Vita, morte e miracoli della mafia garganica raccontati dai collaboratori di giustizia. Nelle scorse ore, nuova tappa del processo “Omnia Nostra” a carico del clan Lombardi-Scirpoli-Raduano, attivo tra Manfredonia, Macchia, Mattinata e Vieste. 45 gli imputati, alcuni a processo a Foggia con rito ordinario, altri davanti al gup di Bari con l’abbreviato.
Nel tribunale foggiano ha parlato, in collegamento da una località protetta, il pentito di Mattinata, Andrea Quitadamo detto “Baffino junior”, 34 anni, fratello minore di Antonio “Baffino”, anche quest’ultimo pentitosi. Durante la scorsa udienza, invece, è stato sentito il viestano Danilo Pietro Della Malva detto “U’ meticcio”.
Il collaboratore di giustizia mattinatese è stato incalzato dai pm della Dda di Bari, Ettore Cardinali e Luciana Silvestris e da alcuni avvocati difensori per il controesame.
Quitadamo si è autoaccusato di quattro omicidi (sui quali c’è il segreto istruttorio) e ha dato alcune indicazioni sull’utilizzo e sulla provenienza delle armi del clan. Ha inoltre confermato che il suo gruppo era in contrasto con i Li Bergolis-Miucci-Lombardone, conosciuti anche come il clan dei Montanari e ha fatto i nomi delle persone che facevano parte dell’organizzazione.
“Sono entrato nel clan quando ero piccolo – ha ricordato “Baffino junior” -, grazie a mio fratello Antonio e ci sono rimasto fino al 30 gennaio 2022, la data in cui ho deciso di collaborare con la giustizia”.

Si è poi soffermato sul suo ruolo: “Ero a disposizione del gruppo per omicidi e rapine. Le decisioni le prendeva Mario Luciano Romito (il boss ucciso nella strage di San Marco del 2017, ndr), mentre dopo la sua morte Matteo Lombardi e Pasquale Ricucci“. Questi ultimi due, il primo detto “A’ Carpnese”, il secondo “Fic secc”, sono stati “compari” storici della malavita garganica, eredi designati del capoclan eliminato nella mattanza sammarchese. Lo stesso Ricucci è stato ucciso, giustiziato da killer ignoti nel novembre del 2019 davanti alla sua abitazione di Macchia.
Quitadamo ha anche svelato di aver ricevuto l’incarico di eliminare un uomo “della Montagna” ma l’agguato saltò a causa di arresti ed altri fatti di sangue.
Il pentito ha poi riferito sull’omicidio di Omar Trotta in una bruschetteria di Vieste, confermando che l’attentato fu organizzato per vendicare la morte di Gianpiero Vescera, parente del boss viestano Marco Raduano, alias “Pallone”.
Infine, il pentito ha fornito alcune informazioni sul tentato omicidio di Giovanni Caterino, uomo dei Li Bergolis e basista della strage di San Marco in Lamis e ha confermato di aver preso parte all’evasione dal carcere di Foggia del 2020. Si torna in aula a settembre.
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