Avanza l’ipotesi del tradimento dietro la strage di San Marco in Lamis del 2017. Dopo gli articoli de l’Immediato e le rivelazioni del collaboratore di giustizia Carlo Magno, anche Antonio Quitadamo – forse il pentito di maggior rilievo nello scenario criminale della provincia di Foggia – avrebbe confermato questa tesi agli inquirenti. L’ex boss di Mattinata detto “Baffino” ha iniziato a collaborare con la giustizia da poche settimane e potrebbe svelare numerosi dei più grandi misteri della malavita garganica e foggiana. Prima di lui si era pentito anche il fratello minore Andrea, “Baffino junior”, che ai magistrati della Dda ha già dato tante informazioni sulle dinamiche criminali del promontorio.
Ma la grande attesa è per Antonio Quitadamo, 47enne “primula rossa” della farfalla bianca del Gargano, un tempo alleato di Mario Luciano Romito, il capoclan manfredoniano ucciso nella mattanza di San Marco insieme ad altre tre persone.
Pezzo per pezzo, i recenti pentiti stanno facendo luce su quella strage. Il collaboratore Andrea Romano, ex boss brindisino, ha confermato che c’era un disegno ben preciso del clan Li Bergolis-Miucci-Lombardone per eliminare l’odiato Mario Romito. Romano ha anche rivelato un particolare che sarebbe sorprendente su quel fatto di sangue (leggi qui).
A tutto questo si aggiunge l’ipotesi del tradimento: i Li Bergolis-Miucci-Lombardone si sarebbero serviti di alcuni “ex amici” del boss manfredoniano, personaggi della mala di San Marco in Lamis (dove Romito si stava recando quella mattina di agosto) e di Mattinata. Una tesi sostenuta anche da Carlo Magno durante il processo a Giovanni Caterino, basista della strage condannato in primo grado all’ergastolo. “Si sono girati”, disse Magno in udienza spiegando che alcuni uomini del capoclan manfredoniano gli avrebbero voltato le spalle. Romito, uscito dal carcere sei giorni prima dell’agguato, sarebbe stato ucciso prima che potesse riprendere le redini degli affari criminali.
“Baffino” avrebbe inoltre confermato che dopo la morte di Mario Luciano Romito, il comando sarebbe stato preso da Francesco Scirpoli per quanto riguarda Mattinata e, soprattutto, da Pasquale Ricucci “Fic secc” (ucciso nel 2019) e da Matteo Lombardi alias “A’ Carpnese” insieme al figlio Michele “U’ Cumparill”. Proprio Matteo Lombardi sarebbe il capo supremo dell’organizzazione criminale sgominata a dicembre 2021 nella maxi operazione “Omnia Nostra”.
Informazioni anche sull’omicidio di Giuseppe Silvestri detto “l’Apicanese”, morto ammazzato il 21 marzo 2017: Silvestri sarebbe stato eliminato per fare un favore a Marco Raduano, boss di Vieste legato ai Lombardi, che voleva vendicare la morte di uno dei suoi, Gianpiero Vescera. Conferme, infine, sugli autori di quell’agguato che sarebbero Matteo Lombardi, condannato in primo grado all’ergastolo per questa vicenda, e lo stesso Marco Raduano. Stessa informazione fornita settimane fa da Andrea Quitadamo secondo il quale ci sarebbe stata anche una terza persona.
Le parole di Antonio Quitadamo
Ecco allora alcuni stralci del verbale dell’interrogatorio di Antonio Quitadamo detto “Baffino”, in buona parte coperto da omissis. “Il gruppo (si parla del clan di Lombardi, ndr) operava su Mattinata, Manfredonia, Vieste, Monte Sant’Angelo e San Marco in Lamis. Su Mattinata c’era Francesco Pio Gentile detto ‘Passaguai’, Francesco Notarangelo detto ‘Natale’, io stesso, mio fratello Andrea, Francesco Scirpoli detto ‘Il lungo’, oltre a Michele Silvestri che aiutava all’occorrenza. Su Monte Sant’Angelo c’era Pasquale Ricucci detto ‘Fic secc’ o ‘Filippo’, tra di noi più stretti, e Matteo Lombardi, detto ‘U’ carpinese’ o ‘mba Matteo’, con ruolo di comando: poi Antonio Renzulli detto ‘Il siciliano’, Pietro La Torre detto ‘pi-pi’, Michele e Leonardo D’Ercole. Su San Marco in Lamis Luigi Ferro e Giuseppe Gravina“.
E ancora: “So che su Manfredonia c’era anche Michele Lombardi, figlio di Matteo. Con Mario Luciano Romito c’erano anche Bruno Renzulli e Mario Scarabino, zio di Pasquale Ricucci, Giuseppe Pio Impagnatiello detto ‘Zurigo’ e Catello Lista“.
