“Frutta bene la polverina”, diceva Santino Corleone. E lo sapevano bene anche i foggiani arrestati nella maxi operazione “Game Over” firmata da Dda e carabinieri a carico di 82 persone. Foggia come una piccola Tijuana, al centro di un imponente narcotraffico di cocaina. Almeno 200mila euro di profitti al mese e dosi di polvere bianca sulle piazze di spaccio per un valore di 50mila al mese.
A capo degli affari sempre lui, il “Mammasantissima” della mafia foggiana, il 73enne boss Rocco Moretti detto “Il porco” che durante un periodo di libertà risalente a qualche anno fa, oggi è al 41 bis per altre vicende, aveva rimesso insieme la “Società Foggiana”, organizzazione criminale costituita dalle batterie Moretti-Pellegrino-Lanza, Sinesi-Francavilla e Trisciuoglio-Prencipe-Tolonese, con diramazioni a San Severo dove opera il clan Nardino guidato da Franco Nardino detto “Kojak”, uno degli arrestati in “Game Over”, già detenuto per altra causa.
Moretti, stando alle 2403 pagine della super ordinanza del gip Rinaldi, avrebbe ricostituito “l’assetto multipartecipativo del traffico di droga con il coinvolgimento unitario delle batterie della Società Foggiana e la condivisa spartizione dei profitti”. In buona sostanza, basta guerre e sangue, è il tempo di stare insieme e monetizzare. Almeno fino a pochi mesi fa. Infatti, ad oggi, capi e sodali sono al gabbio grazie alle operazioni “Decima Azione” (2018) e “Decimabis” (2020) mentre in città sono tornati gli omicidi, forse proprio per il controllo della droga.
Tra le 82 persone coinvolte ci sono anche i nomi di Roberto Russo detto “Il Colombiano”, ucciso a marzo 2022 e Alessandro Scopece alias “Cinghiale”, ammazzato pochi mesi dopo. Nella lista un terzo defunto, Federico Trisciuoglio alias “Enrichetto lo Zoppo”, uno dei boss storici di Foggia, morto per cause naturali nell’ottobre scorso.
Molto attivi, stando alle carte, proprio Russo e Scopece insieme ad Alessandro Aprile detto “Skiattamurt” e ai fratelli Frascolla, tutti della batteria Sinesi-Francavilla detta “il direttorio”, intercettati mentre parlavano dei traffici di droga: “Stanno cinquanta di polvere e cinquanta grammi di pietra”, diceva Scopece.
Si parlava anche di Napoli. Aprile: “È buona, a 33 è buona. Qua dentro Foggia è buona. Perché a Napoli sta quella là che fa paura e come a quella sarà. A Napoli hanno scaricato 250 chili e vuole 31 e mezzo, però ha detto ‘se vieni ti tolgo anche il punto e mezzo, 31’, però 33 è buona pure qua”.
In un’altra intercettazione a parlare è Francesco Tizzano dei Moretti, definito da un pentito un “voltabandiera” perché era stato anche con i Sinesi: “A noi entrano una trentina di mila euro al mese entrano. Poi stanno i soldi dell’estorsione… Rodolfo (Bruno, ndr) per esempio compra a 36-37 e incrementiamo sennò come dobbiamo fare… e vai stretto stretto per fare gli stipendi“.
Le batterie al centro dei traffici erano dunque due: “Sinesi-Francavilla” e “Moretti-Pellegrino-Lanza” i cui rappresentanti erano gli unici che potevano trattare l’acquisto direttamente con le fonti di approvvigionamento cerignolane.

Le rivelazioni dei pentiti
Incalzati dalle pm della Dda, Lidia Giorgio e Bruna Manganelli, i recenti collaboratori di giustizia hanno fornito molte informazioni utili alle indagini. “Era una cassa comune sulla cocaina – ha spiegato il pentito Carlo Verderosa, ex morettiano -. Dei Sinesi e dei Moretti che la gestivano… metà la faceva Ciro e Pino Francavilla e Alessandro Aprile per il gruppo loro e metà Leonardo Lanza per conto nostro. Loro avevano i rapporti con i fornitori”.
“C’era il monopolio – ha riferito Giuseppe Folliero, altro pentito -. La droga la dovevano prendere tutti gli spacciatori da un’unica persona… c’era questa imposizione che la dovevano prendere solo da questa persona però era una cosa organizzata da tutta la malavita e se la gestiva”.
