“Il ministro” Nordio “ha detto l’ovvio. Il problema del marito della signora Celeste è che non doveva stare con il braccialetto elettronico ma doveva essere custodito in maniera più rigorosa. In alcune occasioni la signora Celeste ha cercato di auto proteggersi. Ricordo che pochi giorni prima il braccialetto le era suonato e lei aveva trovato rifugio in una chiesa. Purtroppo quel giorno non ce l’ha fatta”. Lo ha detto all’Ansa l’avvocato Ettore Censano che, per anni, ha seguito le vicende di Celeste Palmieri che il 18 ottobre del 2024, a 56 anni, fu uccisa a San Severo a colpi di pistola dal marito dal quale si stava separando, l’agente di polizia penitenziaria in pensione Mario Furio, 59 anni, che si suicidò qualche minuto dopo.
Furio, sottoposto al divieto di avvicinamento, indossava il braccialetto elettronico che però non aveva allertato la donna sul suo dispositivo. Il braccialetto, invece, aveva segnalato la presenza dell’uomo ai carabinieri che l’avevano subito avvertita inviando una pattuglia. Tutto però accadde nel giro di pochissimo. A casa la aspettavano cinque figli. Censano commenta le dichiarazioni del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, secondo il quale “nel momento dell’allarme nei confronti di una persona, molto spesso la vittima si trova ad una distanza non compatibile con l’intervento delle forze dell’ordine”. E quindi “dobbiamo coniugare questi due elementi dando un’allerta alla vittima, affinché sia in grado – nel momento in cui coglie questo momento di pericolo – di trovare delle forme di autodifesa, magari rifugiandosi in una chiesa o in una farmacia, in un luogo più o meno protetto”.
Il legale, che ora non segue più la famiglia di Celeste, evidenzia che anche se Furio “fosse stato agli arresti domiciliari avrebbe potuto evadere e tagliare il braccialetto elettronico. In molti casi, persone con disturbi mentali andrebbero assicurate in maniera diversa, con misure di custodia in carcere o nelle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza”. (Ansa)