Tempo di elezioni. Non votare, votare, chi votare? Quello che troppo spesso percepiamo come un onere, una fastidiosa periodica incombenza, è uno dei più preziosi diritti che la nostra Costituzione ci ha donato. Ci permette di essere dei cittadini, di poter partecipare alla vita della nostra comunità e ad incidervi con le nostre scelte. Un diritto che non tutti hanno. Oggi secondo l’Istat in Italia circa 50.000 persone vivono in strada. Tra i diritti civili che questa condizione nega loro c’è il diritto di voto, attivo e passivo. Le persone senza fissa dimora non hanno residenza anagrafica, non sono iscritte nelle liste elettorali, dunque semplicemente non esistono per lo Stato. La povertà è il discrimine tra chi può e chi non può esprimere il proprio voto.
L’affermazione del diritto all’elettorato attivo passa dunque attraverso la residenza anagrafica e la creazione di una via fittizia a cui intestarla. Per anni è stato l’obiettivo di una battaglia combattuta e vinta dalle associazioni Avvocato di strada e Fratelli della Stazione e dal suo giornale Foglio di via. Su sollecitazione delle associazioni e grazie all’impegno dell’allora assessore all’immigrazione Michele del Carmine, la giunta comunale Ciliberti il 5 aprile del 2007 deliberò in favore della “via” che rimase però inattiva per alcuni anni fino a che, con la successiva giunta Mongelli, cominciò a funzionare realmente. Corrado Pasquale Rizzi è stato il primo senzatetto a Foggia ad aver beneficiato della “Via della Casa Comunale” e dei diritti ad essa legati. Dopo di lui altri italiani hanno ottenuto la residenza anagrafica alla via. Informare e rilanciare l’importante funzione della via fittizia è l’obiettivo della petizione che le associazioni di volontariato impegnate con i migranti e senza fissa dimora hanno promosso all’interno della nona edizione della Giornata Interetnica-Festa dei Popoli che si è svolta domenica nella Villa Comunale. Le firme sono state raccolte per intitolare la via a Lassina Coulibaly. Colby per tutti. Una guida, un punto di riferimento sicuro ed affidabile per tutti i migranti, un interlocutore preparato e propositivo per tutta la comunità cittadina scomparso prematuramente lo scorso 11 marzo.
Il diritto di voto è una medaglia dal doppio volto. Il diritto di eleggere è indissolubile da quello di poter essere eletti, di candidarsi. Antonio Barbone. Professione barbone, appunto. Era questo il nome del candidato “fantoccio” che l’associazione Fratelli della Stazione attraverso il suo braccio stampato Foglio di via idearono e proposero alle scorse elezioni amministrative. Un candidato di fantasia con tanto di programma, quello, reale. Dieci i punti. Tra questi, l’apertura di un dormitorio comunale pubblico, la creazione di uno spazio con docce e bagni pubblici, l’istituzione di un Centro diurno per attività formative e ricreative e di un Centro d’informazione per l’accesso al lavoro. In favore dell’elettorato passivo dei migranti, l’istituzione del consigliere comunale aggiunto per gli stranieri, un punto del programma che Antonio Barbone ha lasciato in eredità a tre donne, tra cui i migranti sono stati invitati a scegliere all’interno di un seggio allestito alla Festa dei Popoli. Le richieste del programma, la maggior parte inascoltate, sono state riproposte all’attenzione dei candidati sindaci alle attuali amministrative dalle associazioni Avvocato di strada, Fratelli della Stazione e Foglio. Non resta che attendere per scoprire se finalmente la nostra città darà una chance di riscatto e di crescita agli emarginati, e, a se stessa.