È giunta alla redazione la rettifica dell’amministratore unico di Lavit spa, l’ex generale dei carabinieri Guido De Masi. La società, raggiunta lo scorso anno da interdittiva antimafia, è oggi sotto controllo giudiziario (l’amministratore giudiziario è l’avvocata romana, Rosamaria Zuccaro) affinché l’azienda venga bonificata da possibili infiltrazioni della mafia foggiana. Nel mirino del prefetto di Foggia, Maurizio Valiante c’è l’imprenditore Michele D’Alba, recentemente indagato dalla Dda per favoreggiamento mafioso. Al manager è già stato notificato un avviso conclusione indagini.
Intanto, ecco cosa scrive De Masi e la contro risposta de l’Immediato alle sue dichiarazioni.
Egregio Direttore, mi riferisco agli articoli intitolati “Lavit Foggia, dopo l’interdittiva antimafia scatta il controllo giudiziario. Due anni per provare a risanare la società” a sua firma pubblicato il 13 settembre scorso e “Il controllo giudiziario per Lavit forse non basta, Prefettura di Foggia valuta il ricorso in appello” a cura della Redazione pubblicato il 14 settembre scorso, che contengono informazioni non corrette.
Direttore, lei scrive di una vicenda processuale, che vede due contendenti, riportando solo la visione di uno dei due (peraltro uscito sconfitto) ed ignora completamente sia le ragioni dell’altro che il dispositivo di una sentenza. È oltremodo scorretto scrivere che la stampa vicina ai D’Alba (tutti contro di lei?) enfatizza il provvedimento quando tutte le testate locali hanno riportato aspetti della sentenza, quindi imparziali, e non congetture ed illazioni diffamatorie come invece solo lei ha fatto. La Lavit si è opposta all’interdittiva sostenendo che le tesi prefettizie sono errate ed il Tribunale di Bari gli ha dato ragione. Già nel primo articolo il titolo è fuorviante: si presenta il controllo giudiziario come aggravante dell’interdittiva mentre è un rimedio che sospende l’interdittiva. Si prosegue poi sostenendo più volte che nella Lavit è “Dominus l’imprenditore Michele D’Alba”, affermazione falsa in quanto il Dottor D’Alba da mesi non fa più parte della Lavit avendone persino venduto le quote societarie come ha lasciato la Lavit anche il figlio Lorenzo che ha ceduto le sue competenze ad un Amministratore Unico, lo scrivente, del tutto estraneo all’ambiente foggiano e più che idoneo a preservare la Lavit da possibili infiltrazioni mafiose essendo un generale dei Carabinieri nella riserva sulla cui levatura morale non consento si dubiti.
Pur non rappresentando il dott. D’Alba, che certamente saprà difendersi da solo, è evidente che le illazioni contro di lui devono ancora essere confutate dalla magistratura mentre è un punto fermo la sentenza del processo “Decima” ove è scritto che si è potuti arrivare a condanne pesanti “grazie ad imprenditori come …. Michele D’Alba … che hanno tenuto la schiena dritta … e denunciato”.
Signor direttore lei si lancia in una serie di considerazioni di un fatto che non conosce avendo evidentemente raccolto solo la voce della controparte che ha perso in giudizio. Non corrisponde a verità che il controllo giudiziario è scontato per questioni sociali e tutela dei posti di lavoro. Un tribunale penale giudica in punto di diritto. Lei poi ricorda che la Lavit impugnò in via cautelare l’interdittiva con esito negativo innanzi ai giudici amministrativi ma è falso in quanto la Lavit non è ancora mai apparsa davanti ai giudici amministrativi. Tanto le dovevo. L’Amministratore Unico Lavit dott. Guido De Masi.
Replica
I legali della Lavit chiesero l’accesso agli atti per entrare nel merito dell’interdittiva. La Prefettura lo negò e l’azienda impugnò la decisione con motivi aggiunti davanti al Tar. Il tribunale amministrativo non si pronunciò sull’accesso agli atti “per sopravvenuto difetto di interesse” (la Prefettura concesse alcuni documenti), tuttavia respinse i “motivi aggiunti” confermando la tesi della Prefettura stessa. Eppure, stando a De Masi, Lavit non sarebbe mai apparsa davanti ai giudici amministrativi.
“Il Tar Puglia dichiara improcedibile il ricorso introduttivo per sopravvenuto difetto di interesse, respinge i motivi aggiunti”, si legge nella sentenza numero 01163/2023 del 20 settembre 2023. A questo punto, la strategia difensiva degli avvocati della Lavit mutò per puntare al controllo giudiziario. È quindi sbagliato e fuorviante parlare di revoca dell’interdittiva come scritto in tono trionfante da alcune testate vicine a D’Alba o che poco masticano tali vicende. Molto più misurata, ad esempio, è stata la ricostruzione di un giornale autorevole come La Gazzetta del Mezzogiorno.
Va infine ricordato che il Tribunale di prevenzione, l’organo penale che ha deciso per il controllo giudiziario, valuta i presupposti della occasionalità e il pericolo di infiltrazione mafiosa, ma non giudica sulla legittimità dell’interdittiva antimafia, su cui delibera il Tar.
“Il procedimento penale – sentenza “Ricchiuto”, Corte di Cassazione, Sezioni Unite – non è funzionale a confermare o revisionare la misura interdittiva antimafia, ma è diretto a verificare la possibilità di sottoporre l’impresa ad una gestione con controllo pubblico non invasivo (il cosiddetto “controllo dolce”), sufficiente solo nei casi in cui l’infiltrazione mafiosa sia occasionale e non stabile e si configuri come emendabile, ovvero lasci prevedere la possibilità che l’azienda possa reinserirsi nel circuito economico sano”. Singolare che un ex generale dei carabinieri faccia confusione non tenendo conto di tali procedure.