Pochi fondi per le assunzioni, meno medici e tante risorse per infrastrutture e macchine al Policlinico “Riuniti”. Nemmeno il Pnrr è riuscito a risolvere l’annoso problema nella sanità. Con un problema in più a Foggia, dove si rischia di abbandonare ogni prospettiva di sviluppo dell’azienda ospedaliera-universitaria divenuta “policlinico” solo qualche anno fa. La sofferenza economico-finanziaria, in fase di parziale risoluzione, potrebbe acuirsi nel 2024, in uno scenario poco rassicurante per tutte le aziende pubbliche della Puglia. Abbiamo sentito il direttore generale, Giuseppe Pasqualone.
Direttore, quasi 30 milioni di debiti e un difficile equilibrio tra costi della produzione e del personale. Se non fosse per il contributo della Regione (circa 100 milioni di euro), sarebbe un’azienda a rischio. In queste condizioni, come fa ad essere competitiva la sanità pubblica?
Il contributo ce l’hanno tutte le aziende pubbliche. Il punto è l’equilibrio tra le risorse, che sta migliorando grazie all’aumento della produzione e alla riduzione di molti costi. Stiamo ottimizzando le risorse, sia quelle gestite dalla direzione strategica, sia quelle gestite direttamente dai medici, in particolare spesa farmaceutica e per i dispositivi. Tuttavia, l’incidenza del costo del personale sulla produzione deve sempre migliorare.
Il riconoscimento di “Policlinico” doveva dare una marcia in più all’azienda ospedaliera, consentendo di aumentare il valore di molte specializzazioni (alcune in fase di attivazione). Al netto dei due anni di pandemia Covid, perché si fa ancora fatica a fare il salto di qualità?
La Regione dovrà valutare, nella sua programmazione, attraverso un sistema di premialità sulla produzione, la rideterminazione dei tetti tra le aziende, sostenendo chi va meglio e rivalutando chi non raggiunge i risultati. Così si possono dare maggiori servizi ai cittadini e, al contempo, si può ridurre lo stress economico-finanziario. Altrimenti la partita si fa difficile.
Sta dicendo che servono più soldi per il personale?
Non proprio. Sulle risorse umane abbiamo chiarito cosa possiamo assumere fino al 2024. Abbiamo appurato che, viste le risorse di bilancio della Regione Puglia, a governare non è il tetto ma la spesa del personale al 31 dicembre 2022. Questo significa che non possiamo andare al di sopra di quella spesa, anzi dovremmo ridurla.
La stabilizzazione del personale di comparto durante il Covid è costata circa 30 milioni di euro, mentre nel piano triennale del personale avete ridotto i dirigenti medici rispetto alle previsioni. C’è un nesso tra le due componenti?
Alcune attività risentono di questo, del fatto che bisogna far quadrare i conti. Penso alla neurochirurgia e alla chirurgia toracica in particolare. Mentre per la Cardiochirurgia la riduzione è dovuta alla mancata attivazione delle nuove sale operatorie. Ora, nella gestione del piano operativo e in conferenza stato-regione per il 2024-25, bisognerà capire cosa verrà dato alla Puglia: ci auguriamo che quei tetti vengano rimodulati al rialzo. Quanto alla stabilizzazione, che ha inciso parecchio sui conti, abbiamo fatto il meglio che potessimo fare per garantire un numero di personale superiore al 2019. Se non avessimo congelato quelle somme nel 2022, una spesa consolidata per gente che lavorava, oggi probabilmente non avremmo avuto neanche quello. Non possiamo più fare granché, altrimenti il sistema sanitario regionale rischia il default.

Il 2024 per la sanità pugliese sarà un anno spartiacque. Se continuasse questo trend, si rischia un buco da mezzo miliardo…
Sarà sicuramente un anno molto complicato. Qui abbiamo fatto un grande lavoro, i risultati li vedremo a fine anno spero. Abbiamo delle potenzialità di crescita, ma non si possono concretizzare senza l’assegnazione di nuovo personale.
Dove può crescere il Policlinico?
In diversi settori, a cominciare dalla chirurgia. Poi nei servizi, sia diagnostici che radiologici. E ci sono reparti da attivare, come il centro grandi ustionati e la cardiochirurgia, per la cui attivazione servirà un altro anno. Ma siamo vincolati dalla realizzazione delle opere.
Dopo aver abbandonato il progetto di partenariato pubblico-privato per il Deu, quali strade state intraprendendo? Non temete per il contenzioso in atto che potrebbe determinare un altro esborso importante per l’azienda?
C’è una udienza a breve, con le controdeduzioni della controparte. Ci auguriamo di porre fine a questa storia che continuo a considerare molto critica per via del dispendio incredibile di risorse. Per il momento non c’è stata alcuna richiesta di risarcimento, vediamo cosa decide il Tar e poi continueremo a difenderci. Abbiamo previsto tutto. Intanto siamo andati avanti, abbiamo ottenuto il finanziamento e la gara è quasi pronta: a breve metteremo la parola fine al blocco operatorio del Deu.