“Faccio riferimento al sistema grande della cocaina in cui prendevamo 10 pacchi al mese – le parole dell’ex morettiano Alfonso Capotosto, collaboratore di giustizia -. Nessuno, secondo il sistema realizzato, poteva prendere la cocaina da altre parti se non dal sistema. Bisognava prenderla a Foggia solo dal sistema grande… Nel sistema grande confluivano le due batterie ed i clan vivevano nella pace. L’inizio del sistema grande si ha nel 2012 con l’uscita dal carcere di Nardino Lanza… Con l’uscita dal carcere, Pasquale Moretti iniziò lui a gestire il sistema grande, estromettendo Lanza Nardino… Del sistema, in qualità di soggetti legati alla batteria opposta alla nostra, facevano parte Alessandro Aprile, Francesco Sgarro e Antonio detto ‘lascia lascia’, ‘il Priore’ Roberto Russo; quest’ultimo fratello di Giovanni. Roberto Russo era quello che per conto del sistema manteneva la cocaina… il sistema dal lato loro lo comandava Alessandro Aprile”.
Gli stipendi e il “sistema”
Il pentito Capotosto si è soffermato anche sui guadagni mensili: “Loro hanno un sistema, Pasquale Moretti (non indagato in “Game Over”) 15.000 mila euro al mese perché è il capo della banda, comanda lui a tutti. Alessandro Moretti, Rodolfo Bruno e Franco Tizzano 8mila euro. Franco Tizzano è cognato di Pasquale Moretti”. E ancora: “Il lato Francavilla Moretti si sono alleati con il clan Moretti-Pellegrino sopra alla droga, e fanno un sistema di dieci pacchi al mese di cocaina. Un sistema di… un business di 200mila euro al mese, va’! A Foggia sta una imposizione che la droga la dovevi prendere per forza da loro, perché, se tu la prendevi da un’altra parte, ti poteva succedere qualcosa, o ti potevano ammazzare”.
Spunta Salvatore Prencipe
Nell’ordinanza spunta anche il boss Salvatore Prencipe, 59 anni detto “Piede veloce”, ucciso lo scorso 20 maggio in viale Kennedy. L’uomo sembrava fuori dai giochi dopo la scarcerazione nel 2015, ma in realtà aveva un ruolo ancora molto attivo, soprattutto nel narcotraffico, sua specialità. A lui si rivolsero Tizzano e Aprile per lamentarsi di Antonio Prencipe (uno degli arrestati) detto “Pig-Lì”, nipote del boss, che sembrava non rispettare alcuni accordi sulle spartizioni.
Prencipe: “Sedetevi!” Tizzano: “Siediti”. Aprile: “Salvatore ho un piccolo problema con tuo nipote”. Prencipe: “Cioè?” Aprile: “Antonio che sta lavorando con la cosa (spacciando stupefacenti, ndr) però dovrebbe venire da noi, ma non viene”. Prencipe: “Io so, io so che è venuto”. Aprile: “Viene una volta ogni quaranta cinquanta giorni”. Prencipe: “Eh ma io so che, mi hanno detto che, che ti eri fermato”. Aprile: “No! Noi lavoriamo sempre”. Prencipe: “Uhm”.
Aprile: “Abbiamo diviso (fa riferimento alla lista dei ‘grandi’ e ‘piccoli’ spacciatori)”. Prencipe: “Ma io non sto capendo niente”. Aprile: “Il sistema è cambiato. Stiamo noi, stanno loro, però diciamo ci siamo divisi la lista. I clienti ce li siamo divisi tutti quanti”. Prencipe: “Si, no certo!”
Aprile: “I grandi a Rodolfo (Bruno, ndr) e noi ci siamo presi tutti i piccoli. Giustamente tuo nipote sta nella lista nostra e dovrebbe venire con … da noi, però viene una volta ogni quaranta cinquanta giorni, un mese e mezzo”. Tizzano: “Si sta facendo a Foggia, essendo che ognuno deve lavorare per conto suo, però noi, i giovani devono sempre venire a Foggia, non devono andare fuori”. Prencipe: “Si”.
Il poliziotto scomodo
Dalle carte rispunta la volontà della mafia foggiana di colpire l’ispettore della squadra mobile, Sanna come già emerso in altro procedimento di qualche anno fa. Il padre del pentito Alfonso Capotosto aveva subito minacce a seguito della decisione del figlio di collaborare con la giustizia. Da qui la decisione di Capotosto stesso di recarsi a Foggia per parlare con gli esponenti del suo ex clan, i Moretti-Pellegrino-Lanza affinché venisse lasciata in pace la sua famiglia ed eventualmente manifestassero i propri intenti vendicativi solo nei suoi confronti.