Quitadamo si è mostrato molto informato sullo scenario viestano: “Su Vieste dalla morte di Angelo Notarangelo c’era Marco Raduano, con Vescera, di cui non ricordo il nome, Omar Trotta, Giorgio Quitadamo, suo suocero, Gianpiero Vescera, cognato di Raduano, Gianluigi Troiano, Girolamo Perna detto ‘Peppa pig’. Danilo Della Malva (collaboratore di giustizia da pochi mesi, ndr) e Raduano sono entrati a far parte del clan dopo l’omicidio di Vescera, cognato di Raduano, nel 2016. L’omicidio è avvenuto durante un periodo di detenzione di Raduano in carcere a Lecce. Dopo Raduano è andato a chiedere aiuto a Ricucci per il tramite di Della Malva; è stato questo a rivolgersi al nostro gruppo ed in particolare a me, Francesco Gentile e Scirpoli; noi, però, non abbiamo offerto il nostro supporto”.
Stando alla ricostruzione di “Baffino”, “dopo la sua liberazione dal carcere di Lecce, Raduano si è rivolto a Ricucci che gli ha dato piena disponibilità in cambio di diecimila euro al mese come forma di ‘messa a disposizione’. Cinquemila euro erano per il gruppo di Macchia e cinquemila per il nostro gruppo di Mattinata”. Poi ha ricordato che “in atto a Vieste c’era una guerra di mafia tra Raduano e Perna; quest’ultimo era affiliato ai Li Bergolis ed in particolare a Renzo Miucci che attualmente ne è a capo. All’inizio, del gruppo di Vieste c’erano solo Marco Raduano, Danilo e Giuseppe Della Malva e Liberantonio Azzarone detto Antony, che però non conosco personalmente. Giovanni Surano (oggi pentito, ndr) prima vendeva la droga per i Della Malva, poi l’ha venduta per Raduano. Di lui me ne ha parlato in cella Giuseppe Della Malva. Del gruppo di Vieste faceva parte anche Hdoueich Hechmi che parteggiava per Della Malva. Le armi che avevamo erano a disposizione di tutti gli associati. Dopo la morte di Mario Luciano Romito su Mattinata gli è subentrato Francesco Scirpoli. Su Manfredonia erano Ricucci e Lombardi. Il gruppo si occupava di rapine a portavalori, droga, estorsioni, appalti anche su lavori pubblici. Questi ultimi soprattutto grazie ai fratelli D’Ercole Lorenzo, Antonio e Leonardo. Il gruppo ha commesso numerosi omicidi”.
Poi la domanda del pm della DDA: “Cosa è in grado di riferire sull’omicidio di Giuseppe Silvestri detto l’Apicanese?”. Risposta: “A commettere l’omicidio sono stati Raduano e Matteo Lombardi per vendicare la morte di Gianpiero Vescera. Non so chi tra Ferro e Gentile fosse l’autista. È stato sparato a Monte Sant’Angelo, con calibro 12, all’uscita di casa sua, di mattina. Lo aspettavano lì perché andava a mungere le vacche, è stato ucciso per aver dato il colpo di grazia a Vescera; questi, dopo essere stato colpito da Matteo Pettinicchio (numero due di Miucci, ndr), era riuscito a scappare. Fu proprio Silvestri a finirlo. L’omicidio è stato commesso per fare un piacere a Raduano che era entrato a far parte del nostro gruppo un paio di mesi prima”.
E ancora: “I fatti sull’omicidio li ho appresi da Gentile, la mattina stessa, alle dieci circa; in quella circostanza non mi indicò i nomi degli autori. Dopo alcuni giorni, a dirmi chi fosse stato fu Ricucci che mi indicò in Raduano e Lombardi gli autori; inoltre Silvestri era legato a Miucci. Ricucci e Lombardi avevano un legame di ‘fratellanza’. Io ne parlato con Raduano durante un mio periodo di latitanza a Vieste, da Emanuele Finaldi, il giorno prima dell’omicidio di Trotta. Fu lui a confermarmi di aver commesso l’omicidio di Silvestri e ad indicarmi che la vittima successiva sarebbe stata Omar Trotta, ciò sempre in considerazione del fatto che li riteneva coinvolti nell’omicidio di suo cognato Gianpiero Vescera”.
Un uomo rimasto solo
Nelle carte di “Omnia Nostra”, maxi operazione antimafia del dicembre 2021, venne fuori che Quitadamo era furioso con i suoi “compari” mattinatesi accusati di averlo scaricato. Circostanza emersa anche in un’intercettazione del 2018 nella sala colloqui del carcere di Lecce: “Tutto quello che dicono che ho fatto io, hanno iniziato a fare loro tutte le schifezze”, disse Baffino al fratello Renato, anche quest’ultimo un volto noto agli inquirenti, licenziato dall’azienda dei rifiuti Tecneco per effetto della legge antimafia. “Non facessero gli indiani che loro non sanno”.
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