Che fine hanno fatto le famose 8 sale operatorie mai attivate?
Stesso discorso, avevano un sacco di problemi. Abbiamo dovuto rifare gli impianti, oltre ad aver acquistato un gruppo elettrogeno nuovo e le attrezzature che non c’erano. Non è stato semplice, ma adesso sono pronte, ieri c’è stato il sopralluogo. Nel contempo, abbiamo chiesto di rifinanziare l’opera di riqualificazione di viale Pinto, sulla quale c’era un progetto ridicolo. Ci servono 3,7 milioni di euro. Stiamo mettendo a posto tutte le criticità dei tantissimi affidamenti diretti degli anni scorsi. Questo lavoro ci toglie parecchio tempo.
Come vede gli investimenti del Pnrr? Non rischiate di avere la Ferrari ferma in garage perché non c’è chi può guidarla?
Il Pnrr è indirizzato solo agli investimenti, noi abbiamo 16 milioni di euro per la tecnologia. Stiamo sostituendo le Pet della medicina nucleare, abbiamo già comprato agiografi e altre macchine. Stiamo andando avanti.
Le macchine sostituite erano davvero obsolete? Avete il monitoraggio del tasso di utilizzo?
Non stiamo comprando nuove attrezzature aggiuntive, tranne in qualche circostanza. Ovviamente queste attrezzature possono lavorare di più. Il personale dovrà comprendere che dovrà lavorare di più. Sulla Radiologia, invece, abbiamo parecchie Tac che non vengono utilizzate come dovrebbero, ma questo riguarda il passato. Per il futuro posso dire che, se non abbiamo certezza di poterle utilizzare al meglio, raggiungendo livelli di produttività accettabili, noi non compreremo nulla. Non vogliamo ripetere il solito errore. Prima le risorse umane, poi quelle tecnologiche, non il contrario. Il rischio di sottoutilizzo c’è, per questo ci è stato detto di rallentare gli investimenti. A meno che non ci siano urgenze tali da giustificali, come per la messa in sicurezza di alcune aree. Su questo abbiamo predisposto una gara ponte che ci permetterà di accelerare gli interventi con affidamenti diretti, entro un tetto complessivo di 5 milioni di euro in 3 anni, in reparti che sono ancora in condizioni critiche dal punto di vista della sicurezza e del comfort.
In Regione è emersa la questione del numero esagerato di dipartimenti. Lei è stato l’unico a ‘congelarli’ sospendendo le indennità. Perché?
Questo tema riguarda la Regione, unica titolata a dare linee di indirizzo. Ognuno finora ha fatto quello che voleva. Il nostro rapporto con l’Università è buonissimo ed è orientato allo sviluppo. Io non ho sospeso le indennità, gli incarichi erano scaduti e non era più possibile una proroga. Siccome incidono sul bilancio per circa 320mila euro l’anno su 11 dipartimenti, era opportuno bloccare la spesa.
Dal punto di vista sanitario, ci sono ancora troppi accessi e ricoveri inappropriati. Come state intervendo?
Sì c’è questo fenomeno, bisogna avere il coraggio di evitare le richieste inappropriate. È un fenomeno di tutta Italia. Questo succede quando aumenta l’offerta. Si è visto sulle liste d’attesa, le avevamo recuperate tutte ma si sono rigenerate immediatamente.
Al momento però i risultati del recupero delle liste d’attesa non sembrano eccellenti…
No, invece a settembre abbiamo recuperato il 60% delle prestazioni definite nel piano di recupero. Ad ottobre faremo un ulteriore salto in avanti, grazie alla risoluzione di due criticità sulla pneumologia e sulla cardiologia. Ci sono invece ancora problemi sulla radiologia senologica e sull’endocrinologia. Nel primo caso, però, non sappiamo come fare perché non troviamo radiologi senologi e l’attività di screening territoriale non funziona. Questo peraltro genera anche la mobilità passiva delle molte pazienti che continuano ad andare in strutture del Nord.
I pronto soccorso sono sempre in difficoltà. A Bari la beffa per alcuni medici della sanzione per aver lavorato troppo durante il Covid, poi rientrata grazie all’intervento del Presidente della Repubblica. Qual è la situazione a Foggia?
Siamo in difficoltà. Abbiamo molte assenze per malattie, contiamo di compensare con qualche assunzione per il comparto. Ma sul fronte dei medici abbiamo una carenza enorme. Abbiamo fatto il concorso, forse ne prendiamo 4 o 5, ma ne mancano almeno 20. Per fortuna c’è stata grande disponibilità dei reparti, ci arrangiamo così ma non è neanche normale. Tutti fanno sacrifici enormi, a cominciare dal direttore Caporaletti, ma servirebbe un intervento speciale per consentire a questi reparti di essere attrattivi e sicuri per i pazienti e per il personale.
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