In occasione dell’incontro con Capotosto, Franco Abbruzzese e Alessandro Moretti detto “Sassolin” gli avevano rappresentato “la disponibilità a ripianare la situazione determinata dalla sua collaborazione con la giustizia – si legge nell’ordinanza -, se in cambio egli li avesse sostanzialmente aiutati a tendere un tranello all’ispettore Sanna, uno dei poliziotti più attivi nelle indagini sulla criminalità organizzata foggiana – evidenzia il gip -. A fronte del rifiuto di Capotosto di rendersi complice di un omicidio in danno del poliziotto, i medesimi soggetti gli avevano chiesto – in subordine – di ritrattare quanto dichiarato quale collaboratore sulle vicende delittuose della criminalità organizzata foggiana e di precisare all’autorità giudiziaria che si trattava di fatti non veri, in quanto in particolare riferiti da Capotosto su richiesta del medesimo ispettore di cui sopra, ‘però l’ispettore ce lo devi rovinare’; e nella circostanza gli avevano anche fatto firmare una dichiarazione in tal senso custodita da Lanza Nardino”.
“A noi ci serve che l’ispettore deve uscire, si deve togliere davanti”. E gli avevano sempre manifestato la loro rabbia e rancore nei confronti di Sanna. “Loro già da prima di essere arrestati volevano farlo fuori perché era di intralcio nelle loro attività criminali e con lui ce l’avevano a morte“.
Le estorsioni alle imprese
Non solo droga, come è chiaro che sia. Da sempre i clan foggiani puntano fortemente sulle estorsioni a carico degli imprenditori locali. “Dobbiamo andare dove stanno tutti i costruttori – diceva Tizzano ad Aprile -. Se li acchiappiamo là, una ventina là, dieci là e ce li dividiamo. Adesso ci siamo messi in moto Alessà, ieri e oggi io e quel ragazzo, Ernesto, ieri abbiamo preso la piscina comunale. Le 500 euro da M. e le 500 dall’altra parte e i costruttori ve li state prendendo. Solo D. ha detto mo te li porto… ha detto sono 3800 euro, mo te li porto ogni tre mesi… Alle altre parti dovete andare voi”.
Le informazioni online
Curiosità, nel commentare le vicende di mafia, alcuni degli intercettati facevano riferimento ad articoli de l’Immediato, come nel caso dell’arresto di Rocco Moretti nel 2017.
Aprile: “A chi è che hanno arrestato?”. Spiritoso: “al ‘Porco’, com’è? (Rocco Moretti, ndr)”. Aprile: “Ah eh si, sta scritto su ‘l’Immediato’ (testata giornalistica locale, ndr)”.
“I conversanti – ricorda l’ordinanza – fanno riferimento al fermo di indiziato di delitto operato in data 9 ottobre 2017 per il reato di tentata estorsione aggravata in concorso ai danni dell’imprenditore Lazzaro D’Auria“.
Spiritoso: “Tu lo sapevi?”. Aprile: “Che cosa che lo avevano arresto?”. Spiritoso: “Il terreno… il quello… il quell’altro… noi non sapevamo niente”. Aprile: “E che ne sapevo …che vado appresso a lui?”. Spiritoso: “Perciò… hai capito o no?”. Tizzano: “Dai non sapevamo niente… stai zitto”.
La testata viene citata anche in un’altra circostanza, forse relativa ad un agguato ad Apricena presumibilmente della mafia garganica. Aprile: “Hai visto oggi l’Immediato? (abbassa fortemente il tono di voce)… Apricena”. Sardella: “E, da mo che è uscito sono due o tre giorni fa che è uscito questo fatto”. Aprile: “Si, hai capito che dicono chi è stato?”

