“Per la prima volta, oggi, si celebra la Giornata mondiale del rifugiato, proclamata dall’Assemblea generale delle Nazioni unite. Questa Giornata ci offre l’opportunità di riconoscere lo straordinario coraggio e il contributo dei rifugiati, quelli di oggi come quelli del passato, che continuano a perseverare nonostante abbiano perso tutto, tranne la speranza”. Con queste parole Kofi Annan segretario generale delle Nazioni Unite commentava l’istituzione nel 2001, da parte dell’Assemblea generale, della prima Giornata mondiale del rifugiato. In quell’anno si celebrava il cinquantenario della Convenzione del 1951 che contiene i principi fondamentali sulla protezione dei rifugiati e ed il decalogo dei diritti fondamentali di chi è costretto a fuggire dalla guerra, dalla violenza e dalla persecuzione. Il 20 giugno è stato scelto per dare continuità e portata planetaria ad un evento che già si celebrava in Africa, l’African refugee day. Il popolo dei rifugiati è uno solo ed appartiene al mondo. Un popolo di cinquanta milioni di persone.
Anche Avvocato di strada ha celebrato la Giornata, riconfermando il proprio impegno in favore dei rifugiati e richiedenti asilo ed auspicando un miglioramento del sistema di accoglienza e delle procedure di richiesta di protezione internazionale. Un semplice post su facebook per sensibilizzare e ricordare l’importanza della ricorrenza. Un gesto semplice che tuttavia ha alle spalle il grande impegno che i volontari hanno profuso negli anni.
Molto è stato già fatto. Più di trecento casi nel 2013. Dopo l’emergenza Nord-Africa gli avvocati hanno continuato ad offrire supporto ed assistenza legale gratuita ai richiedenti asilo giunti attraverso Lampedusa ed altre frontiere. Il bisogno si è manifestato in una fase preliminare, quella fondamentale dell’audizione alla Commissione territoriale, in cui si concentrano le più grandi paure ed incertezze dei richiedenti, e in un momento successivo, nella complessa fase di ricorso avverso la decisione della stessa.
Molto c’è ancora da fare. Anzi moltissimo. La sfida più grande comincia ora. La questione dei rifugiati non può più essere guardata attraverso la lente dell’emergenza. Occorre dare risposte di futuro e possibilità di integrazione alle persone che arrivano nel nostro Paese e dove inevitabilmente sono costrette a vivere. Restano in Italia per anni in attesa di una decisione sul proprio caso, non possono scegliere perché così e deciso dal Regolamento di Dublino. Il paese di prima accoglienza ha la responsabilità di farsi carico della procedura e di portarla a termine. Poi, finita la prima accoglienza, quella che assicura al rifugiato o al richiedente di avere una rete abitativa e di servizi per tutto il tempo della procedura, la maggior parte si ritrova in strada. I più fortunati riescono a sistemarsi in ripari di fortuna. Gli uni e gli altri restano privi della possibilità di accedere alla residenza anagrafica, il primo passo verso un inserimento sociale e lavorativo.
Il dovere di accogliere è un dovere morale. Un dovere morale che corrisponde ad un divieto, quello di respingere e mandare indietro le persone nei propri territori, in cui non possono professare la propria religione, o avere un’opinione politica, o essere donne o di un’altra etnia. Il divieto si specchia in un diritto. Chi fugge strappato alla sua vita ne cerca solo un’altra. Una nuova, per costruire e condividere una speranza, quella di cui parlava Kofi Annan. Avvocato di strada l’ha ricordato in occasione della Giornata ma non lo dimentica mai.