il nostro chitarrista Simone ha appena detto addio alla sua chioma che era intaccata da almeno 20 anni!
Allora facciamo un saluto corale a Simone…ti siamo vicini! Ma passiamo a questo nuovo album uscito a maggio. Un concept sui segni…
Non è un vero e proprio concept, ma i segni sono sicuramente il filo conduttore dell’album, con un’accezione che varia da toni più cupi, come l’ineluttabilità dei segni di una morte che ti insegue, nel brano “The FinalDestination”, fino ad una visione più positiva in brani come “Light”.
Ok, ma cosa sono per te i segni? Hanno a che fare col Caso? Col destino?
Ti rispondo di nuovo con un estratto del brano Signs. “I segni sono attorno a noi, a volte più evidenti, alle volte un po’ meno.Disegnano in qualche modo il nostro cammino, il nostro destino.Sta a noi però unire i puntini e delineare il nostro personale percorso”. Il brano è una sorta di inno all’apertura mentale, un invito a cogliere i segni che ci circondano e a leggerli/interpretarli come un grande disegno che è però solo abbozzato.
Hai preso spunto da quel genio di Steve Jobs? Anche lui parla di “unire i puntini” (“connecting the dots”), dicendo che i significati delle cose che ci accadono ci diventano chiari solo in prospettiva…quindi sei d’accordo col milionario?
Jobs è sicuramente un’icona della nostra era nonchè un mio personale idolo. Condivido di gran lunga le sue visioni. In merito all’interpretazione che citavi, direi che è assolutamente centrata con il testo della titletrack SIGNS.
Ho vinto 100 puntini da unire! Scherzi e puntini a parte…tu sei religioso? I segni servono a sopperire una mancanza di religiosità oppure il cercarli, il conferire loro dei significati sottende forse una ricerca di sicurezza? Quasi a voler trovare esternamente una conferma “divina” o comunque trascendentale delle nostre azioni terrene (aiuto, che cosa ho chiesto?!).
Aspettavo il momento Marzullo…ed è arrivato! Sono religioso a modo mio. Diciamo che, senza caricare di troppi significati il disco, alla fine di tutto…
it’s only rocknroll, but I like it!
Cosa c’è di diverso rispetto ai lavori precedenti? Si può dire che sia meno di nicchia, più fruibile? (in pratica avete smesso di fare gli “snob” e vi siete aperti al mondo…)
(Non risponderò alle tue provocazioni!) Signs è il figlio diretto di un processo di crescita musicale che avevamo già iniziato con il precedente “Numbers”. La grossa differenza con il passato è stato l’approccio al songwriting più maturo, con un obiettivo molto chiaro in testa: produrre della musica che proponesse un sound potente ma con grande attenzione alle melodie e che risultasse comunque assolutamente personale. Secondo noi ci siamo riusciti, ci troverai dei richiami ad altre band del nostro genere, ma l’impronta SKW che siamo riusciti a produrre è chiaramente riscontrabile in ogni brano del disco. Gran parte del merito va al nostro produttore Frank Andiver che, mai come in questo album, è stato il vero componente aggiunto della band.
Il tour?
Abbiamo fatto qualche data di rodaggio, ma inizieremo seriamente solo dopo l’estate girando un po’ tutta l’Italia e con delle tappe previste in Spagna a novembre e in UK nella prossima primavera.
Avrete anche le groupies a seguito?
Il tempo delle groupies è passato da un po’, siamo tutti ammogliati e fra pochissimo avremo anche il primo baby SKW ad opera del batterista!
Bello, i metallari si moltiplicano! Toglimi una curiosità. Ormai suonate insieme da parecchio tempo. Come fate a sopportarvi ancora? Il motivo per cui non siete più dei capelloni è perché ve li siete tirati a vicenda?
Sarò retorico… ci unisce la passione per la musica degli SKW. In così tanti anni abbiamo avuto alti e bassi e dei momenti di tensione, ma come una vera famiglia siamo sempre riusciti a superarli e veicolarli in energia da utilizzare nei nostri show e nei nostri dischi.
Sono quasi commossa. Metallari dal cuore di panna! Ma per mantenere la “famigghia” fate altri lavori? Quali sono le vostre coperture?
Tocchi un tasto davvero dolente. A tutti noi piacerebbe vivere di musica, ma oggi è un sogno difficilissimo da realizzare. Il muzicbiz non è mai stato così duro da scalare come in questi anni. In aggiunta, la nostra proposta musicale non ha facile diffusione in un paese che vive di tradizione sanremese e reality. Quindi la risposta è sì, lavoriamo tutti, più o meno abbiamo a che fare con i computer… ci paghiamo il mutuo insomma, oltre a nuove chitarre e amplificatori.
Marco, ma tu…ma quanto ti senti figo quando sei sul palco?
Eddai! Il palco permette di tirare fuori la mia reale identità di entertainer, braccia rubate a Zelig, oserei dire! Mi diverto moltissimo! Ma non è sempre facile…
C’è una cosa che ti infastidisce quando sei lassù a cantare?
