“Quando si tratta di un affidamento diretto della politica si grida allo scandalo, quando lo fa un rettore si tace”. Giuseppe Mainiero, consigliere comunale di Fdi, che dell’Ateneo di Foggia è stato per molti anni membro del consiglio di amministrazione, punta il dito contro l’affidamento diretto in qualità di portavoce a Davide Grittani, giornalista in aspettativa dalla Gazzetta del Mezzogiorno, nominato da Maurizio Ricci, rettore dell’Università. Un incarico affidato per 5 anni a 53mila euro l’anno per un totale di 265mila. La prima volta per Grittani tra le mura dell’Ateneo come addetto stampa di Ricci è stata 18 mesi fa. L’incarico venne pagato dal Dare, il distretto agroalimentare regionale che costituisce uno dei consorzi dell’Università.
Ricci – che al telefono chiede a l’Immediato di essere richiamato perché la linea “dà problemi” e che alla domanda diretta: “In base a quale criterio ha scelto Grittani?” accelera la chiusura dell’apparecchio – avrebbe la possibilità di avvalersi dell’ufficio comunicazione da sempre attivo, almeno da quel 2001 fatidico in cui la sede foggiana ottenne l’autonomia rispetto a Bari. Non solo. Potrebbe affidarsi a quei dipendenti di fascia B che costano all’Ateneo tra i 27-28mila euro l’anno, molto meno del suo collaboratore. Invece, dicono fonti accreditate, da qualche anno qualcuno è stato messo da parte, in una “stanzetta” a non fare nulla perché, appunto, è stato sostituito dal nuovo consulente.
E pensare che all’Ateneo barese, cinque volte più grande di quello foggiano per numero di studenti, dalla segreteria particolare del rettore Antonio Felice Auricchio fanno sapere a l’Immediato di non aver nemmeno mai pensato ad un incarico da “portavoce”: “Non c’è nessun portavoce, assolutamente – spiegano -, non c’è nessun incarico esterno o consulenza specifica. Ci affidiamo al personale interno, soprattutto sulla comunicazione, con la massima trasparenza. Oltre all’ufficio stampa, possiamo contare sul supporto del delegato del rettore…”. A Foggia, invece, con soli 9mila studenti – poca roba rispetto ai circa 50mila dell’Aldo Moro – hanno pensato di fare le cose in grande.
La svolta è avvenuta a gennaio 2015 perché da questa data in poi non è più il distretto a pagare Grittani ma l’università direttamente, per il primo anno con uno dei vari progetti di autofinanziamento, dall’anno prossimo con altri fondi. Mainiero, che ha anche pubblicato in rete la prima pagina della delibera, insiste: “Non si è mai visto in nessuna università italiana che un rettore si scelga un suo collaboratore personale, non è mica un sindaco, non ha un ruolo politico, non è stata posta in essere nessuna forma di evidenza pubblica. Parliamo di un docente di diritto del lavoro, dovrebbe usare lo staff dell’università e non una persona esterna. In una fase in cui le tasse per gli studenti aumentano e i soldi per la ricerca scarseggiano, lui che fa, spende 250mila euro?”. Solo poche settimane fa infatti, su l’Immediato, si dava notizia della chiusura di alcuni corsi di laurea come Radiologia, Archeologia e Operatore giuridico.
Pare proprio – e il rettore ne avrebbe facoltà – che a saldare Ricci e Grittani sia stato un criterio fiduciario del tutto personale, un “inquadramento” deciso dal rettore e basta. La delibera, che persino dal Senato accademico ignorano se sia passata dal Cda, lascia perplessi non tanto perché un rettore decide di nominarsi un portavoce, un’anomalia rispetto a quanto succede da altre parti, ma perché, in genere, l’autonomia di spesa che gli è data è minima, in questo caso invece si parla di una cifra di notevole entità.
Nella discussione che si svolge anche su facebook, dove è stata postata la prima pagina della delibera, scrive Tommaso Campagna, che lavora presso il dipartimento di Medicina: “Non posso che condividere lo sconcerto per questa operazione che personalmente non ho condiviso neanche lo scorso anno quando i fondi utilizzati erano del Dare. Il rettore avrà le sue ragioni. In Ateneo ci sono almeno tre persone che hanno i titoli di Grittani. In periodi come questi è un’operazione certamente discutibile. Comunque nell’atto si sostiene che non vi siano quelle competenze in Ateneo. Tutto da dimostrare. I sindacati dovrebbero muovere quanto meno un’interrogazione ai consiglieri di amministrazione prima che venga ratificato”.