I nomi
Sono 82 le persone raggiunte da misura cautelare in carcere: Ciro Albanese detto “Pipistrello”, 31 anni, Alessandro Aprile alias “Skiattamurt”, 39 anni, Francesco Battiante, 26 anni, Vincenzo Bevilacqua detto “Sgangà”, 30 anni, Angelo Bruno detto “Il pirata”, 55 anni, il suo omonimo Angelo Bruno detto “La ciotta”, 36 anni, Carmine Bruno alias “Uba Uba”, 48 anni, Giuseppe Bruno alias “Il cacato”, 31 anni, l’omonimo Giuseppe Bruno, 57 anni, Leonardo Bruno, 35 anni, Marianna Bruno detta “La lesbica”, 46 anni, Roberto Bruno detto “Robertino”, 28 anni, Vincenzo Bruno detto “Enzuccio il cantante” 40 anni, Giuseppe Caggiano, 53 anni, Luciano Calabrese detto “Cupptill”, 24 anni, Nicola Cannone, 33 anni, Ciro Carretta, 38 anni, Francesco Carretta, 50 anni, Anna Catalano detta “La zia in campagna”, 77 anni, Marcello Cavallone alias “Il fornaio”, 52 anni, Filippo Ciavarella, 37 anni, Francesco Compierchio detto “Franchin U Nerg”, 67 anni, Arnaldo Consalvo detto “Nanduccio”, 40 anni, Michele Consalvo alias “Mezza Lingua”, 54 anni, Michele Consalvo detto “Autosalone”, 39 anni, Domenico D’Angelo, 40 anni, Fabio Ciro De Leo, 47 anni, Michele De Leo alias “La Siccia”, 47 anni, Pietro Del Carmine detto “Pierino del Lavaggio”, 37 anni, Leonardo Di Noio, 39 anni.
E ancora: Armando Ferraretti, 50 anni, Giuseppe Folliero, 29 anni, Ciro Francavilla detto “Capellone”, 49 anni, suo fratello Giuseppe detto “Pino Capellone”, 45 anni, Gioacchino Frascolla, 38 anni, Antonello Frascolla, 33 anni, Vincenzo Fratepietro detto “Enzo Cerottino”, 54 anni, Marco Gelsomini detto “Marcucc U Ner”, 37 anni, Luca Gesualdo, 42 anni, Salvatore Gesualdo, 37 anni, Marco Grasso detto “Cacchiol”, 38 anni, Giuseppe La Gatta alias “Accademia”, 26 anni, Leonardo La Torre detto “Il Ciaciotto”, 42 anni, Leonardo Lanza detto “Nardino U Figl du Lepr”, 44 anni, figlio del boss Vito Bruno, Massimiliano Lioce, 51 anni, Gianluca Lo Campo detto “Gnè Gnè”, 47 anni, Francesco Lo Spoto, 39 anni, Rocco Moretti detto “U’ Purc”, 73 anni.
La lista prosegue con Rocco Moretti junior, 26 anni, Franco Nardino detto “Kojak”, 60 anni, Marzio Padalino, 26 anni, Domenico Palmieri alias “Piscitill”, 42 anni, Raffaele Palumbo, 39 anni, Samuel Perdonò, 25 anni, Giuseppe Perdonò alias “Scarafone”, 35 anni, Francesco Pesante detto “U’ Sgarr”, 35 anni, Luciano Portante, 49 anni, Nicola Portante, 57 anni, Pasquale Portante,54 anni, Antonio Prencipe alias “Pig-li”, 28 anni, Francesco Ragno, 38 anni, Vincenzo Rendine, 32 anni, Giovanni Rollo, 36 anni, Francesco Roma, 37 anni, Luciano Russo, 33 anni, Roberto Russo alias “Il Colombiano”, ucciso il 25 marzo 2022 a Foggia, Antonio Salvatore detto “Lascia Lascia”, 32 anni, Arnaldo Sardella, 38 anni, Mario Schioppo detto “Autosalone”, 42 anni, Alessandro Scopece alias “Il Cinghiale”, 38 anni, ucciso l’11 luglio 2022, Guido Siani detto “Guiduccio”, 32 anni, Giuseppe Soccio detto “Pinuccio il Sammarchese”, 40 anni, Michele Spinelli detto “Zio Michele”, 56 anni, Antonio Spiritoso, 49 anni, Giuseppe Spiritoso detto “Papanonno”, 67 anni, Lorenzo Spiritoso, 42 anni, Francesco Tizzano, 50 anni, Ciro Torraco detto “U Varvir – il barbiere”, 48 anni, Federico Trisciuoglio detto “Enrichetto Lo Zoppo”, 70 anni, deceduto per cause naturali a ottobre 2022, Michele Pio Vacca, 36 anni, Pasquale Vacca, 33 anni, Antonio Valentino, 53 anni, Nicola Valletta, 37 anni, Carlo Verderosa, 40 anni, collaboratore di giustizia, Antonio Vincenti detto “Il Nero”, 40 anni, Antonio Angelo Zagaria, 39 anni e Savino Zagaria detto “Sabino”, 55 anni. Agli arresti domiciliari Anna Catalano detta “La zia in campagna”, 77 anni.
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