Un nome, un volto, segnato dall’alcool e dalla solitudine. Come lui tanti bussano alla porta del nostro piccolo ufficio a pochi passi dalla stazione. Quando la strada è diventata la tua casa rispondi alle sue leggi e porti con te tutta la rabbia della tua condizione, anche nel luogo in cui c’è chi è lì per ascoltare la tua storia. Non è facile gestire la tensione di incontri come questi. La tensione, il pathos, quello di ogni incontro tra due mondi sconosciuti, due “stranieri”, l’uno all’altro, che si osservano, si studiano. La paura alla vista di una lama che fa capolino dalla tasca. Da usare solo per difendersi, ti viene detto.
Poi c’è la diffidenza. La barriera più alta ma anche la protezione più spontanea. La scrivania che ci separa crea un’ulteriore inevitabile distanza, una definizione di ruoli e di posizioni anche questa inevitabile. Eppure, negli occhi, c’è una luce che non mente e racconta la verità di un bisogno, di un’attesa, di una possibilità. Una luce che acceca e non ti consente più di non vedere.
E allora vedi un uomo, come te. Vedi Costantin. Poco più che quarantenne, venuto dalla Romania anni fa, uno dei tanti, o meglio dei nessuno, verrebbe da dire. Uno di quei nessuno che non sono venuti in Italia a cercare fortuna con l’intento di delinquere né di imboccare scorciatoie per guadagnarsi da vivere. Costantin voleva lavorare per mantenere la sua famiglia in Romania. Una storia che ci è appartenuta e ancora ci appartiene, di cui però sembriamo non avere più memoria. Un lavoro riesce ad ottenerlo, ad Orta Nova, in un’impresa agricola, fa il bracciante. A nero ovviamente. Lavora e vive nel piccolo centro a lungo, ha una casa e tutto quello di cui ha bisogno. Il lavoro seppure illegale, gli permette una vita normale, lontano dalla strada dove molti suoi connazionali sono relegati.
Quando si lavora senza contratto, il lavoro lo si può perdere così, da un giorno all’altro. E Costantin lo perde, senza troppe spiegazioni. Lo spettro dell’emarginazione, del vagabondaggio e dell’alcolismo diventano realtà e comincia a vivere in stazione. Qui viene intercettato dai Fratelli della stazione ed indirizzato da noi “Avvocati”. Claudio, il nostro coordinatore se ne prende carico, per esperienza umana e professionale può fare più di noialtri.
La paura e la diffidenza lasciano spazio al dialogo, alla collaborazione. Insieme Claudio e Costantin riescono a rintracciare il vecchio datore di lavoro. Lo mettono spalle al muro, lo costringono ad un accordo attraverso la conciliazione monocratica. Il datore dovrà presentarsi all’ufficio del lavoro e pattuire con Claudio e Costantin la somma da restituire. Tuttavia, è solo una parte di tutto ciò a cui avrebbe diritto. Il datore potrà così evitare l’invio degli ispettori del lavoro nella sua azienda. Gli conviene accettare la proposta. Un compromesso che per Costantin vale tutto.
Cinquecento euro. Questo è il costo della libertà. Costantin organizza la partenza, fa le valigie e si lascia alle spalle tutto. Il vissuto di strada, i cerchi alla testa, la frustrazione e la violenza. Torna in Romania, dalla sua famiglia, nella sua casa, nel suo Paese. Torna in quel se stesso da cui è stato costretto ad uscire. Cinquecento euro. Per ricominciare.