Sì, il pubblico “seduto”.
Quello che ti studia e analizza la performance dal suo tavolino e non pensa a godersi la serata. Per carità, il più delle volte sono persone che a fine concerto si avvicinano e ti fanno i complimenti comprando anche CD e magliette. Ma l’energia di un pubblico spensierato che pensa solo a ballare e saltare per tutto lo show, cosa che ho visto all’estero, è troppo bella per accontentarsi poi di altro.
“Estero” è la tua parola ricorrente! Sei/siete per caso fissati con l’America?
Un tantino! La nostra però è tutta invidia per la loro storia del rock e per le opportunità che offre per chi suona il nostro genere. Questo è il motivo per cui ci andiamo spesso in vacanza e vi abbiamo girato anche un videoclip in passato, per l’esattezza ad Hollywood! Non ti nascondo che più volte ho masticato amaro di fronte a vecchie recensioni che commentavano i nostri dischi con frasi del tipo: “se fossero una band californiana avrebbero avuto sicuramente altro successo” e cose di questo tipo. Nextstep: un vero tour USA!
Noto che sia tu che i tuoi compari siete, come dire… in forma, in GRAN forma! Insomma, vi piace ‘a magna’!
Effettivamente siamo tutti delle buone forchette! Tanto per citarti un aneddotto, una volta ci è capitato di vivere una scena alla Blues Brothers, solo che il gestore del locale non si lamentava del consumo eccessivo di birra, ma di una cena esagerata!!!
Oltre alla musica rock/metal ti nutri anche di altri generi?
Spazio abbastanza. Ammiro molto Bjork, SigurRos, Daft Punk, Bublè…solo per citare i miei ultimi ascolti. Senza contare che sono cresciuto con Michael Jackson e Samantha Fox!!!
E cosa mi dici dei musicisti italiani? C’è qualcuno che stimi?
Qui la questione diventa complicata. Sono purtroppo un grande esterofilo. Il problema è che in Italia non abbiamo una vera tradizione Rock. Sapresti dirmi un vero INNO rock italiano?La cosa che ci va più vicino secondo me è VAGABONDO dei Nomadi (e ho detto tutto) oppure qualche brano dei soliti Vasco o Ligabue. Prova a fare la stessa domanda ad uno statunitense o inglese e trattieni le lacrime se riesci. Da giovane amavo moltissimo i Litfiba degli esordi, oggi stimo solo i tanti musicisti che ho conosciuto in giro e che si fanno un mazzo per cercare di tirare fuori dall’anonimato una proposta musicale differente.Ti porto l’esempio dei Lacuna Coil, band Gothic Metal italiana famosa davvero in tutto il mondo. Ebbene, faranno 150 concerti in un anno, ma qui in Italia van bene se suonano 2 tappe con un decimo del pubblico che hanno in USA o Sud America.
2 libri e 2 film consigliati da Marco degli SKW?
Sono un po’ un nerdazzo perciò ti cito “Player One” di Ernest Cline e la biografia di Jobs visto che l’hai anche citata prima. Il primo è un fighissimo romanzo che mescola videogames, miti anni 80, realtà virtuale con un target che più nerd non si può. Il secondo perché mi ha invece presentato uno Steve più “umano”. Per i film direi assolutamente “The Final Destination”, che è anche il titolo di un brano del disco. Abbiamo voluto rendere omaggio all’omonima saga di cui tutti noi SKW siamo fan sfegatati: l’ultimo episodio l’abbiamo visto assieme al cinema con gli occhialini 3D e standing ovation finale! Due però son troppo pochi! Te ne butto lì uno solo perchè mi ha fatto impazzire da ragazzino e recentemente sono stato a visitarne i luoghi in cui era girato: “I guerrieri della notte”, capolavoro ambientato a New York e in particolare a Coney Island.
Non sei andato a Roma al raduno dei metallari? C’erano i Metallica se non sbaglio. Non avete aperto concerti questa volta?
Avevo un conflitto in agenda… Certo, rivivere l’emozione di quando abbiamo diviso il palco con il loro bassista per una Jam sarebbe il top!
Si sa che i gruppi sono sempre ben assortiti..e il vostro non sarà da meno. Descrivi con un aggettivo ogni componente del gruppo, senza farli incazzare!
Questa è facile! Ti rispondo direttamente con i nostri nick. Li usiamo solo all’interno della band. Io sono “Il Piacione”: il cantante frontman entertainer non può che essere tale. Simone Anaclerio, il chitarrista, è “Il Pazzo”: dovresti assistere ad un nostro live per capire dalle facce che fa quanto sia azzeccato il nick. Giancarlo Piras, il nostro drummer, è “il Colombiano”: ha un colorito che in estate ti fa dubitare delle sue reali origini. MirkoVoltan, il bassista, è “Il Glaciale”: prende questo soprannome per il colore dei suoi occhi azzurrissimi…quasi glaciali!
Munirsi di penne, matite, occhi… e unire i puntini.
Signs!