La nuova frontiera dell’enoturismo parte dalla Puglia. Ascoltare la musica nella profondità di una cantina. Vivere un evento tra le botti di rovere dove riposa il vino buono. Degustare un calice pregiato. Passare una serata intrattenendosi in un contesto autentico dove la qualità fa rima con intimità.
È la descrizione dell’ultimo evento di enogastronomia di Borgo Turrito, l’azienda vitivinicola di Borgo Incoronata che apre le porte a chi ricerca un intrattenimento alternativo e non disdegna la degustazione di un prodotto di qualità. In inverno la vigna riposa, le foglie sono cadute, le piante sembrano addormentate, eppure l’incanto della terra che muta insieme ai cicli della stagione conquista il pubblico. Soprattutto gli amanti degli eventi enogastronomici. Infatti, quello proposto non è un semplice evento degustativo ma una nuova concezione di intrattenimento che avvicina la gente alle aziende del territorio, imparando così a conoscerle ed apprezzarle.
Azienda storica – dal 1890 dedita alla coltivazione della vite – pluripremiata per i suoi vini, stimata per la qualità dei suoi prodotti, Borgo Turrito si apre a grandi e piccini con la voglia di raccontarsi. Proprio come un sommelier riesce ad apprezzare le diverse sfumature di un vino, così un’azienda impara a farsi conoscere sotto diversi punti di vista come ci spiega Luca Scapola.
La cantina diventa luogo di intrattenimento. Come nasce questa idea?
L’idea nasce dalla voglia di raccontare la nostra realtà, la nostra identità. Ci sono tanti modi per farlo e uno di questi – sicuramente il più importante – è attraverso la produzione dei nostri vini. Non ci si può fermare a questo però. L’accoglienza è sempre stata per noi un aspetto di particolare rilevanza. Le esperienze enoturistiche che già da tempo proponiamo, dalle degustazioni in enoteca ai wine tour in vigna, sono state le prime attività a favorire il dialogo con gli appassionati di vino e a trasformare i nostri luoghi in destinazioni. Ma l’enoturista di oggi non è più solo alla ricerca del contatto con la natura. L’enoturista di oggi non è solo curioso di conoscere la filosofia del produttore. La parola chiave, oggi, è “coinvolgimento”. È questo che c’è dietro non solo agli eventi di puro intrattenimento, ma anche alle esperienze culturali che in altre occasioni, nella stagione estiva ad esempio, abbiamo ospitato e vissuto noi stessi.
Da quello che racconti quindi anche il pubblico si è lasciato conquistare da questa nuova esperienza…
Certo, la risposta è stata molto positiva e questo ci ha dimostrato che le persone hanno voglia di vivere esperienze emotivamente coinvolgenti e in contesti “insoliti” – se così si possono definire – come una cantina vinicola e una vigna.
Questa filosofia può avvicinare le persone anche ai valori del nostro territorio?
Sì. Sono convinto che l’enoturismo possa essere soprattutto uno strumento di sviluppo territoriale ed è ormai un imprescindibile alleato della crescita economica, ma soprattutto sociale e culturale di una comunità.
L’ultimo evento è stato quello dedicato al Dodiciventuno. Che tipo di vino è e qual è la sua concezione?
Inizierei dalle informazioni più tecniche: è un vino ottenuto da uve nero di Troia in purezza e maturato in barrique di rovere francese per 12 mesi. Il Dodiciventuno è nato per omaggiare la figura di Federico II in occasione dell’ottocentenario del suo arrivo in Capitanata, avvenuta appunto nel 1221. È un vino dalla forte identità, caratterizzato da un gusto pieno e rotondo, sentori di violetta e more e note speziate di pepe nero, vaniglia e liquirizia. Un bouquet complesso, che anela a raccontare la poliedrica personalità dello Stupor Mundi.
Ci avviciniamo alle festività natalizie. Che bottiglia non può mancare sulle nostre tavole?
Il CalaRosa è come un familiare, ma a capotavola farei sedere il Dodiciventuno. L’invitato d’onore? Il Lingue di Terra, per anzianità almeno.