È stata una fuga cinematografica, fatta di nascondigli di fortuna, spostamenti in auto d’epoca e comunicazioni criptate. Marco Raduano, 41enne detto “Pallone”, per anni uno dei boss del clan Lombardi-Scirpoli-Raduano della mafia garganica, oggi collaboratore di giustizia, è riuscito a eludere la cattura per quasi un anno, dopo essere evaso il 23 febbraio 2023 dal carcere di Badu e Carros, in Sardegna. La sua latitanza, un intreccio di metodi tradizionali e tecnologia moderna, si è conclusa l’1 febbraio 2024, quando gli uomini del ROS l’hanno arrestato in Corsica.
La fuga: dall’agente complice ai rifugi di fortuna
“Pallone” si calò dal muro di cinta grazie ad alcune lenzuola intrecciate. Per raggiungere la libertà sarebbe stato aiutato anche da un agente della penitenziaria, Salvatore Deledda, già arrestato e condannato in abbreviato per aver agevolato l’ingresso di cellulari nel carcere. Sarebbe stato lui a fornire all’ex boss un telefonino criptato. Inoltre, il pregiudicato viestano aveva notato che in una stanza dell’istituto penitenziario, non controllata in alcune ore del giorno, erano appese le chiavi di diverse zone della Casa circondariale, tra cui la porta esterna. Infine, avrebbe utilizzato un gancio prelevato dalle officine dell’istituto penitenziario per fuggire definitivamente.
Successivamente, Raduano trascorse tre giorni nascosto in una cantina a Nuoro, abbandonato dal complice che avrebbe dovuto aiutarlo a fuggire. Con l’assistenza di un uomo veneto, riuscì poi a lasciare la città per nascondersi nelle campagne di Bitti, nel Nuorese.
Il suo percorso lo portò in seguito a Padru, in Gallura, dove visse per quattro mesi in una tenda tra le montagne. Da lì, lasciò la Sardegna per raggiungere la Corsica, tappa temporanea prima di spostarsi in Spagna, nella zona di Granada, insieme al suo braccio destro Gianluigi Troiano, 31enne alias “U’ Minorenn”, anche lui all’epoca latitante ed oggi collaboratore di giustizia come il suo ex capoclan. Dopo la cattura di Troiano, avvenuta pochi giorni prima del suo arresto, Raduano tornò in Corsica, dove fu sorpreso in un parcheggio del ristorante U Spurtinu, ad Aléria.
La spedizione di morte
La latitanza è stata segnata da audaci spostamenti e violenti regolamenti di conti. Tra questi, spicca il ritorno a Vieste nell’autunno del 2023, durante il quale il boss e Troiano tentarono senza successo di eliminare un rivale.
Era il 16 ottobre quando i due tornarono nel cuore del Gargano, certi che la loro rete di protezione potesse garantire sicurezza. L’obiettivo era Gennaro “Mangia Veleno” Cariglia, nome noto negli ambienti criminali locali e presunto rivale di “Pallone” per il controllo del racket. I due, a bordo di un’auto con targa polacca per depistare eventuali sospetti, pianificarono l’agguato con precisione, ma l’azione non andò come previsto.
Cariglia riuscì a sfuggire al tentativo di omicidio, costringendo i due a ritirarsi in un casolare di campagna, dove si nascosero per alcune ore. Il piano, fallito, li spinse a lasciare rapidamente la zona per evitare la reazione delle forze dell’ordine.
Dopo il fallimento della spedizione, Raduano e Troiano lasciarono Vieste e si diressero a Parma. Utilizzarono un’auto d’epoca per viaggiare con discrezione, evitando di attirare l’attenzione. Ma Parma rappresentò solo una tappa temporanea: da lì, il duo riprese la fuga verso l’estero, riattivando la rete di fiancheggiatori che aveva permesso a Raduano di sfuggire alla cattura per mesi.
La rete di supporto e i segnali che hanno tradito il boss
La fuga di Raduano non sarebbe stata possibile senza una fitta rete di fiancheggiatori, smantellata grazie all’indagine coordinata dalle procure antimafia di Cagliari e Bari, che ha portato a 21 arresti e ha messo sotto inchiesta 58 persone. Tra i suoi contatti, figuravano intermediari calabresi che gli procuravano criptofonini di ultima generazione, oltre a compagni di fuga come Rinaldi, un veneziano che gestiva parte della logistica.
Un dettaglio cruciale per la cattura è stata la nostalgia di casa. A fine novembre 2023, Raduano si fece spedire dalla Puglia prodotti tipici del Gargano. Questi invii, triangolati su Venezia, permisero agli investigatori di monitorare i suoi spostamenti. Anche prima di Natale, il boss mandò pacchi pieni di abiti e oggetti di lusso rubati in un magazzino a Lucciana, un segnale che ne confermava la presenza nell’area.
L’ultima mossa e l’arresto
Il cerchio si strinse attorno a Bastia, dove l’ex leader della mafia garganica era in contatto con Chloe, una donna impiegata in un vivaio riconducibile a personaggi legati alla criminalità organizzata. L’1 febbraio, gli investigatori seguirono la donna fino al parcheggio del ristorante U Spurtinu, dove Raduano si presentò poco dopo. In quel momento scattarono le manette: l’uomo che era stato inserito nella lista Europol dei tre ricercati italiani più pericolosi non aveva più vie di fuga.